Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
387 DESCARTES RENATO
zione stessa dell'espressione algebrica alla quale si trova ridotto il quesito.
L'applicazione dell'algebra alla geometria, benché già introdotta in Italia da Marino Qhetaldi detto il Beete, è senza contrasto una delle più belle glorie di Descartes, per la generalizzazione dell'uso che ne seppe fare. Egli è il vero fondatore di quella scienza oggigiorno così feconda, conosciuta sotto il nome inesatto di geometria analitica. Prima di lui erasi per verità applicata l'algebra ai problemi della geometria, rappresentando le incognite del problema per mezzo di lettere, e cercando di risolvere le equazioni alle quali conduceva l'enunciato di ciascun problema. La scoperta di Descartes è di un ordine tutto diverso. Immaginò che la natura di ciascuna curva dovesse essere espressa e definita da una certa relazione tra due linee variabili, di cui l'una figurava le ascisse e l'altra le ordinate. Comprese che per trovare questa relazione era sufficiente lo scrivere in linguaggio algebrico una delle proprietà caratteristiche della curva; per esempio, pel circolo, che sia una curva piana, tutti i punti della quale siano egualmente distanti da uno stesso punto. Tale scoperta aveva questo di ammirabile, che, tradotta una volta in tal guisa in formola la natura della curva, non si trattava più di considerare in modo astratto l'equazione che ne risultava, per dedurne tutte le altre proprietà geometriche contenute implicitamente nella definizione primitiva. Questa deduzione, che presso gli antichi esigeva lo sforzo di mente il più penoso, e che spesso rassomigliava meno ad una ricerca diretta che ad una specie di divinazione, trovavasi così ridotta ad una facile interpretazione, e per cosi dire ad un giuoco, che, non esigendo alcuno sforzo dello spirito, gli permetteva d'applicarsi tutto a sviluppare le combinazioni della formola le più notabili e le più necessarie. Ma Descartes non si arrestò a questo punto : fece una scoperta inversa della precedente; e dopo aver insegnato ad esprimere e a conoscere le proprietà di una curva per mezzo di un'equazione algebrica, co siderò queste stesse equazioni come emblemi di curve che si tagliavano in punti le cui ascisse erano le radici delle equazioni. Una volta in possesso di questi metodi generali, potè enunciare in linguaggio algebrico e risolvere direttamente dei problemi geometrici che avevano fermato tutta l'antichità; come lo fa vedere egli stesso nella prima questione che prende a risolvere nella sua geometria ; e può ancora concepirsi come con questo segreto poteva ridersi della maggior parie delle questioni che imbarazzavano i matematici del suo secolo. La geometria di Descartes era difficilissima a leggersi pel suo tempo, ed egli stesso dice di non aver cercato di sviluppare molto i suoi metodi, per mostrare senza dubbio ai suoi nemici la sua superiorità per la difficoltà stessa che avrebbero ad intenderla. Oggigiorno questi metodi sono i primi che si pongono nelle mani della gioventù, e per questa ragione ci sembrano più facili ; ma dobbiamo però convenire che le cognizioni geometriche che si avevano prima di Descartes non erano, per così dire, che elementari relativamente alle sue; e soltanto dalle aggiunte che vi ha fatto deve segnarsi l'epoca di unarivoluzione che ha sì energicamente favorito i progressi della geometria. Il metodo delle tangenti, che diede in seguito, deve occupare un posto distinto tra le sue scoperte, sebbene dopo di lui se ne siano immaginati altri di un'espressione più semplice e più generale. Egli stesso parla del suo metodo con una specie d'entusiasmo. « Di tutti i problemi, dice egli, che ho scoperti in geometria, niuno ve n'ha che sia più utile e più generale, e di tutti è quello di cui ho maggiormente desiderato di trovare la soluzione ». In seguito Descartes propose nella sua corrispondenza un altro metodo per le tangenti ; ma tutti e due sono per altro fondati sugli stessi principii.
Fig. 2072. — Menato Descartes.
La scienza deve a Descartes la cognizione della natura e dell'uso delle radici negative, ed è il primo che le abbia introdotte nella geometria ; ha dato una regola per determinare dietro la sola ispezione dei segni il numero delle radici positive e negative; ed ha pure arricchito la storia di Harriot d'una scoperta, che le ingiuste critiche di Wallis non hanno potuto spogliare del suo carattere di originalità e di utilità agli occhi di tutti i geometri. Si sa che la limitazione di questa regola consiste nel non dovere l'equazione avere alcuna radice immaginaria. Descartes, come hanno preteso Wallis e Ro-berval, non ha ignorato questa limitazione, poiché egli stesso l'annunzia in un altro passo della sua geometria, dicendo che queste radici, cesi positive che negative, non sono sempre reali, ma qualche volta soltanto immaginarie.
Wallis ha ricusato a Descartes, collo stesso spirito d'ingiustizia, una scoperta molto importante nell'algebra, vale a dire il metodo dei coefficienti indeterminati, che consiste nel supporre un'equazione con dei coefficienti indeterminati, di cui si trova quindi il valore per mezzo del confronto dei suoi termini con quelli di un'altra equazione che deve essergli uguale.
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