Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DEMOSTENEricacciò ancora una volta le falangi macedoniche lunge dai lidi dell'Ellesponto, nel 340 av. Cr. La pace dunque era rotta di fatto, ma la guerra non era peranco formalmente dichiarata, e perciò Fo-cione, affrettato il ritorno, parlò nell'assemblea per impedirla ; ma nè la concisione vigorosa delle sue parole, nè l'autorità che gli davano le recenti vittorie valsero a nulla contro la fulminante eloquenza di Demostene, il quale nella sua Orazione sulla lettera di Filippo, riassumendo tutti i torti del re macedone, esponendone i vizii, l'ambizione ed anche le eminenti qualità che lo radevano il più formidabile dei nemici della confederazione ellenica, e rammentando in pari tempo agli Ateniesi i loro doveri verso se stessi e verso il restante della Grecia, fece dichiarare la guerra ed adottare le più proute ed energiche misure per condurla colla massima vigoria.
      XII. Dissimulazione, nomina e vittoria. —Filippo, da valente dissimulatore com'egli era, non si diè per inteso delle deliberazioni degli Ateniesi, sapendo per prova che la costoro furia, irresistibile nel primo slancio, si sarebbe ammorzata e logorata da se stessa se non le si opponeva aperta resistenza. Nè contento di dissimulare lo sdegno per la recente dichiarazione di guerra, finse anzi di rinunziare ai suoi intendimenti sulla Grecia, e per meglio gabbare gl'inesperti, che sono sempre i più, si volse contro gli Sciti, addentrandosi nelle regioni meno note della Tracia. Eschine, accortosi dell'artifizio, gli preparò ben presto propizia occasione d'immischiarsi ancora una volta nelle intestine contese della Grecia, spiccando un decreto, in primavera dello stesso anno 340, dal Consiglio degli Anfizioni sedente a Pile nella Tessaglia, ove erasi recato nella sua qualità di pilagora o membro eletto a pieni voti dell'anfizionica assemblea di Pile, contro i Locri di Anfissa (odierna Salona nella Livadia, a 40 chilometri da Lepanto, da non confondersi con Salona della Dalmazia, famosa sotto i Romani fino alla morte di Diocleziano), accusati di avere occupata una terra sacra ad Apollo. Gli Anfissiesi non badarono a quell'avventato decreto, ed ecco gli Anfizioni raccogliersi in istraordinaria adunanza per deliberare sulla punizione dei sacrileghi. Demostene previde le funeste conseguenze di una nuova guerra sacra, e persuase gli Ateniesi di non inviare deputati alla straordinaria assemblea, protestando colla loro assenza contro tutte le misure che vi si potessero adottare. Gli Anfizioni, anelanti vendetta, come tutti i fanatici per progetto e per libidine di signoria, decretarono egualmente la guerra contro Anfissa, affidandone la direzione all'arcade C'ottifo, il quale, o per difetto di energia od a bella posta, nulla esegui d'importante. Gli Anfizioni gli tolsero, nel 339 avanti Cristo, il comando, nominando dissennatamente il macedone Filippo a generale in capo delle forze federali, con incarico di punire i Locri di Anfissa, come pure quegli Stati ellenici che ne assumessero la difesa. Il re macedone, lietissimo della insperata nomina, si valse del decreto anfizio-nico colla ordinaria sua attività, ed invase il territorio eli Anfissa, mentre che Demostene metteva tutto in opera per opporre un argine a quella minacciosa invasione. Ma pochi lo secondavano neimagnanimi sforzi, sebbene il numero degli Stati favorevoli agli Anfissiesi soverchiasse di possanza quelli che in maggior numero parteggiavano per gli Anfizioni. Col riunire le forze dei veri patrioti era ben facile ricuperare quell'egemonia, che una maggiorità venale ed impaurita abbandonava di già al re macedone. A riunire coteste forze disperse, ma ragguardevoli, si adoprò Demostene tantosto con tutta la potenza del politico suo genio e del mara-viglioso suo talento oratorio. t Ambasciatore alle città della Grecia, le punzecchiò si vivamente coi suoi discorsi, che si collegarono quasi tutte contro Filippo, raccolsero 15,000 fanti e 2000 cavalli, non comprese le milizie di ciascuna città, e sollecite contribuirono al mantenimento e alla paga de' mer-cenarii. La Grecia era dunque insorta ed in aspettazione; confederatesi Corinto, Megara, Leucade, Corcira, città dell'Eubea e dell'Acaja, re stava ancora la beotica Tebe, in cui eranvi soldati ben agguerriti, celebrati fra tutti gli Elleni pel loro valore militare. Non era però facile lo staccare i Tebani da Filippo, che aveva reso loro si segnalati servigi nella guerra focese, e ravvicinarli agli Ateniesi, con cui lottavano sempre per fissar le frontiere. Ma Filippo, imbaldanzito di un prospero successo nelle vicinanze di Anfissa, entrò improvvisamente in Elatea (odierna Lefta) e s'impadronì della Focide. Gli Ateniesi, all'annunzio, sono in preda alla costernazione ; l'assemblea vi è muta e pensosa, e nessuno osa affacciarsi alla tribuna per porger consigli, tranne l'unico Demostene, che suggerisce d'incalzare e stimolare pertinacemente i Tebani, e rialzati gli animi de' suoi concittadini colla solita efficacia, parte egli stesso con alcuni altri in ambasciata per Tebe. Filippo, avutane contezza, deputò per la stessa città i macedoni Aminta e Clearco, col tessalo Daoco e Trasideo, per controbilanciare gli oratori ateniesi. I Tebani non ignoravano quale fosse per essi il miglior partito, avendo presenti ancora alla memoria i guai della guerra focese, e sanguinando ancora le loro piaghe. Ma l'insigne oratore, giusta l'espressione di Teopompo, accese del suo soffio possente in tutti i cuori il nobile amor della gloria e coperse tutte le altre considerazioni di un velo sì denso, che i Tebani, poste in non cale paura, prudenza e perfino gratitudine, abbracciarono con entusiasmo la causa della giustizia e della libertà. Tanta virtù di eloquenza parve sì strana e portentosa, che Filippo spedì incontanente gli araldi di pace, e la Grecia intiera si rizzò in piedi bramosa dell'avvenire. E i capi beoti e i generali ateniesi attenevansi agli ordini di Demostene, diventato così a Tebe come in Atene l'anima di tutte le popolari assemblee ; caro egualmente alle due città, esercitava sull'una e sull'altra la più legittima influenza ». Ma era segnato nei fati che gl'incessanti suoi sforzi non venissero coronati dalla vittoria, la quale arrise piuttosto all'oppressore straniero sui campi cruenti di Cheronea, ove in micidiale battaglia, il 3 agosto 338 av. Cristo, furono decise le sorti della Grecia : i confederati soccombettero sotto il pondo delle guerresche torme dei Macedoni, e Filippo si assicurò l'ambita supremazia sui vinti.
      XIII. Difesa prodigiosa e pace. — Demostene fu
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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