Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DETLEFILO — DEJOCEGli abati, ed in ispecie quelli che dipendevano direttamente dalla santa Sede, usarono essi pure la formola Dei et Apostolica Sedis grafia. Ma questi prelati ed altri di second'ordine cessarono di servirsene verso la fine del secolo xv.
I re, che in origine fecero uso delle parole Dei gratia per semplice umiltà, dopo le quistioni di giurisdizione insorte tra i poteri temporale e spirituale, le adoperarono anche ad accennare che tenevano il loro potere immediatamente da Dio e a lui solo dovevano render conto del loro operato. Il re d'Italia s'intitola tale per grazia di Dio e per volontà della nazione.
DEILEFILO (zool.). — Genere di lepidotteri crepuscolari (il cui nome è formato da Se(Xr), crepuscolo, e Ochsenheimer e adottato comunemente. Differisce dal genere sfinge per le antenne diritte, per la tromba meno lunga del corpo e per la forma falcata delle ali superiori. Le specie di esso sono tutte notabili per eleganza di struttura e per vivacità di colori. Citeremo ad esempio la deilefila dell'euforbia (Spkynx titimali Linn.), quella della vite, deilephila elpenor,comuni nelle nostre contrade, eia deilephtla nerii, le cui ali sono piacevolmente tinte di verde e di rosa. Tali specie traggono il nome dalle piante sulle quali vivono i loro bruchi.
DE1NÀCRIDÀ (zool,). — Genere d'insetti ortotteri xffini ai grilli, che vivono nella Nuova Zelanda, e sono carnivori.
DEINOMENE (biogr.). — Scultore,la cui statua d'Io, figlia d'inaro e di Callisto, stava nell'Acropoli d'Atene a' tempi di Pausania (Paus., i, 25, § 1). Plinio lo annovera fra gli artisti che fiorirono nella 95a olimpiade (40(> av. Cr.), e soggiunge ch'ei fece le statue di Protesilao e Pitodemo il lottatore. Taziano fa menzione di una sua statua di Besantide, regina dei Peonii (Orat. ad tìrac., 53). D suo nome leggesi e sopra una base di cui andò perduta la statua.
Vedi Bòckh, Corp. lnscript. (i, 470). . DEISCENZA ( Dehiscentin) (hot.). — È il modo con cui si apre un pericarpio giunto a maturità per ispargere i 6emi. La deiscenza ne' frutti cassulari può farsi longitudinalmente o trasversalmente in più pezzi, oppure alla base ed alla sommità per mezzo di denti o di fori. La deiscenza inoltre può essere loculicida, setticida o settifraga, secondo che ha luogo a distanze eguali dai trammezzi, in faccia ai trammezzi, o accanto ai trammezzi, che in questo caso sono formati dalla placenta o trofosperma (V. Frutto).
DEISMO (fìlos.). — Questaparola, stando solamente all'etimologia, sarebbe affatto sinonima di teismo, perchè la prima deriva dal latino Deus, la seconda dal greco 9eo?, che entrambi significano Dio; ma invalse l'uso di adoperarle in due sensi diversi, quantunque in parecchie enciclopedie straniere non siasi ammessa tale distinzione, e sia censurata dal Krug nel suo Dizionario filosofico. Per deismo in-tendesi adunque quel sistema che ammette bensì l'esistenza di una sola divinità, per cui si distingue dall'ateismo che la nega affatto e dal politeismo che ne ammette più ; ma esclude qualunque rivelazione, e rigetta per ciò ogni culto. D teismo, all'incontro, non solamente consiste nella fede di Dio, ma ezian-
dio in quella neUa rivelazione divina; e perciò è logicamente condotto ad approvare il culto interno ed esterno da prestarsi a Dio, cioè la religione positiva nella sua integrità (V. Dio, Teismo e Religione).
DEITÀ (filos. e teol.). V. Divinità.
DEIVA (geogr.). — Comune nella provincia di Genova, circondario della Spezia, con 1094 abitanti.
DEJANIRA (mitol.). — Figliuola di Eneo re dell'E-tolia. Narra la favola che la sua bellezza le procurò molti adoratori ; ma il padre promise di darla soltanto a colui che sarebbesi mostrato il più forte tra i pretendenti. Ercole fu il vincitore e sposò Dejanira, che lo fece padre di tre figliuoli, tra i quali il più conosciuto fu Ilio. Viaggiando Dejanira col marito, furono arrestati dalle gonfie correnti dell'Eveno e il centauro Nesso si profferse di portare Dejanira sana e salva sull'altra sponda. Ercole consentì; ma non sì tosto il centauro ebbe tocco la riva, che tentò di farle violenza a vista del marito, il quale, toltolo di mira, lo ferì mortalmente con uno strale avvelenato. Nesso nel morire pensò a vendicarsi, e diede a Dejanira la sua veste intrisa nel proprio sangue avvelenato dallo strale, dicendole ch'essa avrebbe la virtù di richiamare il marito qualora fosse preso da illegittimo amore. Ella accettò il presente, e quando Ercole gli si mostrò infedele, gli mandò la veste del centauro, che da lui indossata lo fece divenire furioso, e gittarsi nelle fiamme sul monte Età nella Tessaglia. Dejanira, inconsolabile per la di lui morte, di cui era stata cagione involontaria, per disperazione si uccise (V. Ercole).
DEJOCE (biogr. e stor. ant.). — Fondatore dell'impero medo, secondo Erodoto, il quale riferisce che dopo che gli Assirii ebbero per 250 anni l'impero dell'Asia superiore, varie nazioni ribellaronsi da essi, e primi fra tutti i Medi. Poco appresso Dejoce, figlio di Fraorte, uomo savio fra' Medi, agognando la tirannide, divenne arbitro nel proprio villaggio, e la fama della sua giustizia si divulgò in maniera che i Medi lo elessero per loro re. Egli assunse immediatamente una gran pompa regale, si circondò di una guardia del corpo, edificò una fortezza e la città d'Ecbatana, nel centro della quale risiedeva nascosto a tutti, amministrando per mezzo di messaggi, a fine, dice Erodoto, di sottrarsi alle congiure. I pochi ammessi alla sua presenza erano obbligati a conservare il più stretto decoro. Severissima era la sua amministrazione della giustizia, ed uno stormo di spie sparse per tutto il regno lo ragguagliava d'ogni cosa. Dopo un regno di trentacinque anni, durante i quali ei governò le sei tribù de' Medi senza tentare veruna conquista, Dejoce mori, ed ebbe per successore il figlio Fraorte (Erodoto, i, 95-102).
Grandi sono le difficoltà nel determinare la cronologia dell'impero medo. Erodoto ragguaglia i regni nel modo seguente:
Dejoce.......53 anniFraorte.......22
Ciassare.......40
Astiage.......35
Totale 150
Il ragguaglio di Ctesia, preservatoci da Diodoro,
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