Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DENINA CARLO
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      avvalorare le sue opinioni con gli esempi e con le autorità, e ne scrisse un trattato, che intitolò Dell'impiego delle persone, e presentò al re Carlo Em-manuele, il quale, dotato di mente retta e perspicace, ne commendò assai l'autore, e mandollo al gran cancelliere dell'Università per esaminar seco quanto versava sulla pubblica educazione. 11 libro, benché ritoccato, giusta i consigli del gran cancelliere, non venne approvato dal padre inquisitore, per le rimostranze del teologo Raineri ; nè valsero a vincerlo i desiderii del ministro Bogino, e le istanze del dotto cardinale Antonelli, assessore del Sauto Officio a Roma. Al Denina fu dunque forza rassegnarsi e deporre per allora ogni pensiero di mandare alle stampe il suo trattato ; se non che parecchi anni dopo trovandosi egli a Firenze, e con seco il suo manoscritto per conferirne con alcuni dotti suoi amici, fu da essi consigliato di affidarlo al Cambiagi, librajo di quella città, che l'avrebbe stampato senza apporvi nome d'autore. S'arrese il Denina ai loro consigli ; ma l'usata precauzione non valse a salvarlo dagli effetti della sua imprudenza. Le regie Costituzioni del Piemonte, promulgate pochi anni prima, vietavano agli autori, e più rigorosamente ai professori, di stampare opere all'estero senza la previa licenza de' censori nazionali. Il Denina adunque, accusato al re, allora Vittorio Amedeo III, di essersi reso colpevole dell'infrazione delle leggi del Governo, fu come tale severamente castigato. L'edizione intiera dell'opera, chiamata a Torino, fu data alle fiamme, e il Denina, condannato nelle spese, venne chiuso per sei mesi nel Seminario di Vercelli, e quindi rilegato nel natale suo borgo di Revello.
      Ma in quella l'abate Costa d'Arignano suo amico, divenuto arcivescovo di Torino, prese a difenderlo si validamente, che giunse ad ottenergli la restituzione di una parte de' suoi annui assegnamenti e !a permissione di tornarsene alla capitale. Nella cattedra di eloquenza latina e greca gli era già stato dato un successore. Attendeva il Denina, come per lo passato, a diversi lavori letterarii, quando De Chambrier, iuviato di Prussia a Torino, avuto contezza com'egli si proponesse di scrivere le rivoluzioni della Germania, ne mandò avviso alla sua Corte, in guisa che Federico 11, re filosofo, apprez-zatore degl'ingegni, e singolarmente degl'italiani, s'invogliò di avere il dotto piemontese presso di sè. Fecelo adunque invitare di recarsi a Berlino, ove gli offeriva agio e modi di scrivere l'opera sua con piena libertà. Accettò Denina volonterosamente l'invito del prussiano monarca, ed in settembre dell'anno 1782 si mosse a quella volta. Prima della sua partenza il re di Sardegna nominollo suo bibliotecario onorario e professore emerito dell'Università.
      Al suo arrivo in Berlino, Federico lo aggregò alla sua reale Accademia, e, com'ebbe a scrivere a D'Alembert, si tenne assai pago del suo acquisto. Negli atti di quell'Accademia leggonsi molti suoi discorsi sovra soggetti storici e critici, e specialmente sulle origini e sull'indole delle lingue, che vi andò a mano a mano annestando. La morte di Federico II, avvenuta nel 1786, non cangiò la sorte di Denina, che fu parimente favorito da Federico Guglielmo, di lui successore, ed attese con ostinatostudio ad illustrare la Prussia e le geste del defunto monarca. Nel 1789 il re Stanislao di Polonia volle decorare il Denina del titolo di canonico di Varsavia, e gliene mandò la gran croce, e Federico Guglielmo, nel concedergli di portarla, nominollo suo consigliere di legazione. Le vicende della guerra cangiarono intanto faccia alla Germania ed all'Italia, ed il Denina, che da qualche tempo agognava di seguire la fortuna della sua patria, divenuta francese, ottenne, nell'anno 1803, d'intitolare a Napoleone un suo lavoro filologico sull'origine delle lingue ; e presentatosi poi a lui in Magonza nel 1804, fu in quell'anno stesso chiamato a Parigi, e quivi creato suo bibliotecario. Fermata quindi stanza in quella città, ivi, sempre studiando e lavorando con lena infaticabile, continuò a risiedere sino alla sua morte, che il giunse addì 5 dicembre del 1813, in sugli anni 82 della sua età.
      Fig. 2053. — Carlo Denina.
      Era il Denina di mediocre statura ed agile della persona. Occhio penetrante, favella rapida, prontezza ed energia di movimento sino all'ultima vec-chiaja, dimostravano in lui una mente fervida, perspicace e vaga di continuo lavoro. Di modi squisiti, ma dignitoso, amante del vero e sviscerato dell'Italia, trovavasi in lui quel felice accoppiamento di forza di carattere e di bontà di cuore che suol essere accompagnata dalla pratica di tutte le virtù.
      Le vicende della sua vita, che spesso gli fecero mutar paesi e lingue, se valsero a sviluppare la fecondità della sua mente, nocquero assai alla perfezione delle sue opere così dal lato dell'arte come da quello della lingua. Astretto ad usare in tarda età l'idioma francese, nè giunse a scriverlo con quella purezza e leggiadria che si voleva, nè potò serbare incontaminata l'italiana favella. Minore è il pregio delle cose ch'egli scrisse dacché usci d'Italia, benché anch'esse siano lodevoli per l'importanza degli argomenti e per la filosofia onde sono pieno. L'unica opera classica del Denina ammirata dagli Italiani e dagli stranieri, su cui fondasi principalmente la sua rinomanza, si è quella delle Rivolti-eioni d'Italia, di cui comparve in Torino, nel 1792,
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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