Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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moto, ha almeno indovinato il primo che doveva esservene. Non potrebbe forse pure essere che sottoponendo appunto all'esame dell'alta sua mente le idee di Descartes, il gran Newton si sia trovato naturalmente sulla via delle immortali sue scoperte?
Quando Descartes scrisse il suo Discorso sulla diottrica, la disuguale refrangibilità dei diversi raggi della luce non era ancoi a conosciuta ; cionnonostante, oltre una moltitudine di ingegnose applicazioni della geometria a questa scienza, il suo trattato contiene l'esposizione della vera legge della refrazione, scoperta immensa che Huygens ha tentato invano di contrastare a Descartes, allegando ch'essa esisteva nei manoscritti di Snellio, cui Descartes aveva potuto vedere in Olanda; un tale reclamo, fatto in un'epoca in cui Descartes non poteva più difendersi, non basta per togliergli una scoperta la quale non gli fu contesa fino che visse. Nel trattato delle meteore ha dato la vera teoria dell'arco baleno in quel modo che poteva farsi in un'epoca in cui la disuguale rifrangibilità della luce non era ancora conosciuta ; e, ciò che merita di essere ben notato, sebbene questo dato così importante gli mancasse, la sua teoria è non ostante esatta, perchè vi supplisce con una esperienza. Infatti determina dapprima, per mezzo del calcolo, il cammino dei raggi luminosi che penetrano in una goccia d'acqua, e che quindi ne escono dopo una o più riflessioni. Questo calcolo gli fa conoscere che di tutti i raggi che possono in tal modo cadere sopra una gocciola non vi sono che quelli che vi penetrano sotto un certo angolo che possano giungere allo spettatore senza allontanarsi gli uni dagli altri, e per conseguenza senza indebolirsi. Per tal modo determina primieramente le vere circostanze nelle quali il fenomeno dell'arco baleno può prodursi, ed esse sono conformi all'osservazione. Restava ad assegnarsi la causa dei colori. Descartes, senza conoscerla, la riduce con molta sagacità ad un altro fenomeno più semplice, a quello cioè della decomposizione della luce per mezzo del prisma, e dimostra il rapporto intimo di queste due dispei sioni. « Ecco la vera fisica matematica, esclama un dotto biografo di Descartes, quella che per mezzo del calcolo riduce i fatti alla categoria medesima d'altri fatti senza bisogno d'alcuna nuova ipotesi, e che così gli unisce gli uni agli altri in nodi indissolubili ». Cosi, siccome la sua filosofia, la fisica di Descartes prende l'impronta del pensiero di un ingegno potente; e se nel suo sistema del mondo e nella spiegazione di alcuni fenomeni naturali non ha con ugual felicità incontrato la verità, è egli sotto questo rapporto solamente che debbono essere riguardati gl'immensi suoi lavori ? E a quale altezza non bisogna egli esser collocati per poter pronunciare giudizio sugli erro» i di un tal uomo?
VI. Scoperte matematiche. — I lavori geometrici di Descartes, che debbono ora occuparci, gli assegnano per sempre il posto il più elevato fra gli uomini d'ingegno che hanno contribuito ai progressi della scienza. I suoi diritti in questo riguardo furono riconosciuti anco da' suoi più crudeli nemici ; ed i teologi olandesi, dei quali ebbe a soffrire gli attacchi, resero omaggio alla bellezza ed all'importanza delle sue scoperte matematiche. Ma noi abbiamo avutoragione di dire che l'alta attitudine di Descartes in questo ramo del sapere emanava pure dal principio snperiore sul quale fondò la sua filosofia. Quest'idea non è nuova; e l'illustre Fontenelle aveva detto prima di noi, formando un parallelo fra Descartes e Newton : « Tutti e due geometri eccellenti, hanno veduto la necessità di trasportare la geometria nella fisica; tutti e due hanno fondato la loro fisica sopra una geometria che essi non dovevano che ai loro proprii lumi ». Fu infatti per una facoltà spontanea della sua ragione che Descartes operò nelle matematiche una felice rivoluzione, ed infatti le sue idee esposte quasi senz'ordine, e soprattutto senza sviluppo, sono prodotte nella sua • geometria sotto la forma di principii che il suo genio si contenta di svelare senza degnarsi di scendere a farne l'applicazione.
11 trattato di geometria di Descartes comparve in seguito del suo Metodo, non, come è stato detto, perchè non facesse alcun pregio di metodi di cui era l'inventore, e da cui la sua gloria doveva trarre il maggiore splendore, ma perchè era stato condotto dal ragionamento, o se vuoisi dalla speculazione metafisica alla scoperta de'suoi più bei teoremi.
Prima di Descartes eransi già fatti molti progressi nelle ricerche puramente algebriche. Era stata trovata la soluzione delle equazioni che oggi si dicono del terzo e del quarto grado; ma la notazione di cui si faceva uso era ancora grossolana e imbarazzata dai rapporti materiali mediante i quali s'introducevano nell'algebra le idee di lunghezza, di superficie, di solidità. Ora l'algebra è una lingua che ha per oggetto speciale e per utilità principale di esprimere puramente i rapporti astratti delle quantità. Bisognava dunque, per estenderla, cominciare a liberarla dalle conside! a-zioni estranee che la inceppavano; fu questo appunto il primo servigio che le rese Descartes, e la sua metafisica gli fu singolarmente utile in questa circostanza. Secondo l'antica limitazione dell'algebra, i prodotti successivi di una stessa quantità erano talvolta rappresentati colle" dimensioni della estensione, cioè con un quadrato e con un cubo Iti prospettiva, qualche volta colla lettera iniziale Q o C posta sopra la quantità, qualche volta finalmente colla ripetizione stessa della lettera per mezzo della quale era indicata la quantità. A tutte queste notazioni imbarazzanti e che ritardavano il pensiero, Descartes ne sostituì una chiara, semplice, generale, e soprattutto calcolabile. Immaginò di porre una cifra al dissopra delle quantità, e coi differenti valori di questa cifra indicò le sue diverse potenze. Per comprendere tutta l'importanza di questa scoperta non si ha che a gettare gli occhi sulle antiche formole e confrontare la loro estrema complicatezza colla forma semplice e, per così dire, palpabile che l'uso degli esponenti ha dato loro. L'oggetto dell'algebra è, come abbiamo detto, esprimere in un modo rigoroso i rapporti astratti delle quantità; la sua perfezione consiste nel metterli nella più chiara evidenza. Allora lo spirito, non dovendo più fare alcuno sforzo per comprendere questi rapporti, può portare tutta la sua sagacità, tutta la sua energia all'interpreta-
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