Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DELHI 0 DEHLI
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      dono dai monti di Kumaon, le cui acque vengono raccolte in serbatoi ; e abbonda di zucchero e grano. Le continue guerre che travagliarono il paese sul finire del secolo scorso fecero che le terre vi furono trascurate in guisa che appena la metà di esse sono ora ridotte a coltura.
      La città di Delhi (antica lndraprestha o lnderput e dai maomettani detta Sciagenabad) sorge sulla destra riva della Giumna.
      Delhi fu presa da Mahmud verso il 1011 e posta a taglia, e fu poi sede dell'impero sotto i monarchi Afgani Nel 1525, Baber (V.), spento in battaglia lbrahim, ultimo imperatore afgano, ne occupò il trono, non tanto come conquistatore, quanto come liberatore del popolo, perchè il suo esercito si componeva segnatamente di disertori dalle bandiere dello stesso monarca afgano. Baber fu per cotal modo il fondatore della dinastia mongola nell'India, la quale rimase in possesso del trono fino allo stabilimento degl'Inglesi. Regnando Mahomed Scià 111, che mori nel 1749, il regno fu invaso da Nadir Scià di Persia, e il regio tesoro spogliato di grosse somme di danaro e di gioje ; i governatori delle diverse provincie ribellatisi, si resero indipendenti, onde ai successori di Mahomed non rimase altro che la sola sovranità di Delhi con un piccolo distretto. Da quell'epoca le suaccennate regioni furono continuamente agitate da intestine discordie, in parte suscitate dagli stessi principi che le regge-! vano, in parte alimentate dagl'Inglesi che intendevano ad allargare le loro possessioni nell'India. Nel 1765 l'imperatore ossia mogol non era già più che un sovrano nominale; nel 1788 i Rohiilesi si impadronirono della città imperiale e cavarono gli occhi allo Scià Allum, che, ceduto il suo territorio ad alcuni ufficiali francesi al servizio del Maha Ragia, cadde prigioniero dei Mahratti. Le cose continuarono in questo stato sino al 1803, in cui lord Lake, vinto Dowlut Rao Scindiah, prese, a nome della Compagnia delle Indie, possesso della città e del territorio, assegnando al mogol, oramai detto semplice re di Delhi, le somme necessarie al suo sostentamento ed a quello della numerosa famiglia reale, le quali ascendono ad annue 3,250,000 lire nostrali.
      A' di nostri Delhi fu resa memoranda per gli avvenimenti del 1857. Appena scoppiata la grande insurrezione indiana (V. India), gl'insorti volsero lo sguardo alla più cospicua e veneranda delle loro città, alla sacra Delhi, per ristabilirvi la residenza del gran mogol o dominatore supremo di tutte le Indie, e rassodarvi il culto nazionale, che strettamente collegasi coll'organamento politico di quei paesi. Non tardò quindi a manifestarsi una sorda agitazione in cotesta città, tostochè giunsero le notizie di Luenow, di Baraepur e Burampur, ma l'impulso dell'aperta e furiosa insurrezione parti dalla città di Mirut, poco distante a N. E., dove fin dai primi di maggio 1857 erasi ribellato ii 3° reggimento di cavalleria, a cui si associarono, la sera del 10, i reggimenti 11° e 26° dei cipai. Le autorità inglesi di Mirut furono allora costrette a scarcerare quei soldati di cavalleria che primi si ammutinarono ed altri 1200 rivoltosi, ed a questo atto di debolezza tenne dietro incontanente una rivolta generale, percui i quartieri occupati dagli Europei furono per metà incendiati, le donne e i figli dei britannici soldati barbaramente trucidati, e menato il ferro a tondo su quanti Europei si scontrassero per via. Le truppe inglesi accorsero dalle vicine stazioni per reprimere i sediziosi, ma troppo tardi, essendo di già compiuto il macello, e quelli senza oppor resistenza presero la fuga alla volta di Delhi, ove giunsero la mattina dell'I 1 maggio. Entrati in città, in numero di 260 e non più, senza che le guardie avessero la forza di respingerli alla porta, si diedero subito a far man bassa sugli Europei che loro si paravano dinanzi per istrada, ed ebbero ajuto dal 34° reggimento di cipai, ivi residente, il quale, abbandonati i proprii uffiziali, fece causa co' ribelli, e la rivolta non ebbe più ritegno. Gli ufficiali inglesi vennero trafitti, la popolazione indigena di Delhi si sollevò contro gli abboniti oppressori, e la città intiera fu in armi. I soldati insorti, tinti le mani di sangue ed avidi di rapina, corsero smaniosi in cerca di novello sangue e di bottino; assalirono perciò parecchie case, vi trucidarono gli Europei, e poi ne abbandonarono le abitazioni al popolesco saccheggio. Una gran parte tuttavia degli Europei si era ricoverata nel forte o piuttosto nella torre dello Stendardo per morire colle armi alla mano e far costar cara la vittoria ai ribelli ; ma questi non si sgomentarono punto e vollero farla finita. Cosi fu, perchè il luogotenente Willoughby, visto disperato il caso, appiccò il fuoco al magazzino di polvere ed ebbo tempo di mettersi in salvo. L'orribile scoppio travolse in vortici di fumo e fiamme più di 1500 di quegl'insorti, e fu come un colpo di folgore che ringagliardì i superstiti, i quali gettaronsi a precipizio sulle armi e s'impadronirono di due pezzi di artiglieria ch'erano stati recati ivi a difesa del forte. Il comandante di questo, che aveva già previsto di dover sloggiare, volse le sue cure alle persone in esso ricoverate e consigliolle tutte a seguirlo. Donne, uomini, vecchi e fanciulli uscirono allora alla rinfusa dal luogo minacciato, e si rifugiarono ben presto nelle vicine-città di Caruol, Amballah e Mirut, sgombre di ribelli, che a furia giungevano a Delhi ad ingrossare l'esercito indigeno e mettere a ferro e fuoco tutto ciò che apparteneva agli Europei.
      Fra i reggimenti accorsi dalle finitime terre giun-sevi uno anche da Alligur, e fu tosto proclamato il nuovo re, inaugurandone il dominio con una specie di ecatombe, ossia col sacrifizio di circa cinquanta tra donne e fanciulli che avevano trovato un asilo nel palazzo reale. Alla vista di tante orribili scene, i cittadini più ragguardevoli, sebbene di purissimo sangue indù, furono presi da panico terrore, e le botteghe vennero chiuse. Il nuovo re aveva intanto convocati i principali negozianti per istabilire con questi le norme più efficaci di governo ; ma invano, perchè non accettarono l'invito, col pretesto di malattie. Cotesto rifiuto non cagionò scompigli di sorta, perchè i soldati ubbidivano di buon grado ai nuovi loro capi e riconoscevano l'autorità del gran re da essi medesimi creato. Gl'Inglesi sbigottiti alquanto in sulle prime, non si perdettero d'animo, e si apprestavano già senza indugi a ripigliare la grande capitale, da cui avevano dovuto poc'anzi partire. A tal uopo si cominciò a concentrare un grosso
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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