Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DEODALITE - DÉPARCIEUX ANTONIOla denuncia officiale o salariata, che appartiene a tutti gli agenti dipendenti dalla pubblica autorità. Talvolta le leggi danno origine ad una terza specie di denunciatori, e ciò ha luogo allorquando nelle disposizioni legislative o regolamentane si promette un premio a coloro i quali riveleranno alla giustizia i contravventori, e quasi sempre con promessa di tener occulto il nome del rivelatore. Questo sistema è da molti scrittori censurato come contrario alla pubblica moralità; ma ella è una questione delle più ardue, della quale è difficile trovare lo scioglimento. Tuttavia egli è certo che se la società deve applaudire a chi spinto dall'amore del pubblico bene rivela un reato, la pubblica opinione riprova chi si accinge a questo ufficio per cupidigia di danaro, principalmente quando trattisi di contravvenzioni che non ledano direttameute la proprietà e le persone.
DEODALITE (miner.). — Specie di feldspato vulcanico fusibilissimo, osservato da Nose nei vulcani spenti delle rive del Reno.
DEODAND (giurxsp. comp.). — Questo vocabolo, che è l'abbreviazione delle due parole latine Beo danda (cose da darsi a Dio), dinota nella giurisprudenza inglese tutto ciò che viene confiscato a prò della Corona, come strumento che abbia contribuito alla morte accidentale di un uomo. È un costume tramandato dai secoli barbari, fondato sullo strano principio: Omnia quce move,A ad mortevi sunt Beo danda; quasi per espiazione del fatto. La Chiesa da prima, e poi il re fecero in Inghilterra le veci di Dio a questo riguardo, e si appropriarono l'oggetto considerato come cagione della morte di un cittadino. Anche ai dì nostri, in tutti i loro verdicts, i giurati inglesi specificano sempre lo strumento che occasionò la molte, e il suo prezzo, affinchè la Corona possa, volendo, domandare l'applicazione della legge del deodand. A termini di questa legge, la spada che ha trafitto un uomo, il cavallo od altro animale che l'ha fatto cadere, la ruota che l'ha schiacciato sotto di se, sono confiscati e venduti a benefizio della Corona, e di più tutti i beni d'un suicida apparterrebbero ad essa; ma i giurati nello stabilire il suicidio evitano sempre gli effetti della legge, dichiarando che colui che si è ucciso era in istato di demenza.
DEODAR (i(jeoyr.). — Uno dei più piccoli Stati del mondo, nel N. 0. del Guzerat, sui confini della presidenza anglo-indiana di Bombay. Sopra una ottantina di chilometri quadrati, contiene 2000 abitanti.
DEODARA (hot.). — Detto anche cedro dell'Ima-laja, che giunge ad altezza di 40 o 50 metri. Originario delle Indie, fu portato fra noi verso il 1820 j ha rami più flessibili e più inclinati del cedro del Libano; ha fogliame di verde glauco men cupo del precedente; è sensibile al freddo (V. Cedro).
DE0DAT0 (stor. eccl.). — Due pontefici di questo nome (che trovasi variamente usato presso gli storici, vale a dire, Adeodato, Biodato, ed in latino A Beo Batus e Beusdedit) sedettero sulla cattedra di san Pietro.
DE0DAT0 I (san) (biogr.). — Romano, figlio di Stefano suddiacono. Vogliono alcuni col Baronio [A. E., ad an, 614, n. 1) che fosse ei stesso sud-
diacono ; ma ciò è contestato dal Cenni (Praf. ad Conc. Later. Stephani 111n. 8). Eletto pontefice l'anno 615, prescrisse che nella medesima chiesa si celebrassero quotidianamente due messe, essendo in uso per lo innanzi di celebrarne una sola, dopo il decreto di Alessandro I; la qual cosa dimostra l'aumento del numero dei fedeli.
Governò la Chiesa per tre anni ed alcuni giorni, cospicuo per la grande carità con che soccorreva gl'infermi, e per amore al suo clero, e mori in fama di santità. 11 suo corpo riposa in Vaticano.
DE0DAT0 II (biogr.). — Romano, figliuolo di Gio-viniano. Seudo monaco benedettino nella badia di Sant'Erasmo, fu creato prete cardinale, e poscia sommo pontefice, nel 672. Fu primo ad usare nelle lettere la formola Salutem et apostolicam bene-dictionem. Da lui ottennero i Veneziani la conferma del diritto perpetuo di eleggersi il doge (Giustiniani, Rcr. Fenetar., 1. i, p. 6). Anastasio bilio-tecario asserisce ch'ei fosse d'indole assai mite, e verso dei poveri liberale. Morì il 26 giugno 676, e fu sepolto nella Basilica Vaticana.
DEO GRATIAS (stor. eccl.). — Versetto, ringraziamento e specie di saluto in uso una volta tra' fedeli, oggidì rimasto solo ai religiosi ed agli ecclesiastici negli uffizii divini. Sant'Agostino ne difende la costumanza contro i Donatisti che sberteggiavano i fedeli (Inpsalm. cxxxn). 11 perchè la Chiesa aggiunse nel prefazio della messa le parole : Gratias agamus Bommo Beo nostro ecc. E di qui venne il costume, massime nell'Africa, che molti cattolici assunsero il nome di Beogratias, volto italianamente in Graaiadio. È noto che il citato sant'Agostino scrisse il bel trattato Be catechisandis rudibus ad istanza del diacono Beogratias di Cartagine.
Per l'uso che se ne fa nella liturgia 6acra, il lettore consulterà Sarnelli (Leti, eccles., t. iv) ; Ru-perto (Be div. offìc., 1. i, c. 14), e Merati (part. i, tit. 13, n° 3).
DEONTOLOGIA. V. Etica.
DE0RI (geogr.). — Distinta talvolta coll'appella-zione di Bara Beori o Gran Beori, è una città dell'Indostan, nella parte S. 0. della vice-presi-denza del N. O., sul pianoro donde la Soue scorre verso il Gange, e la Nerbudda verso il mare arabico. Alcuni anni or sono fu distrutta da un incendio, in cui dicesi che 30,000 persone trovarono la morte.
DEOSTRUENTE (terap.).V. Aperitivo ed Ostruzione.
DÉPARCIEUX Antonio (biogr.). — Matematico francese, nato, nel 1703, a Cessoux presso Nimes da poveri agricoltori, e morto nel 1768. Sarebbero rimaste infeconde per mancanza di mezzi le sue felici disposizioni per gli studii, se un protettore non lo avesse fatto educare nel collegio di Lione, dove si distinse specialmente nelle matematiche. Terminati gli studii, si recò a Parigi, ove per vivere si diede a fare orologi solari, occupazione in cui acquistò una certa agiatezza, che gli permise di farsi conoscere co' suoi scritti, i quali lo condussero alla carica di censore reale, e lo fecero ascrivere all'Accademia delle scienze di Parigi, non meno che a quelle di Metz, Lione, Montpellier, Berlino e Stoccolma. Nella raccolta dell'Accademia delle scienze dal 1735 al 1758 si leggonQ dj lui sedicit^iOOQLe
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