Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DESCARTES RENATOavuto principio al collegio di La Flèclie. Il dotto religioso mandò al suo amico la sua risposta aperta, e Descartes la fece pervenire a Yoet senza degnarsi d'aggiungervi una sola parola, egli che era stato così crudelmente oltraggiato dal suo vile avversario. Voet non si perse di coraggio, continuò a declamare contro la metafisica di Descartes, e ad attaccarla come contraria alla religione ; è noto come con un raggiro infame giungesse a far condannare le sue dottrine filosofiche dai borgomastri di Utrecht, giudici incompetenti, bisogna pur confessarlo, in quistioni di tal genere!
      Queste persecuzioni, aggravate da calunnie d'ogni genere, dalle accuse le più atroci, posero un momento in compromesso la tranquillità di Descartes, che ritirato allora in una deliziosa solitudine nelle vicinanze dell'Aia. accolto ed amato dalla principessa palatina Elisabetta, non dava alcuna importanza a questi miserabili attacchi, e per conseguenza non faceva nulla per prevenirne l'effetto. Ma quando, dietro l'odioso libello che Yoet pubblicò contro di lui, celandosi sotto il nome di un giovine professore che ebbe la viltà di acconsentirvi, fu pronunziata la sua condanna, il filosofo uscì da quella riserbatezza nella quale si era contenuto. Non ebbe che a comparire per isventare la vile macchinazione immaginata per perderlo ; ma allora provò un profondo scoraggiamento, e temendo per l'avvenire i nuovi disgusti che suscitargli poteva l'odio che ne la sua magnanimità, ne i suoi talenti avevano potuto vincere, si allontanò da un paese che era stato il teatro della sua gloria e quello delle più strane persecuzioni : accettò allora l'asilo che la celebre Cristina, regina di Svezia, offriva al suo ingegno.
      IV. Suo sistema filosofico. — (ìli attacchi di Voet fecero di Descartes il capo di una nuova scuola filosofico, che ebbe i suoi aderenti e i suoi avversarli; ma qualunque sia il giudizio di cui le sue dottrine possano essere state l'oggetto, il nome del suo persecutore è condannato a subire la loro immortalità.
      In generale, si considera sotto tre punti di vista speciali il vasto ingegno di Descartes, e separando la sua filosofia dalle sue scoperte in fisica e in matematica. si è troppo lungo tempo asserito che unicamente sotto quest'ultimo rapporto la sua gloria è incontrastabile. Così la sua fisica e la sua filosofia non sarebbero state che errori sublimi, pei quali gli farebbero trovar grazia i suoi lavori matematici. Noi non possiamo ammettere queste distinzioni, altrettanto ingiuste quanto arbitrarie ; e senza disconvenire che alcune delle sue ipotesi cosmo-tìsiche sono inammessibili, consideriamo le dottrine di Descartes, in tutti i rami del sapere, come un maestoso complesso che non può essere diviso, come un tutto le cui parti tra loro collegate con uno stesso pensiero e dedotte dallo stesso principio non potrebbero essere logicamente separate le une dalle altre; tale fu almeno l'opinione del suo secolo, che diede il nome di cartesianismo al complesso ammirabile delle sue dottrine.
      Descartes pensò da se stesso. spezzò il vecchio giogo della scuola peripatetica, e non ammise altre regole nelle cose della ragione che la ragione stessa. Questa dottrina formò un gran numero di pensatori. Invitando ognuno a rientrare in se stesso e a dipar-
      tirsi dalla propria convinzione, Descartes offriva un mezzo di non smarrirsi con lui, supponendo che fosse caduto in qualche errore. Il servigio che in tal modo rese alla filosofia è immenso ; riformò la speculazione come Copernico aveva riformato l'astronomia. Rompendo la schiavitù del pensiero, suscitò un modo attivo di filosofare che rovinò il metodo passivo e storico in uso prima di lui, e non bastò più di giurare sulla parola del maestro per trionfare di qualunque idea ragionevole in mezzo agli applausi della scuola pedantesca della filosofia aristotelica. La ragione ricuperò così per di lui mezzo la sua feconda e potente autonomia.
      Senza dubbio, il dogmatismo scolastico era stato già attaccato, prima di Descartes, da uomini come Rabelais. Ramus, Sanchez, Montaigne e Charron, che tutti nelle forme speciali del loro talento e del loro carattere l'avevano a vicenda perseguitato coi loro cinici scherzi, coi loro sarcasmi, colle loro gravi obbiezioni. Ma essi non avevano saputo sostituirgli che uno scetticismo esagerato, che in sostanza non era che l'impugnativa di qualunque scienza filosofica. Così, presso a poco nella stessa epoca, uomini di fede, come Erasmo e Melantone, spaventati dal nulla che il pirronismo induceva nella speculazione, diedero alla filosofia scolastica l'appoggio della loro calda e vibrata eloquenza. Non bisogna d'altronde immaginarsi che la filosofia scolastica fosse in se stessa una cosa puerile. 1 Tommasi, gli Scotti non erano al certo spiriti superficiali o grossolani. Questi uomini, ragguardevoli per l'estensione delle loro cognizioni e per la sottigliezza della loro dialettica, avevano almeno mostrato in tutta la sua estensione l'uso che lo spirito umano poteva fare dello strumento logico. Essi avevano fatto anco di più purificando ed intellettualizzando, per così dire, l'idea dell'essere supremo. Così la filosofia scolastica poneva lo spirito umano sul cammino di una metafisica razionale, e in tal modo valeva essa assai più dell'empirismo e dello scetticismo. Tale fu l'opera di Descartes, che realizzò, eoll'einancipazione della ragione, questo inestimabile benefizio.
      Egli pensò, come Bacone, di instaurare la filosofia mediante un metodo veramente razionale. Ma più metafisico e più dialettico di Bacone, si occupò a bella prima della quistione della certezza e della relaziono che l'idea ha coll'essere, e il subbietto coll'obbietto.
      Quanto alla relazione dell'idea coll'essere, egli la negò sino a tanto che non la trovò necessaria, e non potendo negar l'idea rimase a principio in sospetto di essa sola, ne diede luogo alla credenza nelle realità se non se di mano in mano che queste si vennero mostrando con evidenza conneì-se con legame necessario o immediato o mediato col suo pensiero. Procedendo in tal guisa egli stabilì e mise fuor di dubbio dapprima la propria realità, ma non si credette autorizzato ad affermare immediatamente quella del mondo esteriore, non iscorgendo legame necessario tra questa realità e le operazioni del me pensante. Invece, considerando che l'idea di Dio non può essere un prodotto del pensiero, come l'infinito non può esser prodotto del finito, pose Dio come seconda realità irrecusabile ed evidente. E siccome, ammettendo Dio, doveva ammetterlo coll'attributo supremo
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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