Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DEMOSTENE 1
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-Lineguale, invece di accettare di buon grado l'egemonia macedonica. Ma i più assennati apprezzatori delle condizioni politiche di un popolo ed i non abjetti e codardi calcolatori del tornaconto individuale sono, all'incontro, di avviso che quando anche la supremazia macedonica fosse stata una storica necessità, Demostene aveva adoprato da valentuomo nel non subirla senza resistere e nel ritardarne l'effettuamento con una lotta ostinata, dappoiché se Atene cader doveva, era ben degno di essa il cader combattendo. Lode quindi anziché biasimo dev'essere impartita al grande Ateniese, che seppe mantenere, fino agli aneliti estremi della libertà della Grecia, la celeberrima sua città natale a quell'altezza d'importanza politica e sociale a cui era salita la mercè della possente intelligenza ed attività dei figli suoi, su cui non avverrà giammai che l'oblio stenda le dense sue ale. Se Demostene però fu severamente ed ingiustamente giudicato da molti nella sua qualità di uomo di Stato, non lo fu egualmente in quella di oratore, riconosciuta eminente e impareggiabile anche dai più schifiltosi. Ed infatti i suoi stessi più formidabili emuli gli aggiudicarono la palma dell'eloquenza. Cicerone ne parlò con entusiasmo, eguagliandolo quasi senza rassomigliargli, e l'ammirazione unanime di venti secoli gli eresse un monumento di gloria, che può sfidare ad un tempo e le censure e gli encomii. Il ripetere qui questi sarebbe troppo lungo, e quindi basterà a noi l'indicare rapidamente i mezzi e le combinazioni, per cui il sommo oratore raggiunse l'apice della perfezione. Accennammo di già alle difficoltà che dovette superare e al modo con cui vi riuscì, ed ora soggiungiamo che, avvezzatosi a chiedere le sue ispirazioni allo studio e alla riflessione, si astenne dall'improvvisare, e non parlò mai senza esservisi pria preparato. 11 fondo de' suoi discorsi è un amore appassionato per Atene, e per tutto ciò che poteva rassodarne la libertà al di dentro e contribuire alla sua possanza all'estero. La meta da lui additata a' suoi concittadini ei a l'indipendenza della Grecia, con libero governo, sotto la protezione di Atene, e i mezzi che suggeriva per conseguirla erano sempre conformi alla più assennata politica, senza mai violare la giustizia. I suoi argomenti, assai forti in se stessi, perchè prendevano di mira i sentimenti i più generosi, acquistavano nuovo vigore dalla maniera con cui erano disposti. Presentando il suo boggetto sotto la forma più chiara e persuasiva, rimuovendo tutte le obbiezioni possibili la mercè di brevi e decisive confutazioni, concatenando le prove in guisa che a vicenda si afforzano e vanno sempre progredendo, l'oratore si dirigeva alla sua meta con irresistibile calma. Cotesta forza suprema, la quale per domar tutto non abbisogna di sforzi violenti, e non si serve che dei moti più semplici e facili, costituisce mirabilmente il carattere delle opere di Demostene, come contraddistingue quelle di Fidia. In entrambi una esecuzione perfetta aggiunge pregio alla bontà del concetto, ponendolo in tutta la sua luce, qualità ch'è men facile apprezzare delle altre. Se però la forza degli argomenti ed il vigoroso loro concatenamento ci colpiscono a prima giunta, non è così delle delicatezze del linguaggio, le quali ci sfuggi-
rebbero forse se Dionigi di Alicarnasso non si fosse sobbarcato a farne l'analisi in particolare e metterle minuziosamente in rilievo. Giovi quindi avvertire che\ per ammirare il genio di Demostene, basta leggerne le orazioni, mentre per cogliere i segreti e, come a dire, gli artifizii dell'arte sua fa mestieri studiarle nel trattato di Dionigi di Alicarnasso che s'intitola Dell'Oratoria di Demostene (rapì -ri,? XéxtixocA^u.ogOevou;).
XIX. Carattere dello siile demosteniano. — Eccone un brevissimo sunto. Il retore greco distingue tre specie di stile: 1° il grande, elevato, ripieno di tutti gli elementi di cui il discorso è suscettibile, ed è di Tucidide; 2° il puro, esatto, serrato, vero, naturale, ed è di Lisia; 3° tiene la via di mezzo tra i due precedenti il terzo, più chiaro del primo e più adorno del secondo, creato da Trasimaco, coetaneo del famoso Gorgia Leontino, e perfezionato da Isocrate e Platone. Ciò posto, soggiunge lo stesso retore, Demostene, che venne dopo una lunga serie di grandi uomini, aveva idea sì alta dello stile oratorio, che non si attaccò ad alcuno di essi in particolare.parendogli tutti o mediocri o imperfetti; ma sciegliendo ciò che ciascun di loro aveva di più utile e di meglio, ne seppe comporre un tutto da cui risultava uno stile al tempo stesso magnifico e semplice, elaborato e naturale, figurato e comune, austero ed ornato, serrato ed esteso, grazioso e severo, affettuoso e veemente, quale il Proteo dei poeti che compariva sotto tutte le forme. Prosegue poi nella disposizione delle parole e noll'armonia che indi ne nasce, intrattenendosi di varie particolarità tecniche, le quali appartengono troppo da vicino alla lingua greca, per il che non gioverebbe qui riprodurle. Eccone intanto la conclusione : « Non vi è periodo in Demostene che non abbia la sua misura e cadenza improntata della più bella poesia, senza che vi siano versi, il che sarebbe difetto in oratorio lavoro j>. Nè il solo Dionigi di Alicarnasso si accinse ad esaminare e commentare le orazioni del sommo ateniese, ma ben altri e prima e dopo di lui fecero lo stesso, studiandosi perfino d'imitarne e riprodurne lo stile, specialmente dal n secolo av. Cristo in poi. Da sì smodata smania di senile imitazione venne che molte delle medesime, evidentemente spurie e indegne di tanto oratore, per esempio, la funebre (Xóyo? ^ttaipto?) e la erotica (ipu»-móc), furono messe insieme alle sue; ed altre, per esempio, sulVAloneso, la prima contro Aristogitone, quelle contro Teocrine e Neera, scritte certamente da oratori contemporanei, furono noverate pur fra le sue per mero sbaglio. Gran giovamento verrebbe per certo all'intelligenza delle orazioni demoste-niane dai commenti che ne scrissero insigni uomini dell'antichità, per es., Didimo, Longino, Ermogene, Sallustio, Apollonide, Teone, Ginnasio, ecc., ma sfortunatamente la maggior parte di tali scritti andò perduta, e se ne ha appena qualche frammento importante, contando ben poco la meschina collezione di scolii giunta fino a noi col nome di Ulpiano, e non troppo gli argomenti greci premessi alle orazioni da Libanio e dagli altri retori.
XX. Elenco delle opere. — Gli antichi asseriscono esservi state sessantacinque orazioni di Demostene (Plut., Vii. X Orai., p. 847; Phot., Bill., p. 490),
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