Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DEMOSTENEchiesta come compenso per ritirare l'accusa, o come ricognizione sufficiente della colpa del suo nemico. Tutto ciò accadde nel 353 avanti Cristo, in cui anche l'orazione apparecchiata contro Midia, essendosi desistito dal processo, rimase nel manoscritto senza essere recitata.
V. Primìzie oratorie. — Tre anni prima però di questo avvenimento, Demostene si era di già presentato alla popolare assemblea con un'orazione, nel 356, contro Aristocrate, che colla superbia degli atti giustificava l'altoro nome, ed aveva proposto un decreto illegale; poi nel 355 contro Leptine, che aveva fatto adottare, l'anno avanti, una legge abolitiva di qualunque esenzione dalle pubbliche imposte, e contro il demagogo e rivale Androzione (Dionys., Ep. ad Amm., i, 4) e nel 353 contro Timocrate, che voleva i debitori esenti dal carcere, purché entro un dato tempo facessero sicurtà di pagare. La stima generale di cui godeva Demostene fin d'allora era tanta, che nel 354 avanti Cristo gli fu confermato il titolo di consigliere (pouXeu-nfc), già toccatogli in sorte a dispetto di tutte le mene di Midia (Dem., c. Mid., p. 551), e l'anno seguente condusse ai giuochi nemei dell'istmo di Corinto la consueta ambasciata che appellavasi teoria (S-ecopta, ambasciata ai pubblici giuochi o spettacoli politico-religiosi), in qualità di architeoro (ap/t6éo>po;, capo degli ambasciatori che dicevansi Sewpof, mentre la sacra nave che portavali si denominava Seo>p{?) (e. Mid., p. 552). La parte attiva ch'ei prese in questo torno di tempo nei pubblici affari consta inoltre dalle orazioni che vi si riferiscono, per esempio, da quella che recitò nel 354 av. Cristo contro la progettata spedizione per l'Eubea, sebbene senza prò, essendovisi poi associato egli stesso sotto Focione (Dem., De Pae., p. 58; e. Mtd., p. 558). Nel medesimo anno pronunciò la sua orazione contro le simmorie (rapi cvfxaopiwv) o classi di cittadini aventi l'incarico degli armamenti navali, per dissuadere gli Ateniesi dalla stolta impresa di mover guerra ai Persiani (Dem., De Ithod. lib., p. 192), e nel 353 l'altra per i Megalopolitani (Orcèp McyaXoTroXiTwv), minacciati dagli Spartani, che chiedevano ajuto ad Atene per soggiogarli. Demostene alzò la potente sua voce contro i tristi che non abbonivano da una guerra fratricida, affrontando lo spinoso argomento con tutta l'energia del suo patriotismo, come osserva in proposito lo scoliaste, perchè parlava a favore di una popolazione greca che aveva combattuto pur testé contro gli Ateniesi, ed opponevasi ai Lacedemoni, costoro alleati. Al rimprovero di mostrarsi inconseguente, alla cattiva fama che poteva forse procacciare alla sua patria, univasi il doppio pericolo di proteggere degli alleati di Tebe e di alienarsi gli Spartani, di cui dovevano aver tantosto bisogno gli Ateniesi per riprendere Oropo, città ai confini dell'Attica e della Beozia. Ad onta di coteste difficoltà, Demostene combina così bene il suo piano oratorio, che tiene a bada gli Spartani, ravvicina gli Arcadi alla Repubblica ateniese, e non afforza punto i Tebani nell'atto di sostenerne gli alleati. 11 protettorato ateniese dell'Arcadia era già per sè solo ardua questione, e Demostene si trasse d'impaccio impedendo ai Lacedemoni d'ingrandirsi a spese dei lorovicini, ed inceppando i Tebani coll'attrarne gli alleati verso Atene. Abbracciò la causa di Megalopoli, ma non già in odio agli Spartani, resistendo a costoro, non per colmarli di biasimo, preferendo a tutti gl'interessi secondarli quello della patria, e
, fedele al suo sistema, perorando
in realtà la causa di Atene. Il pensiero fondamentale dell'intera orazione viene riassunto nelle seguenti linee di chiusa : « Importa in tutti i modi di non abbandonare gli Arcadi e di non far credere che vadano debitori della loro liberazione a se stessi o ad altri, tranne a noi. Io per me pai-lai senza parzialità, senza odio personale e dell'uno e dell'altro popolo, avendo soltanto di mira il vostro interesse ; non vogliate sacrificare i Megalopolitani, e non abbandonate giammai il debole alla balia del potente ». Giovi por mente alla natura di questo discorso, perchè fu. la prima manifestazione strepitosa della politica di Demostene, a tenore della quale Atene doveva collocarsi al di sopra delle meschine rivalità che tenevano divise tra loro le città elleniche, e costituirsi per tal guisa la protettrice degli Stati deboli.
VI. Orazione pei Rodii.— Demostene aveva esordito pertanto la sua pubblica carriera fin dal 356 av. Cristo con una politica savia ed elevata, e negli anni successivi ne diede prove novelle, persistendovi fino al tragico termine della tempestosa sua vita. Nel 351 av. Cr., ispirato dalla stessa politica, recitò la bella orazione sulla libertà dei Rodiani, i quali eransi sottratti alla supremazia ateniese per sobbarcarsi ben presto al giogo di un governo oligarchico e sotto al dominio dell'astuta ed ambiziosa Artemisia, regina di Caria, la famosa vedova di Mausolo. Stanchi dell'oppressione asiatica, imploravano l'ajuto degli Ateniesi, loro antichi protettori supremi ; ma il Governo di Atene, per punirli deUa diffalta ed ingratitudine, non aveva a far altro che abbandonarli a se stessi. Parve ben miserabile a Demostene cotesta politica dettata da repressi rancori, e sostenne che l'onore e l'interesse di Atene esigevano l'accordare i chiesti soccorsi, non potendo essa senza vergogna e pericolo lasciar perire dappertutto intorno a sè la libertà sotto i colpi dell'oligarchia. « Mi meraviglio, diceva egli, non esservi alcuno fra di voi il quale consideri che, se Chio, Mitilene, Rodi e quasi tutta la Grecia si curvano sotto il giogo, il nostro proprio governo è in pericolo, e che se tutti i popoli subiscono simile costituzione, non è più possibile che lascino appo noi la democrazia. Gli oppressori sanno, non aversi la libertà altri sostegni che voi, e voi siete per essi una perpetua minaccia che vorranno sopprimere. Ordinariamente gli uomini che commettono ingiustizie devono considerarsi come nemici di coloro a cui fanno torto; ma gli uomini che rovesciano il governo libero del loro paese per sostituirvi l'oligarchia sono, secondo me, i comuni nemici di tutti gli amici della libertà. D'altra parte, Ateniesi, egli è ben giusto che voi, popolo libero, proviate per ogni popolo sfortunato quel sentimento istesso che gli vorreste inspirare se, ciò che agli Dei non piaccia, la sua diventasse la nostra sorte. Nè mi si dica che i Rodiani sono ben degni del loro infortunio; perchè io soggiungerei essere male scelto il momento di rallegrarci nei loro guai, e doversi nella prospe-
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