Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      stromenti della circolazione, distruggere gli errori e i pregiudizii sulla moneta, ed evitare le crisi monetarie che traggono seco talvolta gli sconcerti commerciali ed economici delle nazioni.
      DENARO DI SAN PIETRO (Denarius sancii Petri) (stor. eccl.). — Nome dato in origine ad un tributo che l'Inghilterra pagava alla Santa Sede. Pensano i più che Ina, re dei Sassoni occidentali, andato a Roma nel 725 per visitare Gregorio II, ivi rinunciasse al suo regno per farsi monaco, rendendolo però, prima di cederlo ad altri, tributario della romana Chiesa. Roberto di Monte vuole che questo tributo fosse stabilito da Offa, re di Merda, regno il più ragguardevole dell'Eptarchia sassone, succeduto, l'anno 757, ad Etelbaldo suo zio. Altri finalmente ne vogliono autore Etelvolfo, succeduto nel-l'836 ad Egberto, che riunì l'Eptarchia in un solo regno tra gli anni 800 e 827. Polidoro Virgilio cercò di conciliare queste varie opinioni col dire: che questi tre re, l'uno dopo l'altro, assoggettarono i loro Stati al denaro di san Pietro. Consisteva questo tributo (che fu anche detto Homescot) in un denaro d'argento da pagarsi da ogni famiglia; ma nelle leggi di Edoardo III (1041-65) e di Guglielmo il Conquistatore (1066-87) si esentarono da questa tassa tutti coloro i quali non haberent 30 denariatas viva pecunia in domo sua. S'intimava in Inghilterra questo pagamento nel giorno dei santi apostoli Pietro e Paolo, e riscuotevasi nella festività di San Pietro in vìnculis dagli stessi prelati, siccome appare dalle lettere di Innocenzo IIl(lib. xvi, epist. 173). Non gli si dava il nome di tributo, ma sibbene di elcemosyna s. Petri, e nella carta con cui il regno d'Inghilterra si rese tributario della Santa Sede di mille mai clie sterline annue, si fa distinzione tra questo tributo e il denaro di San Pietro. Scrivono alcuni che Giovanni Senza Terra avendo tentato di abolirlo, fu minacciato di scomunica da Innocenzo III. Certo è che questo denaro, che diedesi in origine per elemosina, si convertì in patrimonio ecclesiastico, jnu-tato l'antico nome in quello di census Ecclesia; e si ricorse spesso alle censure ecclesiastiche per farlo pagare. La somma però fu ristretta a 200 lire e 26 soldi da riscuotersi dai vescovi. Si trovano memorie del pagamento di questo censo sino all'anno 1558, che fu il primo del regno d'Elisabetta, la quale lo proibì in tutti i suoi dominii.
      La Francia pagò pure il denaro di san Pietro, siccome appare dalle lettere di Gregorio VII (lib. vm, epist. ult.), e la Polonia cominciò a pagarlo nel 1320. A quel tempo i duchi della Silesia ricusarono di pagarlo, ed i loro Stati furono perciò sottoposti all'interdetto. Una carta del 1335 c'istruisce che allora la Pomerania pagava il denaro di san Pietro; un'altra accenna che la Boemia mandò legati in Avignone a Benedetto XII per venire ad accordi su questo soggetto; e finalmente una bolla di Alessandro 111 del 1179 ci fa intendere che il Portogallo pagava pure questo censo alla Chiesa, convenuto in due marche d'oro annuali.
      A' dì nostri, e specialmente dopo che l'Italia, esercitando il suo imprescrittibile diritto, occupò Roma e tolse al Papa il potere temporale, i clericali europei chiamarono denaro di san Pietro le offerte volontarie da essi fatte al Pontefice.
      DENAYR0UZE (Aerofori di) (mecc.). — Moltissime volte occorre di dover penetrare e soggiornare per qualche tempo sott'acqua od in mezzi ripieni di gas irrespirabili. Speciali apparecchi richiedonsi allora per i palombari, i minatori ed i pompieri, che loro somministrano l'aria per la respirazione e la vita. Ma quando il mezzo nel quale si tratta di lavorare è per sopraggiunta nell'oscurità completa, la difficoltà si raddoppia, poiché si deve pensare ad alimentare d'aria anche le lampade. Non occorre di citare i numerosi casi in cui è forza ricorrere ad esporre la vita degli uomini a così terribili prove ; mentrecchè succede ogni giorno di veder uomini impiegati in lavori sottomarini, o nelle più recondite escavazioni per le miniere ; altri nel bel mezzo d'un incendio ad aria libera, altri ancora negli incendi sotterranei dei depositi di carbon fossile, ed altri infine tutti intenti a perdere se stessi per salvare qualche loro compagno dopo la disastrosa esplosione del grisou di una miniera.
      Molti apparecchi si conoscono fondati sull'impiego di una imboccatura da applicarsi alle labbra, con uno o due tubi di caucciù per l'aspirazione dell'aria pura e per l'espirazione; coll'aggiunta di un pince-nee per otturare il naso. Tali sono gli apparecchi di Galibert e quelli di 1ìouguayrol.
      Altro apparecchio analogo ai precedenti, e specialmente destinato al servizio delle miniere, è quello di Hall di Newcastle, il quale differisce solamente per il modo della presa dell'aria, e per il suo carattere di permanenza ovunque si voglia stabilire, Due tubi sono disposti in permanenza lungo le gal lerie principali a partire dal pozzo d'introduzione dell'aria insino a quella d'uscita ; ed a determinate distanze s'incontrano delle cassette o serbatoi d'aria destinati ad essere posti in comunicazione coi tubi flessibili che arrivano alla bocca del minatore. Il quale è poi ancora vestito d'un certo costume isolatore che sopprime assolutamente ogni comunicazione tra la sua persona e l'atmosfera mefitica della galleria.
      Ora quest'apparecchio è certamente quello che permette al minatore un soggiorno di qualche durata, più che non riesca possibile di fare cogli altri; ma per una parte la lentezza delle manovre coll'im-paccio del costume, e d'altra parte la fragilità dei tubi, che, tenuti in permanenza in galleria, si deteriorano prontamente, fanno si che non se ne creda molto raccomandabile l'impiego.
      Rimaneva a risolversi il problema della illuminazione. il rev. padre Bowditch di Wakefield aveva da qualche anno proposto di alimentare una lampada con aria pura, presa da un serbatojo d'aria compressa, o proveniente direttamente da una tromba di compressione. E per impedire che non si spegnesse la fiamma per l'arrivo dell'aria sotto pressione, aggiunse al tubo di arrivo un turacciolo a vite che permettesse di regolare e, direni meglio, strozzare la pressione di tanto quanto bastasse al bisogno.
      I fratelli Denayrouze, il cui nome trovasi già associato a quello di Rouquayrol in qualcuno degli apparecchi più sopra ricordati, ripresero la questione in tutta la sua generalità, e composero apparecchi così detti aerofori, i quali, così almeno oi
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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