Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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notìzie più interessanti sulla sua situazione, storia e topografia, come pure sui viaggiatori moderni che n'esaminarono e descrissero le rovine.
I. Situazione. — Una delle più ammirabili e magnifiche in tutta la Grecia, perchè la città era posta nell'angusta valle del Pleisto, racchiusa in uno de' suoi lati dal Parnaso, e nell'altro dal monte Cirfide. Appiè del Parnaso vedesi un muro eccelso di rupi, detto anticamente le Fedriadi, 600 metri sopra il livello del mare, fronteggiante il mezzogiorno, mentre dalla sua estremità scendono al Pleisto due catene montuose più basse. Il terreno roccioso tra queste due giogaje declina parimente verso il fiume, e nel centro quasi del recinto semicircolare per tal guisa formato sorgeva Delfo, occupante l'area centrale di un grande teatro fatto dalla natura, col quale viene paragonato il suo sito dagli antichi scrittori, dicendo Strabone (ix, p. 418) ch'era luogo petroso e a foggia di teatro (xrrpi&c yo>ftov SsarpotiSec), e Giustino (xxiv, 6) che la rupe di mezzo erasi riattata a guisa di teatro (media saxi rupes in formam theatri recessit). La barriera settentrionale delle Fedriadi è spaccata per mezzo in due stupendi macigni, tra cui scaturisce la famosissima fonte Castalia, scorrente giù pel monte nel Pleisto. L'antica città era edificata sur amendue i lati della corrente, ma per la maggior parte sulla sponda sinistra, su cui sta oggidì U villaggio di Hastri; in alto era il santuario del nume immediatamente sotto le Fedriadi.
Delfo era appartata, per così dire, dal resto del mondo, e nessuno dei numerosi pellegrini che la visitavano potea vederla, finché non avesse attraversato una delle sue rocciose barriere, dopo di che essa si presentava di repente in tutto U suo splendore allo sguardo curioso. Al lato settentrionale erano le Fedriadi; all'È, e all'O. le due catene più basse sporgenti dalle Fedriadi al Pleisto, mentre dall'altro lato del fiume verso il S. ergevasi la gio-gaja del Cirfide. Tre erano le strade che mettevano a Delfo; una dalla Beozia, la famosa Schiste (cy toT^i &&>?, via scissa scoscesa, fessa) che passava per la orientale delle due catene summentovate, ed altre due dall'O. che traversavano le sole due aperture della catena occidentale, la prima più al N. da Amfissa, e la seconda più al S. da Crissa, la moderna Criso (Chryso), percorsa dai pellegrini provenienti da Cirra. Ravvisansi ancora alcune tracce dell'antica strada carreggiabile da Crissa a Delfo: quest'ultima era fortificata dalla natura al X., all'È, e all'O., la mercè delle Fedriadi e delle due sporgenti catene, trovandosi senza difesa soltanto al S., ove venne protetta più tardi da una linea di mura e da due fortezze, per dominarne l'accesso dall'O. La periferia della città era di soli 16 stadii, o poco meno di tre chilometri (Strab., I. c.), e la delfica valle o quella parte della vallata del Pleisto che stendevasi appiè della medesima città viene ricordata nell'inno di Omero ad Apollo (284) col nome di xoi'Xr, (ì^cca (concava balza, convalle); da Pindaro (Pyth., v, 50) è detta xoiXórc«£ov varco? (concava pendice) ed anche ' \ iroXXovia varca (virca doricamente invece di v»rcr„ balza, selva, valle selvosa, Pyth., vi, 10), e da Strabone pur varc>) (l. c.).
IL Storia. — Della sua origine e della sua impor-
tanza andava debitrice Delfo all'oracolo d'Apollo, essendo però stata, giusta alcune tradizioni, sotto la protezione di altre divinità prima di appartenere al medesimo, ed Eschilo la dice successivamente in potere di Gea, la dea della terra, di Temi e della titania Febe (Diana), la quale ne fece presente al fratello Apollo, reduce dall'isola di Delo (Eum., i). Pausania invece asserisce che originariamente stavano riuniti gli oracoli di Nettuno e di Gea, che questa cesse la sua parte a Temi, e costei ad Apollo, il quale ottenne poi da Nettuno l'altra metà, dandogli in cambio l'isola Calauria (odierna Poro, celebre per la morte di Demostene) (Paus., x, 5, § 6, ecc.). 11 vero nome dell'oracolo era Pito (latino Pytho. gr. IlOOw), e quello di Delfo, che fu poscia il nome della città, non incontrasi in Omero, che nel-VIliade (i, 596) descrive il tempio di Febo Apollo sul roccioso Pito come pieno già di tesori, e nel catalogo delle navi gli abitanti di Pito vengono nominati accanto a quelli di Ciparisso e Crissa (11., ir, 682), e nell'Orfica (vxn, 80) Agamennone consulta l'oracolo di Pito. Questo appare dunque da tempo remotissimo un luogo sacro ; ma la leggenda della sua fondazione è per la prima volta riferita nell'inno omerico ad Apollo, in cui dicesi che il nume cercando un sito nel quale fondar potesse un oracolo, venne finalmente a Crissa sotto il monte Parnaso, dove invaghito della solitudine e sublimità del luogo, pose subito le fondamenta di un tempio, che fu poi finito sotto la sovrintendenza dei due fratelli Tro-fonio ed Agamede. Uccise quindi l'immane serpente che infestava quelle regioni, e dal putrefarsi (rcóOw, putrefaeio, e nella v. med. vo in putredine, mi putrefaccio) del mostro, il tempio fu appellato Pito, e Pizio il nume. Mancavangli i sacerdoti, ed egli, trasformatosi in delfino, trasportò sulla sua schiena nel golfo di Crissa una nave cretese veleggiante da Gnosso, ed i Cretesi sbarcatisi da quella vi fondarono la città di Crissa e divennero sacerdoti del tempio, ed il nume impose loro di venerarlo col nome di Apollo Delfico, perchè gli aveva incontrati sotto le spoglie di un delfino (òeXsk). Il Miiller nei suoi Borii (voi. i, p. 238) e parecchi altri suppongono che il tempio sia stato eretto veramente dai Cretesi, e che lo stesso nome Crissa riveli eretica origine; ma è più probabile invece che in questo caso, come in molti altri, la leggenda sia nata dalla smania di spiegare i nomi, e che quelli di Crissa e Delfo suggerissero appunto la storia dei coloni cretesi e della metamorfosi del nume in un delfino.
Indarno si tenterebbe di risalire alla vera e reale origine dei nomi di Crissa e Pito, perchè mancano le storiche testimonianze, e l'unico fatto storico degno di attenzione si è che Crissa ebbe da prima la sorveglianza del santuario di Pito, e continuò a reclamarne la giurisdizione anche dopoché il Consiglio degli Anfizioni tenne la sua adunanza primaverile in quel tempio, e cominciò a considerarsene custode. Poco a poco sorse intorno al santuario una città, i cui abitanti pretesero amministrare gli affari del tempio indipendentemente da quei di Crissa; Cirra intanto, ch'era prima di essa porto di mare, crebbe a sue spese, e Crissa di tal maniera andò decadendo mano mano che Cirra e Delfo prosperavano. Gli è anzi probabile che Crissa avesse perduta
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