Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DEMETRIO V
      — DEMETRIO 0 DIMITRI SAMOZVANETZle armi per sostenere la sua nomina e i suoi diritti legittimi contro Demetrio Costantinovitz suo par rente, che videsi da lui forzato a ritirarsi. Demetrio IV difese quindi la sua corona contro i numerosi suoi competitori, e tenne a freno i principi di Tver e di Riazan, ch'erano i più a temersi dopo che il principale suo avversario era stato da lui acquetato con menarne in moglie la figliuola. Mosca fu da lui cinta, nel 1367, di un muro di pietra, e così fortificata quella metropoli resistè al granduca della Lituania, Olgherd, che nel 1368 mirava ad impossessarsi del Kremlino, allora di fresco inalzato, per installarvi il principe di Tver, suo cognato. Ma poco corse che un più gran pericolo sor-venne a minacciar la sorte di Demetrio, già affranto dalla peste che nel secondo anno del suo regno aveva recato la desolazione ne' suoi Stati. Marnai, temnih o gran generale dei Tartari, che dopo di aver trucidato 3. suo signore aveva impugnato lo scettro dei successori di Gengiskhan, volendo trar vendetta del barbaro insulto fatto dai Russi a una deputazione da lui spedita al loro granduca, col-legossi col principe di Riazan e con Jagellone, granduca della Lituania, e consenzienti i capi delle tribù, preparò contro Mosca una formidabile spedizione. Cionnullameno prima di venire alle offese fece ancora proporre a Demetrio la pace, a patto cho questi gli pagherebbe di nuovo il tributo di cui erano stati aggravati i Moscoviti sotto i khan Dgianibek e Asbek. Il granduca se ne scusò umilmente, allegando l'infelice stato della Russia in conseguenza delle interne turbolenze, delle guerre e della peste che l'avevano devastata, si profferse invece pronto a sborsare quello ch'era stato pattuito, e spedi infine a Marnai magnifici doni, implorandone la clemenza. Ma questi avendo maltrattato l'ambasciatore moscovita, Demetrio ricorse alle armi; indirizzossi a tutti i principi russi e scongiurò quello di Tver a porre in obblio in tali estremi le loro disseuzioni per pensare soltanto a salvare la patria. Quel principe si arrese alle sue preghiere; e Demetrio, rincorato da san Sergio anacoreta, che aveva gli predetta la vittoria, addi 6 settembre dell'anno 1380, alla testa del suo esercito, che Karanizin fa ascendere a 150,000 combattenti, appresentossi al nemico sul campo di Kulikof, sulle rive della Metza e presso il confluente della Nepriava nel Don, sui confini dei presenti governi di Toula, di Riazan e di Tambov. Si venne in breve alle mani e ne segui un sanguinoso combattimento. Demetrio affrontò egli stesso i più gran pericoli senza dar retta a' suoi bojardi che lo pregavano di non esporsi. Veggendosi la vittoria accanitamente disputata dal nemico, già gravemente ferito, rientrò nella mischia, e mediante nn'imboscata abilmente disposta, giunse alla fine ad uscirne vittorioso. Se si vuole prestar fede ad alcuni storici, da 200,000 uomini tra Russi e Mongoli restarono sul campo di battaglia. Checché ne sia, la battaglia di Kulikof è una delle giornate più notevoli che s'incontrino nella storia della Russia; eppure essa fu decisiva pel solo Marnai, il quale ad essa dovette la sua caduta. Toktanrysch, discendente di Gengiskhan, assunto al trono in suo luogo, rientrò in Russia alia testa di un esercito innumerevole, e Mosca,
      presa per arte o per tradimento, il 26 di agosto dell'anno 1382, fu un'altra volta abbandonata al ferro, al fuoco ed al saccheggio. Questo disastro prostrò il coraggio del vincitore del Don, che dovette allora consentire a pagare il tributo impostogli dal Mongolo, e riconoscersi suo dipendente. Poco appresso morì, non ancora giunto all'età di quarantanni, ed ebbe a successore il suo figliuolo primogenito.
      DEMETRIO V {biogr.). — Figliuolo d'Ivano II, soprannominato il Terribile, nato nel 1582, fu dichiarato da Boris-Fedorovitz co-reggente dello czar Ivanovitz, e dopo la costui morte, sbandeggiato con sua madre Maria. Cessò di vivere verso l'anno 1591 o a quel torno, assassinato per ordine di Boris-Godunof.
      DEMETRIO o DIMITRI SAMOZVANETZ (biogr.). — Impostore (o almeno tenuto tale dai Russi, come lo addita il soprannome datogli) che sul principio del secolo .xvn, spacciandosi per l'ultimo rampollo della dinanzi regnante dinastia di Rurik, pervenne a suscitare in Russia una grande rivoluzione e ad usurparvi il sovrano potere.
      Ivan IV Vasilievitz, soprannominato il Terribile, aveva, morendo, lasciato il trono ad un suo figlio di primo letto per nome Fedor, principe debole di spirito non meno che di corpo, e che dava poca speranza di prole. Boris Godunof, suo ministro, uomo astuto ed ambizioso, che faceva appunto disegno su questa presunta mancanza di successione per afferrar egli stesso, alla morte del suo signore, la corona, vedeva i suoi divisameuti attraversati da un erede, in Demetrio Ivanovitz, fanciullo in tenera età, fratello di Fedor, ma non del medesimo letto. Per la qual cosa risolvette di liberarsene, come se ne liberò infatti, facendolo spegnere segretamente a Ouglitz, ov'era stato mandato in esiglio insieme con sua madre la czarina vedova, Maria Naghaja. Frattanto nel 1598 lo czar Fedor venne a morte, e Godunof sali al trono. Senza inquietudini sul passato, contava già questi alcuni anni di regno, quando il nome di Demetrio venne di nuovo a suonare al suo orecchio ed a far vacillare inaspettatamente il suo mal fermo potere. Gregorio Otrepief, monaco apostata astutissimo, e per un russo di quel tempo uomo assai dotto, risaputo che le sue fattezze rammentavano quelle di Demetrio Ivanovitz, divulgò ch'egli era infatti quel medesimo Demetrio, sfuggito per pietosa frode alla crudeltà di Boris, il quale aveva immolato un altro fanciullo in luogo di lui. Tal voce trovò fede presso il popolo ; e Boris, essendosene sgomentato, fece perseguitare Otrepief, che rifuggissi in Polonia presso il palatino o vaivoda di Sandomir, Giorgio Mniszech. Questi, udita la pretesa nascita del suo ospite, gli promise in isposa la propria figlia Marina, e gli forni i mezzi di raccozzare un corpo di 5000 uomini, alla testa del quale entrò in Russia. Boris marciò conti o Otrepief, ma le sue genti passarono nel campo del preteso Demetrio: visto allora quegli il suo caso disperato, poco stante si diede con un veleno la morte. Altero di sua lieta fortuna, l'impostore entrò, il 30 giugno 1605, trionfante in Mosca, e dal festante popolo fu acclamato czar delle Russie. Uno dei primi atti del suo regno
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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