Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DELFINA — DELFINATOIn una sua successiva Memoria sulla coltivazione del riso comune in provincia di Teramo, ei propugnò l'allontanamento delle malsane risaje dalle adja-cenze delle città e dei villaggi, suggerimento accolto favorevolmente e mandato ad effetto da re Ferdinando, il quale abolì anche le leggi restrittive e contrarie alla libera esportazione delle derrate dalle provincie, combattute vittoriosamente dal Delfico in un altro opuscolo intitolato Memorie sul tribunale della grascia e sulle leggi economiche nelle provincie confinanti del regno (Napoli 1785). Nel 1787 scrisse una memoria contro l'abuso della trasmigrazione invernale delle greggi dalle montagne ai distretti marittimi dell'Abruzzo, sì perniciosa alla coltura delle biade, intitolata Memoria sui regii Stucchi (tale era il nome delle terre soggette alla barbara servitù), ossia sulla servitù dei pascoli invernali nelle provincie marittime degli Abruzzi (Napoli 1787), e nel 1788 un Discorso sul Tavoliere di Puglia, in cui consigliava sostituire all'antico vizioso metodo amministrativo la censuazione, consiglio posto in pratica nel 1806. Fra queste due ultime operette vuoisi collocare una Memoria sui pesi e le misure del regno (Napoli 1787), in cui raccomanda un sistema di pesi e misure uniformi nelle varie provincie del regno. Con le Riflessioni sulla vendita dei feudi devoluti (Napoli 1790) e con la Lettera al duca di Cantalupo sui feudi devoluti (ivi 1790) ei fece sì che la risoluzione di vendersi in allodio anzi che in feudale terre baronali reintegrate alla regia dominazione divenne, nel 1795, legge dello Stato, e a Melchiorre Delfico si dee l'aver dato la spinta a questo primo passo che fece il Governo di Ferdinando per l'abolizione del feudalismo napoletano.
Delfico chiese in ima Rimostranza al re la fondazione d'una Regia Udienza o Corte reale di giustizia nella provincia di Teramo, la quale dipendeva dalla Corte di Chieti, e Ferdinando non solamente gliel'accordò, ma lo decorò, nel 1784, di moto proprio, colle insegne di cavaliere dell'ordine Costantiniano. Nell'invasione francese del 1799 stimò prudente spatriare e riparare a San Marino aspettando tempi migliori. Ascritto alla cittadinanza di quella repubblichetta, ei pagò all'ospitalità onorevole tributo dettando le Memorie storiche della Repubblica di San Marino, raccolte dal cav. M. Delfico cittadino della medesima (Milano 1804), con bel corredo di diplomi e documenti cavati da'suoi archivii. Quando Giuseppe Bonaparte divenne re di Napoli nel 1806, Delfico fu chiamato a sedere nel Consiglio di Stato, ove tenne la presidenza della sezione degli affari interni, cooperò alla nuova organizzazione giudiziaria del regno e alla fondazione di utili istituti, fra gli altri il manicomio d'Aversa. Al ritorno di Ferdinando nel 1815, questo monarca a lui sempre benevolo lo confermò presidente della Commissione generale degli archivii del regno, provvedendolo di doppia pensione, finche aggravato dagli anni chiese ed ottenne dal sovrano che lo licenziasse, e fece ritorno alla sua natia Teramo, ove cessò di vivere il 24 giugno 1835, in età di novantun anno.
Oltre le opere sparsamente già mentovate, Delfico compose le seguenti: Ricerche sul vero caratteredella giurisprudenza romana e de* suoi cultori (Napoli 1791); Pensieri sulla storia e sull'incertezza ed inutilità della medesima (Forlì 1806, più volte ristampata di poi). Queste due opere, l'ultima in ispecie, sono notevoli per una certa arditezza ed originalità di pensiero che assumono alle volte la forma di paradosso. L'autore discorre con molta severità degli antichi Romani, delle loro istituzioni e costumi, precorre Niebuhr nel suo scetticismo rispetto la leggenda dei tempi primitivi di Roma, e ripete la sentenza del suo concittadino Vico, il quale affermò che il popolo romano, fino alla seconda guerra punica, non conosceva altre arti fuor quelle di zappar la terra e tagliar la gola a'suoi vicini: Dell'antica numismatica della città d'Atri nel Piceno, con alcuni opuscoli sulle origini italiche (Napoli 1820, con tavole), opera piena d'erudizione storica ed archeologica ; Memoria sulla libertà del commercio, diretta a risolvere il problema proposto dall'Accademia di Padova sullo stesso argomento, inserita nel volume xxxix della gran raccolta degli Economisti Italiani del barone Custodi, nella quale Delfico propugna la dottrina del libero scambio; Sugli antichi confini del regno, opuscolo scritto pel ministro dell'interno e tuttavia inedito con altri molti, dei quali ne piace citare : Osservazioni sopra alcune dottrine politiche del Segretario Fiorentino, e Saggio filosofico sulla storia del genere umano, legati amendue al marchese Dragonetti.
Filosofo ed economista pratico, scrittor grave, chiaro, efficace, anziché castigato, Melchiorre Delfico andò anche ornato di tutte le domestiche e civili virtù, e la sua rettitudine, mitezza di carattere e nobiltà d'animo lo resero caro all'universale.
Vedi T. Mozzetti, Degli studii, delle opere e delle virtù di Melchiorre Delfico (Teramo 1835).
DELFINA (chim.). — Alcaloide leggiermente giallognolo, polveroso, poco solubile nell'acqua, più solubile nell'alcoole e nell'etere, di sapore acre ed incomportabile, che si ottiene dai semi del delphi-nium staphisagria. Non è da confondere colla dafina.
DELFINATO (geogr. e stor.). — Antica provincia della Francia, di cui si formarono i dipartimenti delle Alte Alpi, della Dróme e dell'Isère (V.). Confinava all'È, colle Alpi e col Piemonte ; all'O. col Rodano, col Lionese e col Vivarese: al S. colla Provenza e al N. colla Bresse e con la Savoja; e giaceva tra i 4° 35' e i 7° di long. E., e tra i 44° IO' e i 45° 60' di lat, N. Dividevasi in Alto Delfinato, che comprendeva il Grésivaudan, il Gapengois, la contea d'Embrun, il Brian^onnais, il Royannez; e in Basso Delfinato, che abbracciava il Viennois, il Valentinois, il Diois e il Tricastin, e aveva per città capitale Grenoble (V.).
Questa contrada, prima che fosse conquistata dai Romani, era abitata da tribù celtiche, cioè dagli Allobrogi al N., dai Segalauni o Sego-vellauni al §., dai Tricastini sulle sponde del Rodano, dai Tricorii e dai Caturigi tra le Alpi, e dai Voconzii nello spazio intermedio. I Voconzii, i Segalauni, i Tricastini e fors'anco i Tricorii furono i primi ad essere soggiogati. Gli Allobrogi erano stati ridotti all'obbedienza da C. Pomptinio, pretore, poco prima che G. Cesare entrasse nelle Gallie ; ma i Caturigi nel seno delle Alpi mantennero la loro indipendenza, e
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