Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DEMAGOGO — DEMARINI GIUSEPPE
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nell'anno 335 ay. Cr., chiese che fossero dati in suo potere gli oratori ateniesi che gli erano contrarii, Demade lo indusse a rinunziare a tale pretesa (Diod., xvii, 15; Plut., Dem., c. xxm). Pare ch'egli sia stato compro da Arpalo, e che siasi ingerito con Focione nel dare Atene ad Antipatro. Nell'anno 318 av. Cristo andò legato ad Antipatro per indurlo a levare la guernigione da Munichio, e in tale missione tolse a compagno il figliuolo Demea. Sventuratamente, una lettera ch'egli avea scritto a Per-dicca yenne in mano a Cassandro, il quale, per vendicarsi dei termini offensivi con cui si parlava di Antipatro, mise a morte l'oratore ed il figliuolo. Cicerone e Quintiliano affermano non aver egli scritto cosa alcuna; ma rimane ancora un frammento della sua orazione in difesa della propria amministrazione di dodici anni (£nrèp t9js 8wS6x«t(Suida gli attribuisce una storia di Delo. Pitea (in Aten.) lo dice di costumi dissoluti e beone. Fu uomo di molto ingegno, e si citano parecchi de' suoi motti arguti.
DEMAGOGO (pólit.). —Nome composto dei vocaboli greci Srjjjio?, popolo, e duce, che si dava ad uncapo di parte, ossia a chi conduce o dirige il popolo in cose politiche. Nel suo significato primitivo con-sideravasi come appellazione onorevole, essendo stata applicata a Solone, a Demostene ed a molti -'ei più illustri personaggi dell'antichità; ma oggidì usasi per lo più in cattivo senso, applicasi cioè ai capipopolo anarchisti; d'onde l'odioso siguiticato della parola demagogia, uno dei più formidabili flagelli della società moderna. Il ritratto più antico e più satirico di un demagogo è quello che fa Aristofane di Cleone nella commedia 1 Cavai eri.
DEMANIO (dir. amm. e finanz.). — Dassi il nome di demanio (rimastoci dalla bassa latinità e derivato forse da dominium) all'insieme dei beni che presso ciascun popolo non appartengono ai pubblici stabilimenti, o ai privati, sia come individui, sia come membri di una compagnia o di un'associazione.
E noto come presso i Romani vi fosse il pubblico demanio, il quale comprendeva le cosi dette res publica, cioè quelle destinate all'uso di tutti i cittadini. Questi beni erano affatto distinti da quelli che, al tempo dell'Impero, formavano il patrimonio dell'imperatore, l'amministrazione dei quali era affidata ad un pubblico officiale, che si distingueva col nome di procuratore di Cesare. In progresso di tempo però gl'imperatori surrogarono se medesimi alla repubblica, e le cose pubbliche si considerarono come una pertinenza del loro patrimonio. Nel medio evo poi esse acquistarono il nome di regalie ; e Federico Barbarossa, il primo di tutti, ne fece un'enumerazione nella costituzione 56 de ftudis, intitolata: Quce sint regalia. Gli altri sovrani che vollero avere ciascuno nel proprio Stato il medesimo privilegio dei diritti regali, sia che fossero o non soggetti a movenza dall'Impero, diedero a tali diritti molto maggior estensione, ed è perciò che presentemente molti beni e diritti sono dichiarati demaniali, quantunque non si trovino annoverati nella citata costituzione.
Nell'odierna costituzione finanziaria dell'Italia, come degli Stati civili, i beni demaniali possono distinguersi in due classi, quelli che spettano alloStato come attributi e conseguenze necessarie della sovranità (quali sono le fortezze, gli arsenali, i porti, le mura, i bastioni, le strade nazionali e simili), e quelli invece, come terre, foreste, mi-niero ecc., in ordine ai quali lo Stato non è che un proprietario come un altro.
I primi devono assolutamente conservarsi al Governo, nè possono adempiere fuorché in sue mani gli ufficii cui sono destinati. Degli altri invece la buona scienza finanziaria consiglia l'alienazione ai privati, eccettuato il caso in cui un alto motivo d'interesse pubblico esiga che rimangano in potere dello Stato (V. Boccardo, Dizionario Universale di Economia politica, voi. i, pag. 656).
DEMARCHI (archeol.). — Come il nome greco fcfi-(jwtpxoi significa, erano i capi dei demi o magistrati principali dei comuni dell'Attica, e si vuole che venissero da prima instituiti da Cl'stene, benché da taluni si supponga che già esistessero prima della costui riforma (V. Demo). Varii ed importanti erano gli uffizii loro. Essi convocavano le adunanze del demo, e ricevevano i voti intorno ad ogni affare posto in deliberazione ; custodivano il libro in cui erano registrati i membri del demo; e tenevano registro dei poderi (ywpw) del loro distretto, sia che questi appartenessero ad individui o al comune, specie di catasto utilissimo per la ripartizione dello tasse prediali. Raccoglievano pure il danaro dovuto al demo, e provvedevano al pagamento di quella parte d'imposte che spettava allo Stato. A tal effetto pare che avessero facoltà di procedere al sequestro ed alla vendita dei mobili, dei debitori, alla qual cosa allude Aristofane nelle Nuvole (37). In siffatte attribuzioni sottentrarono essi ai naucrarii dell'antica costituzione. A questo solo però non si ristringevano le loro funzioni, giacché la facevano anche da magistrati di polizia. E perciò insieme coi dicasti o giudici ordinarli cooperavano al mantenimento della quiete e dell'ordine, e dovevano provvedere al sepellimento dei cadaveri abbandonati trovati nel loro distretto. Trascurando questo dovere, andavano soggetti alla multa di 1000 dramme. Finalmente pare che dovessero dare alle autorità superiori il catalogo delle persone della loro giurisdizione atte al servizio militare.
II novello regno di Grecia ha ristabilita questa antica denominazione dei magistrati municipali, e il titolo di demarco corrisponde in oggi, come anticamente, ai nostri di sindaco o di podestà.
DE-MARCHI Francesco (biogr.). V. Marchi (de) Francesco.
DEMARINI Giuseppe (biogr.). — Attore comico che può dirsi il Garrick e il Talma italiano. Nacque il 13 agosto del 1772 in Milano, e, fatti in Monza e a Brera i suoi studii, fu impiegato negli uffizii delle finanze; ma la sua inclinazione era pel teatro, e comparve la prima volta sulle scene in provincia, dove fu ricevuto in una compagnia di comici ambulanti per disimpegnarvi le ultime parti. Seppe tuttavia vestirsi cosi bene dei caratteri cui doveva rappresentare, che venne ben presto scritturato nella compagnia Paganini, in cui si distinse in parti più nobili e specialmente nelle brillanti. Erano allora in gran voga le tragedie di Alfieri e di Monti, nelle quali aveva a competitori Marrocchesi, Bru-
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