Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DEMAVENDnacci, Prepiani e Blanes ; ma sia clie la natura lo avesse fornito di mezzi più comici che tragici, ovvero che le sue idee a questo riguardo tenessero del singolare e bizzarro, fatto è che lasciò il coturno per calzare il socco; e nelle parti di padre nobile certamente non fu a quei dì chi lo eguagliasse. Il teatro di Napoli fu il campo della maggiore sua gloria per tutto il tempo in cui fece parte della compagnia Fabbrichesi. Aveva belle forme, voce sonora e flessibile, pronunzia chiara e che faceva sentire quasi tutte le sillabe. La sua fìsonomia e tutto il suo corpo erano in armonia cogli affetti dell'animo. Per uno studio profondo che aveva fatto del cuore umano, pareva che ne conoscesse tutte le vie più recondite per penetrarvi col doppio linguaggio del gesto e della parola. Oltre ciò, grande era la dignità dei suoi movimenti, ed esatta la sua maniera di vestirsi secondo il costume dei tempi. Dopo un quinquennio passato a Napoli, percorse con Fabbrichesi i principali teatri d'Italia, e destò dappertutto l'ammirazione e l'entusiasmo. Quattro anni dopo tornò a Napoli, e vi fece parte della compagnia Tessari. Ma mentre formava la delizia delle persone più colte di quella metropoli, fu preso da una febbre gastrica, e mancò ai vivi in Santa Maria di Capua al 10 maggio del 1829, lasciando nel teatro un vuoto che difficilmente potrà essere riempito.
Fu il Demarini tenuto altresì in pregio per gentilezza di costume. Sprezzatore dei beni di fortuna, viveva con decoro, ma il suo scrigno eia sempre aperto per sovvenire ai bisognosi, nè fu mai avido d'altro che di gloria.
DEMAVEND (geogr.). — Montagna vulcanica, una delle più alte della Persia, della catena dell'Elburz, nella provincia di Mazanderan, a 40 chilometri da Teheran, nella lat. N. 35° 50', lon$. E. 52° 12'. Essa frequentemente occorre nei canti dei poeti e nelle descrizioni de' geografi persiani. Chamdulla Kas-winski ne dà la seguente descrizione : « Il Demavend è altissimo e scorgesi alla distanza di 100 farsanghe (dette dai Greci parasanghe, miglia persiane, delle quali 22 Va = 1 grado dell'equatore) ; la sua circonferenza è di 20 e la sua altezza di 5 farsanghe ; la vetta, coperta di nevi eterne, forma un pianoro arenoso. Secondo la relazione di Fraser, questa vetta contiene una grande cavità nel suo centro (e ciò apparisce dalla figura che diamo secondo la recente esplorazione di Kotscky), come vi fosse stata scavata una miniera con varii piccoli scavi in diverse direzioni. Non v'ha dubbio che questi sono crateri estinti, posciachè il cono è formato principalmente di pietra pomice e di scorie, con frammenti di basalto, e tutta la montagna abbonda di solfo. Tre viaggiatori salirono ultimamente sul Demavend, vale a dire, l'inglese W. T. Thomson nel settembre del 1833, il dott. tedesco Teodoro Kotschy il 22 luglio 1843, e l'ingegnere austriaco Czarnotta al servizio dello scià di Persia nel 1852. Ma più recentemente (1862) vi salirono gli scienziati italiani formanti la spedizione che il nostro Governo mandò allo scià di Persia, e fra i quali erano i professori De Filippi, Ferrati e Lessona, il senatore Cerruti ed il marchese Centurione.
L'altezza del picco Demavend non è per anchedefinitivamente stabilita. Ainsworth, fondandosi sulle osservazioni barometriche del suddetto Thomson, la ragguagliò a 4193 metri, mentre Alessandro Humboldt la calcolò 5594 (Central Asien, voi. li, pag. 203), e il luogotenente colonnello Lemm, mediante misurazioni trigonometriche da Teheran, a 5728. Petermann è di parere che l'altezza si abbia a fissare su per giù a 19,000 piedi parigini in cifre tonde, vale a dire, a 5776 metri a un incirca. Secondo i viaggiatori italiani, si avrebbe invece l'altitudine di 5G00 metri. Lasciamo ora la parola a Teodoro Kotscky :
« Dopo esserci alquanto riposati dal salir faticoso su per gli strati di cenere, in cui ci affondavamo fino al ginocchio e in un'atmosfera sommamente rarefatta per la grande altezza, superammo la parete di solfo che circonda il così detto Ser Chons o cratere a mo' d'imbuto, spento da lungo tempo, e non tirando spiro di vento, feci il giro intiero di esso. Le pietre sono variamente colorate, e consistono la più parte di masse di lava frantumate dal gas del cratere con particelle sulfuree di varia grandezza. Sull'orlo orientale e meridionale la roccia è generalmente bianca.
c Dal sud all'est avvi un gran masso, ed è questo il punto supremo della vetta. Questo masso fu colà lanciato da un'eruzione, e consiste di una bianca massa argillosa, una lava con mistura di solfo decomposta dai gas del cratere. Dalla parte del nord il cratere è circondato da prismatiche ed acuminate elevazioni della roccia, composte da una lava di struttura simile al porfido con bianchi cristalli feldspatici. Da queste roccie prismatiche piramidali scorgesi lo scosceso lato settentrionale fino alle falde del cono, tanto scorsero regolarmente al basso i fiumi di lava in addietro. Dalla parte nord-est finalmente scorgesi ancora una leggiera lava spumosa e assai trita.
t La circonferenza del cratere è di 378 metri. L'imbuto accessibile dalla parte nordica è profondo circa 6 metri, pieno di neve, ed ha dall'ovest all'est la lunghezza di circa 184 metri, e dal nord al sud per contro di 108 soltanto. L'orlo o corona del cratere ha al nord-ovest un piccolo avvallamento, e l'ultima eruzione deve essere durata più a lungo da quella parte. La parte est, sì abbondantemente coperta (li puro solfo, fa vedere che mani umane hanno grandemente cambiato la superficie originaria. 11 declivio occidentale è scosceso ma non tanto come il settentrionale, e non così solcato come gli altri. Alla parte sud sta innanzi il Dudi Kuh o montagna vaporosa. Dalla parte sud-est la china è più dolce, e per conseguenza più agevole di là la salita. Dal masso sunimentovato lo sguardo spazia sopra un'immensa sottostante distesa, nella quale l'alta giogaja dell'Elburz al nord sopra Teheran apparisce bassa e come schiacciata. Anche l'alto dorso dei Totschal sopra Teheran diminuisce da quella prospettiva alle proporzioni di una catena di colline, e solo torreggia all'ovest l'ampia ed altissima giogaja del Dilem. Gli oggetti guardati col cannocchiale giacevano in una sì lontana profondità, che, non ostante la purezza dell'aria, appena potevansi scorgere, e persino Teheran si aveva a cercare un poco. Le coste del Caspio scorgonsi in
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