Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DEMOSTENE
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dell' incorruttibile suo amore per l'equità e dell'entusiastico suo patriotismo. Ciò non ostante fu poco secondato nelle sue domande, sendosi limitati gli Ateniesi a punire col bando il solo Filocrate (Dem., De fals. leg., p. 376), complice di tradimento con Eschine e con gli altri ambasciatori, a lasciar liberi costoro, a non rompere la pace e non protestare contro il titolo di anfizione accordato a Filippo. Ma costui non era uomo da accontentarsi di un semplice titolo di onore, aspirando all'egemonia, ossia al supremo comando di tutte le forze federali, ed attendendo il momento propizio per riuscirvi. Gliene porsero occasione i Lacedemoni, tentando di ricuperare l'antico loro dominio di Messene, Argo ed Arcadia, i quali Stati mossero querela nanti gli Anfizioni, e questi diedero l'incarico a Filippo di difenderli. Sparta a tale notizia invocò incontanente l'ajuto di Atene, nel 344 av. Cr., e sugli avvenimenti che poscia seguirono ci giunsero soltanto la testimonianza di Demostene nel 2a sua Filippica, e quella di Libanio, importantissima dal lato storico. « Filippo, avverte cotesto retore, inviò una deputazione agli Ateniesi per dolersi della falsa accusa che gli si dava al cospetto della Grecia, di aver fatto loro numerose e serie promesse e di averle poi violate, negandone l'esistenza e la violazione, ed esigendone le prove in contrario. Contemporaneamente a Filippo, anche Argo e Messene avevano spedita un'ambascieria ad Atene, lamentandosi che questa favoreggiasse i Lacedemoni oppressori del Peloponneso, e fosse ostile ai Messenii e agli Argivi, combattenti per la libertà. Gli Ateniesi si trovarono dunque imbarazzati per rispondere ad un tempo a Filippo e alle due città, perchè essendo in alleanza con Sparta e detestando e paventando la lega degli Argivi e de' Messenii col Macedone, non potevano nondimeno dichiarare che il buon diritto fosse dalla parte degli Spartani; e Filippo, se deluse dall'un canto le loro speranze, non erasi impegnato dall'altro con alcuna formale promessa. Ciò infatti non risultava nè dalla sua corrispondenza, nè dalle parole de' suoi ambasciatori, e soltanto alcuni Ateniesi avevano fatto nutrire al popolo la speranza che avrebbe salvata la Focide dalle vendette dei Tebani. In queste difficili contingenze Demostene presentò la risposta ch'era da darsi e si assunse l'incombenza di darla egli stesso ». Gli è probabile che questa non fosse gran fatto soddisfacente, dappoiché Filippo si offerse, mediante un'ambasciata, a modificare il trattato in un senso favorevole agli Ateniesi ; ma coteste vaghe promesse non erano che un mezzo di più per addormentarne, ancora una fiata, la vigilanza, volendo il Macedone acquistar tempo per creare una marina. Riuscitovi, s'impadronì immantinente dell'isola Aloneso (forse l'odierna Scopeto) nell'Arcipelago, verso l'estremità meridionale della costa magnesiaca in Tessaglia, antica proprietà di Atene, caduta già in potere dei pirati. Gli Ateniesi spedirono subito ambasciatori in Macedonia per reclamarla, e Filippo, sostenendo che ne avevano perduto ogni diritto, pure acconsentiva a cederla, ma a titolo di regalo e non di restituzione. Eravi apparentemente in questa faccenda una questione di parole, ma realmente di
dignità, e Demostene consigliò gli Ateniesi di rifiutare la offèrta ingiuriosa.
Fu recitata in questa congiuntura l'orazione intorno all'isola Aloneso (rapì 'AXovnfaou), nel 343 av. Cr., inserita ora fra le opere del grande oratore, ma attribuita anche dagli antichi ad Egesippo, capo dell'ambasciata ateniese a Filippo per riceverla. Nello stesso anno 343 av. Cr. non ebbe a rallegrarsi Demostene de' suoi sforzi nel declamare contro le perfidie di Eschine, che rendeva conto alfine del suo procedere nella famosa ambascieria a Filippo, del 348 av. Cristo, perchè gli Ateniesi ascoltarono in silenzio la sua orazione, scritta a bella posta intorno a quella (rapì itapa7cpE
XI. Agitazione ed attività. — L'occupazione ostile di Aloneso e parecchi altri simili atti aggressivi valsero a scuotere gli Ateniesi e renderli oculati sulle mene di Filippo, prendendo vigorose misure a dispetto dei suoi partigiani, che studiavansi di calmare ed illudere il popolo. Si spedirono tosto ambasciatori nell'Acarnania e nel Peloponneso, per smascherare le finzioni del Macedone, ed il costui intervento negli affari del Chersoneso provocò una subita diversione delle truppe ateniesi sotto il generale Diopite, che diedesi a devastare il littorale della Tracia. Il re, impossente a vendicarsi colle armi, scrisse, nel 342 av. Cr., agli Ateniesi, accusando il loro generale di violazione flagrante della pace, e gli oratori suoi partigiani si scatenarono contro l'accusato, instando che venisse gravemente punito. Sorse Demostene animoso a difenderlo col suo discorso sul Chersoneso (rati rSv... Xeppovjfcw, intorno agli affari del Chersoneso), lodatissimo lavoro, e colla 3a Filippica, la quale, a detta dei più valenti critici, è da reputarsi la più bella, sebbene non si conoscesse il vero motivo che la dettava, perchè Filippo non aveva peranco rotta officialmente la pace, e solo si contentava di violarla ogni giorno con nuove aggressioni. Il discorso sul Chersoneso si aggirò sui seguenti due punti: 1° Non v'ha nulla d'ingiusto nella condotta di Diopite, perchè Filippo fu il primo a por mano alle ostilità ed a rompe re la pace coi suoi tentativi contro una città (Cardia, oggidì Caridia nel Chersoneso tracio) dipendente da Atene. 2° È contrario agl'interessi della Repubblica il punire il proprio generale e licenziarne l'esercito, che intanto impediva a Filippo l'ingresso nel Chersoneso. Esortava infine i concittadini alla guerra, accusando gagliardamente il Macedone di oltraggi alla giustizia, di violare la fede dei trattati e minare sordamente la possanza di Atene e di tutta la Grecia. Ed era pur troppo così, perchè Filippo, senza tergiversazioni ulteriori, abbandonò di un tratto l'assedio di Perinto nella Propontide (odierna Eski Eregli nel mar di Marinara), e si volse ad assaltare Bisanzio, nel 341 av. Cr., della quale s'impossessò con poca fatica, conquistando in essa una stupenda posizione militare e marittima, il pieno dominio del commercio del Mar Nero e di tutti quei paesi da cui Atene si approvvigionava di grani. All'annunzio di tanta prepotenza non si tenne Demostene dall'inveire contro l'usurpatore colla 4• Filippica, e fu spedita immediatamente una flotta sotto il comando di Focione, che costrinse il re macedone a sgombrare da Perinto e da Bisanzio, gli strappò parecchie conquiste del Chersoneso «
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