Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DELFO 0 DELFI
24opiantato da Agamennone a Delfo (Theophr., Hi st. plantl, tv, 13, 8. 14), dacché sembra appena possibile l'assegnare nn confine alla vita dei platani nella Grecia, specialmente se crescono sui margini di correnti perenni.
VII. Santuario e tempio. — La strada della fonte C'astalia conduceva all'ingresso principale del pizio santuario, il quale, oltre al tempio, conteneva parecchi altri edifizii e dicevasi tò Upóv (il sacrario, il delubro), th xéuevoc (il sacro bosco, il tenimento consacrato), ed anche IIuOm in senso più stretto, rimanendo racchiuso da un muro detto il sacro recinto (6 Upò? iceptèoXo?). Pausania vi entrò per la porta principale all'È., uscendo per la occidentale Ticino al teatro, ed osserva che vi erano molte vie di uscita, cosa insolita nei greci santuarii ; lo descrive poi nella parte più elevata con un recinto assai esteso (x, 8, § 9). Sembra avesse all'incirca la forma di un triangolo, la cui base al S. é indicata dai ruderi dell'odierno Hellenico, detti cosi dai contadini perchè li considerano muraglie di una fortezza, ed anche il moderno nome di Kastri ebbe origine dalla credenza che ivi fosse un di una fortezza, ed Ulrichs ne acoperse una porzione dell'angolo N. a metà strada tra la chiesa di San Niccolò e la fonte Kerna. Gli edifizii del sacro recinto posavano sopra tanti terrazzi formanti il muro di sostruzione del tempio. Appellasi cotesto muro di sostmzione il muro inscritto (murus inscriptus), ossia coperto d'iscrizioni per guisa, che nella parte sgombra, stendentesi 35 metri, se ne noverano già più di quattrocento. La sua costruzione è del genere che chiamasi comunemente ciclopico (V. Ciclopiche costruzioni), ma di singolarissimo aspetto perocché le linee dei massi poligoni, invece d'intersecarsi, secondo il solito, ad angoli, descrivono le curve le più bizzarre, e la pietra anch'essa è di qualità cosi curiosa, da mostrare un colore azzurrigno quando venga ripulita. Corre appiè del muro un risalto a foggia di zoccolo, detto dagli indigeni patema (net-TTiua, sentiero battuto) ; e gli stanno in cima, quasi linimento del lavoro, alcuni suoli di costruzione ellenica. Elevasi cotesto muro circa 3 metri e sostiene un terrapieno dell'altezza di un metro, su cui corre la via maestra di Castri (Kastri), fiancheggiata dalle casipole del villaggio, occupanti il sito dell'antico tempio.
Meritano speciale ricordo le sue iscrizioni, che servono più che mai ad illustrare la lingua e letteratura non solo, ma eziandio la greca storia, tanto ricca di ammaestramenti ai popoli civili, costituendo esse una specie di museo epigrafico, che dopo oltre a 2000 anni, ed in sito sì celebre, viene improvvisamente dischiuso agli archeologi ed agli eruditi. Se ne ravvisano alcune benissimo scolpite nella pietra, la quale scorgesi essere stata a bella posta spianata per riceverle, mentre altre sono appena accennate o graffite sul ruvido sasso. Citeremo qui alcune relative alla prossenia in uso presso i Greci (V. Ospitalità ed Ospizio), ed altre indicanti gli atti di affrancamento, con cui schiavi e schiave vengono venduti dai padroni, in grazia di Apollo, al venerato suo tempio. Notevole pertanto fra le iscrizioni della prima classe si è una lunga lista dei prasscni (*pó£evoi) di Delfo, ossia dì coloroNuova Encicl. Itau Voi.
a cui gli abitanti di cotesta insigne città avevano conferito l'onore e il diritto del pubblico ospizio (hospitium publieum), che solevasi concedere dalle città a forestieri illustri per grado o pei beneficii onde si erano resi benemeriti. L'epoca della conferita prossenia (TcpoHevfe) viene indicata dal nome dell'arconte e dei senatori; e così riscontrasi qui una gran parte dei delfici fasti, non meno importante per Delfo, di quel che siano i fasti capitolini per Roma. Comincia la lista col seguente titolo :
TOl AE AEAa>UN nPOSKNOIe poscia vi sono nominati l'arconte ed i senatori, ed anche il tale o tal altro semestre, giacché i senatori non duravano in carica che soli sei mesi ; viene quindi il nome del prosseno, con quello del suo padre e della patria. Tra cotesti prosseni vi erano registrati non solo dei Greci di Atene, Corinto, Sicione, Tebe, Elatea, Coronea, Taranto, Reggio, Agrigento, Alessandria d'Egitto, Troade, Asso, Smirne, Ilio Nuovo, Larissa, Pella, ecc., ma ben anche parecchi Italiani, di Brindisi, Ca-nosa, ecc. e specialmente di Roma. Eccone fra gli altri un esempio :
APX0NT02 3ENftN02 TOT ATEI2IAABOVAEONTXIN TAN AEYTEPAN KEAMHNON
KAEOAAMOV, SENON112, AEEIKPATE02
T1T02 KOiniOS TITOT Y102 PUMA 102
(Essendo arconte Senone Atiside, senatori nei secondo semestre Cleodamo, Senone, Dessicrate, fti nominato ospite pubblico Tito figlio di Tito, romano).
Questa epigrafe fu dedicata probabilmente a quel Tito Quinzio Flaminino, console nel 198 av. Cristo, il quale, prostrata alla battaglia di Cinocefali la potenza di Filippo III, padrone allora della Grecia, proclamò nei giuochi istmici liberi i Greci, facendo bandire questo decreto: Il Senato romano ed il capitano proconsole Tito Quinzio, vinti in guerra Filippo ed i Macedoni, fanno liberi, esenti da presidi i e da tributi, ed abilitano a governarsi colle patrie leggi i Corintii, i Focesi, i Locresi, gli Eubei% gli Achei, i Ftioti, i Magnesii, t Tessali, i Perrebi (Polyb., Fragni., 1. 18). Le città greche, sedotte dalle ampollose promesse del conquistatore, credendo sincero il dono dell'estranio dominatore, fecero a gara nel decretargli interminabili onori, ed affrettaronsi a dedicargli tripodi, istituendo sacri-fizii a Tito ed Ercole, a Tito ed Apollo Delfico, e sacerdoti che l'onorassero di libazioni e d'inni, cantando : Veneriamo la fede candidissima de* Romani, giuriamo di serbarne eterna memoria. Cantate, o Muse, il sommo Giove, Roma e Tito e la romana fede: o sonatore Apollo, o Tito salvatore. Qual meraviglia adunque che Delfo, al cui tempio aveva Flaminino sospeso dopo la vittoria lo scudo, gli decretasse fra gli altri onori anche quello della prossenia? Non tardò a farsi strada il disinganno tra gl'illusi Greci, i quali si accorsero ben presto del loro errore. Sotto l'arcontato dello stesso Senone leggonsi ascritti fra i prosseni altri due Romani, Lucio Acilio figlio di Cesone, e Marco Emilio Lepido figlio di Marco, nobilissimi entrambi, ma i cui meriti verso la Grecia ci sono affatto ignoti; il secondo non è probabilmente che il console dominantem. 16
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