Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DEMAVEND
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alcune linee giallognole a foggia d'arco. A 200 metri circa sotto la vetta trovasi una grotta spaziosa detta Baia Kuhr, e che spande vapori acquei. 11 viaggiatore inglese Thomson vi pernottò nella notte dal 9 al 10 settembre del 1837, ma non potè poi guadagnare il cratere, per la neve caduta di fresco e il freddo crescente. Molte altre cavità, alcune delle quali calde ed altre fredde, tramandano vapori, e talvolta in tanta copia che l'intero cono è da essi ravvolto a segno da diventare invisibile, com'ebbi a sperimentare io stesso il 23 giugno 1843 dalla valle di Lariscon. Assai poco, per contro, fumava il cono quando lo contemplava da Rages il 19 aprile 1843 ».
Secondo l'esame fatto sul luogo da Kotscky, imassi sparsi per tutto il cono del Demavend sono di lave simili alla pietra pomice con vitrei feldspati. Non è però raro trovare anche una lava spumosa con cristalli nelle caverne. Secondo Thomson, il Demavend è formato alla base di pietra bigia od arenaria della formazione del carbone, cui tien dietro successivamente la pietra calcarea e quindi la roccia verde colorata dal ferro, finché poco sotto il cratere incontransi strati che par siano di puro solfo.
L'ingegnere austriaco Czarnotta salì anch'egli, come dicemmo, sul Demavend dalla parte occidentale, dopo essersi convinto che il pendìo orientale era molto più erto. 11 28 agosto 1852, dopo esserFig. 2041. — Disegno del cratere di Demavend e sue adiacenze (1. Neve. — 2. Generi con pomici. — 3. Lava vulcanica).
giunto a cavallo fino ad una certa altezza, proseguì a piedi il cammino, finché al cader del sole si abbassò in sommo grado la temperatur a e cominciò a spirare dal nord un vento ghiacciato con polvere di solfo. Ei camminava a traverso masse vulcaniche, ceneri e polvere di solfo frammista a lapilli, irnmer-gendovisi alle volte fino al ginocchio. Due ore discosto dal cratere il termometro cadde da — 3° a — 12° R., e più si avanzava, più cresceva il freddo. « L'aria, dice Czarnotta, era satura di un odor soffocante di solfo, e gas salini e solforici emanavano dalle fenditure della lava, aggravando in sommo grado il respiro. Due ore dopo il tramonto guadagnai dalla parte sud-est la vetta e scorsi dinanzi a me, al chiaro lume lunare, il cratere ben conservato di un già attivo e gigantesco vulcano. Per trovare i miei compagni di viaggio che avevo mandato innanzi, feci il giro della vetta, non ostante l'ariatempestosa, chiamandoli ad alta voce, ma indarno, finché mi lasciai cadere a terra estenuato dalla parte meridionale. Le mie membra erano divenute pel soverchio freddo così irrigidite, che io durava fatica a muoverle, e il sonno sarebbe stata la mia morte. Alle ore undici di notte guardai il termometro, il quale segnava — 17° R. ; appresso non mi fu più possibile trarlo fuori di tasca, tanto erano le mie giunture indurite. Io non poteva nè piegare nè distendere le dita; le mie mani giacevano come impastojate nelle maniche del mio mantello. Le mie labbra, nari e palpebre erano coperte dal vento diaccio come di una crosta di ghiaccio. Per riscaldarmi un poco io camminava del continuo dall'una all'altra estremità del cratere senza rimaner fermo un momento. 11 sentimento della propria conservazione e la forza di volontà erano alquanto avvalorati dallo spettacolo grandioso che mi si svolgeva ai
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