Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DEKHAM (SIR) JOHN" — BENINA CARLOnegli anni 1827-28 nelle Indie occidentali e nel sud .degli Stati Uniti. Si riprodusse a Savannali nel 1850. 1 DENHAM (slr) John (biogr.). — Poeta inglese, nato a Dublino nel 1615, menò all'Università d'Oxford una vita assai sregolata, e la sua ardente inclinazione al giuoco lo distolse poi in Londra da' suoi studii giuristici, finché, per placare il padre adi-lato, scrisse contro il giuoco il suo Essay upon gaming, La sua tragedia The Sophy, quantunque non molto al di sopra della mediocrità, levò qualche grido. I poeti drammatici inglesi di que' tempi erano, nella ribellione contro re Carlo Stuart, la più parte realisti, ed anche Denham arruolossi nell'esercito del re; ma non gli piacendo la vita guerresca, andò con la Corte ad Oxford, ove pubblicò, nel 1613, il suo poema Cooper s Hill, il quale, nonostante la bellezza delle descrizioni e l'egregia struttura del verso, alletta assai poco, e solo desta qualche interesse mediante i passi didattici disseminati nelle descrizioni. Appresso Denham esercitò molti ufficii, e la sua devozione alla Casa degli Stuard fu ricompensata con onori e larghezze. Un secondo maritaggio sfortunato, stretto in età avanzata, lo tolse per qualche tempo di senno, e dopo la sua guarigione compose l'elegia, assai stimata in Inghilterra, sulla morte del poeta Cowley. Denham mori il 19 marzo 1668, e fu sepellito nell'abazia di Westminster accanto a Chaucer, Spencer e Cowley:-Le sue opere furono primamente raccolte nel 16H4, e ristampate a Londra nel 1704.
      DENINA Carlo {biogr.). — Illustre scrittore italiano, nato a Revello, borgo del Piemonte, il di 28 feb-brajo del 1731. In età di quattordici anni rimasto privo del padre, un suo zio, che si tolse cura di lui, gli conferì un benefizio ; onde, vestito l'abito chieri-cale, cominciò a studiare teologia in Saluzzo. Ottenuto poi, nell'anno 1748, un posto gratuito nel reale Collegio delle provincie in Torino, i cui alunni attendevano alle lezioni dell'Università, prosegui quivi con più frutto i suoi studii, applicandosi singolarmente alle umane lettere.
      Qualche tempo dopo ricevette gli ordini sacri, e verso il fine del 1753 fu nominato professore di umanità a Pinerolo. Una commedia sull'argomento delle scuole da lui scritta e fatta recitare in collegio, nella quale mostravasi fautore della secolarizzazione degli studii, avendo spiaciuto ad una potente compagnia di regolari, fu causa che in capo a un anno venisse balzato di quella cattedra ; sventura cui però in breve fu posto riparo, mercè la pronta sua nomina a rettore della scuola comunale di Cuorgnè, e poscia di Barge, procuratagli da alcuni professori dell'Università a lui affezionati. Continuò egli allora gli studii della teologia, e nell'anno 1756 passò a Milano ad addottrinarsi in tale facoltà in quelle scuole Palatine; e poco stante diede alla luce in Torino la prima sua opera, che fu uno scritto teologico intitolato De studio theologife et de norma fida, inviso ai più dei teologi torinesi, ma gradito a Roma. Dopo ciò il capo della Riforma richiamò il Denina alle regie scuole, nominandolo professore straordinario di umane lettere nel collegio superiore di Torino ; officio spoglio così di lucro come scevro di cure, che gli lasciò largo campo di applicarsi ai letterarii lavori che stava meditando.
      La cattedra di rettorica nel collegio di Ciamberl, offertagli nel 1760, venne da lui ricusata. Diede intanto quell'anno alla luce in Torino il suo Discorso sopra le vicende della letteratura, nel quale sono passate rapidamente a rassegna le vicende letterarie di tutte le nazioni dalle loro origini sino ai tempi nostri, opera che menò molto rumore, e che ingrossata a mano a mano di considerevoli aggiunte, e parecchie volte ristampata, venne tradotta in tutte le lingue colte dell'Europa. Voltaire nel suo romanzo L'homme aux quarante écus, pubblicato nel 1767, appone al Deniua di aver in essa denigrato Montesquieu, e se ne vendica tacciandolo di pedante. La taccia era grave, ma non affatto immeritata ; e quell'opera in generale offriva ancora ben altre mende che avrebbero potuto armare la critica.
      Reduce, nel 1765, da una peregrinazione di quattro mesi che aveva intrapresa per l'Italia, e durante la quale si era viepiù infervorato nel suo disegno di scrivere la storia generale della penisola, incoraggiato in patria dai conforti del cav. Ferraris, suo fautore e seg etario di gabinetto del re Carlo Ein-manuele III, che potè fargli assegnare all'uopo una pensione, Denina consacrossi intieramente a questa colossale fatica, che condusse a termine in capo a sei anni. Ei cominciò la storia delle Rivoluzioni d'Italia dalle origini etnische, e terminolla alla pace di Utrecht, dividendola in xxiv libri, e for-monne tre volumi, che mandò in luce negli anni 1768, 1770 e 1772 in Torino. 11 re, che non aveva dato retta a coloro che volevano impedirne la pubblicazione, e che aveva anzi deputati egli stesso i censori più benigni a rivederla, non volle pur dare ascolto a coloro che cercavano di porgli in discredito l'autore dopo che fu stampata, e taluuo più assiduo fu da lui rimbeccato con questa savia risposta: « Amo più gl'ingegni moderni che non i vecchi pedanti ». Trattanto alla comparsa del primo volume delle Rivoluzioni d'Italia il Denina era stato nominato alla cattedra di rettorica del collegio superiore di Torino, e due anni dopo, quando venne in luce il secondo, ottenne quella di eloquenza latina e di lingua greca nella regia Università. Il terzo volume fu ancor meglio accolto dei due precedenti, ma la maggior rinomanza in cui ne sali l'autore servi pure di fomento all'invidia, e crebbe viepiù il numero e l'animosità de' suoi nemici.
      La Corte di Torino aveva caro il Denina, che teneva in grande estimazione ; ma cosi non era di alcuni frati e di altre persone ecclesiastiche influenti,, che il vedevano assai di mal occhio. Doleva loro che nel cap. vi del lib. xxn delle Rivoluzioni d'Italia avesse egli fatto parecchie considerazioni sulla rnol-tiplicità degli Ordini religiosi, e che negli ultimi due capi del lib. xxiv avesse paragonato lo stato dell' Italia d' altri tempi con quello della pace di Utrecht, nel quale non era più nè sì ricca, nè si popolosa ; accagionandone, oltre al vivere corrotto ed ozioso della nobiltà e ad altri disordini, il troppo numero dei preti e dei frati celibi per istituto, ed in parte sfaccendati. Il teologo Raineri, auditore del cardinale Delle Laughe, credette di trovare in due sole pagine delle Rivoluzioni d'Italia diciassette proposizioni erronee e quasi eretiche, e ne andava domandando la proibizione. Il Denina volle
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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