Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DESIDERI (PADRE) IPPOLITO — DESIDÈRIO
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e le opere dei santi Padri, finché le venne fatto di fuggire mediante l'ajuto del marito. Poco dopo entrambi vennero presentati a Luigi XIV, e madama Deshoulières, che per altra parte era dotata di gran bellezza, fu bentosto riguardata come uno degli ornamenti della letteratura. Infatti ella scrisse molte poesie, le quali, qualunque fesse il loro pregio, unite alle altre sue qualità, la resero oggetto di adorazione ai poeti contemporanei, che nel loro entusiasmo la onorarono del nome di decima Musa. Ma avendo Racine e Pradon scritto tutti e due una tragedia sul soggetto della Fedra, la Deshoulières perdette alquanto di credito parteggiando per l'ultimo e scrivendo una satira contro il primo. Racine però fu ben presto vendicato, giacché la Deshoulières si arrischiò a dare una tragedia (il Genserico), che fu male accolta dal pubblico.
Scrisse tuttavia alcuni altri componimenti drammatici, ma tutti col medesimo successo, sicché le fu consigliato di tornare ai suoi agnellini, poiché la poesia pastorale era la sola per cui paresse fatta. La morie del marito, cui era grandemente affezionata, le fu occasione di uno de' suoi idillii più popolari ; e certo la sua riputazione sta tutta in pochi idillii, le altre sue opere essendo oramai totalmente dimenticate. Mori nel 1694, lasciando una figliuola che venne pure in qualche celebrità come poetessa, e le cui opere si trovano spesso insieme con quelle della madre, le quali ebbero l'onore di molte edizioni.
DESIDERI (padre) Ippolito (biogr.). — Illustre missionario viaggiatore, nato a Pistoja nel 1684 ; morto a Roma nel 1733. Apparteneva alla Compagnia di Gesù e fece parte d'una missione inviata nel 1712 al Tibet. Egli sbarcò a Goa e trasferissi nel gennaio del 1714 a Surate, ove dimorò qualche tempo ed apprese le lingue orientali. Appresso raggiunse a Delhi il padre Freyre, e amendue si misero in via per Lahore, donde dopo lunghi travagli guadagnarono il Cascemir. Desideri cadde colà ammalato per sei mesi, non potè riporsi in via che nel maggio del 1715 e giunse nel luglio a Latac, città del Butan.
Questi missionarii vi furono dapprima benissimo accolti fin anco dai lama (sacerdoti di quei paesi) ; ma più tardi furono tenuti in conto di spie, per denuncia di molti mercanti che temevano pei loro interessi commerciali. Desideri non attese i risultati di questa gelosia e guadagnò, col padre Freyre, Lassa, capitale del Tibet, ove giunse nel marzo del 1716. L'ardore del suo zelo non tardò ad alienargli lo spirito della Corte e dei rappresentanti delle varie religioni, soprattutto dei missionarii cappuccini. Nonostante numerose avanie, egli tenne il fermo fino al 1727, in cui papa Benedetto XIII stimò opportuno richiamarlo in Europa, e gli vietò far ritorno al Tibet. Desideri sollecitò »anamente contro i Cappuccini; le sue richieste furono respinte ed egli stesso mori a Roma, senza aver potuto far togliere il decreto papale. Abbiamo di lui molte lettere inserite nelle Letlres édifìantes (voi. xii) e nella Bibliotheca Fistoriensis di Zaccaria: egli narra in esse i suoi varii viaggi e fa conoscere regioni non mai premute da piede europeo; ma egli trascura i costumi e l'istoria peroccuparsi delle credenze. Egli tradusse anche in latino il Kangiar o Sohorin, la Bibbia del Tibet scritta in 108 volumi da Joukaba. I manoscritti di Desideri sono rimasti nella biblioteca del collegio della Propaganda a Roma.
DESIDERIO (etic.). — Sentimento che trae l'animo verso un oggetto, sia che torni necessario al conseguimento dei fini delle di lui facoltà, sia che consista in una semplice fonte di piacere. La moderazione dei desiderii crea la moderazione dei bisogni, e conferisce quindi alla felicità. La quale sentenza però non va intesa cosi assolutamente, da condurre al cinismo od all'ascetismo. La storia e l'osservazione ci mostrano che i popoli i quali si contentano troppo agevolmente delle loro condizioni sono condannati alla barbarie; mentre la civiltà è il privilegio delle genti le quali ai già riportati trionfi fanno succedere nuovi sviluppi della loro attività.
DESIDERIO (biogr.). — Fratello di Magnenzio, che
10 creò cesare, e lo mise poco dipoi a morte, quando
11 tiranno, vedendosi a mal partito, uccise, in un trasporto di furore, tutti i suoi consanguinei ed amici, e da ultimo, per non cadere in mano al rivale, se stesso. Secondo Zonara però Desiderio non fu ucciso, ma soltanto ferito gravemente, e si arrese dipoi a Costanzio.
Vedi : Zonar. (xiu, 9) — Giul., Orat.
DESIDERIO (biogr.). — Ultimo re dei Longobardi; la sua patria fu Brescia, e prima di salire al trono credesi fosse duca d'Istria. Morto nel 756 Astolfo senza prole maschile, Desiderio, trovandosi in Toscana, ove era stato poco innanzi inviato da quel re, inanimito dal forte numero de'suoi aderenti ad aspirare al regno, recossi con essi alla Dieta della nazione per esservi eletto re. Ma in quella Rachis, fratello maggiore di Astolfo, il quale, re prima di lui, erasi fatto monaco lasciando il regno, lo ambisce di nuovo, esce dal chiostro, fa raccolta di uomini e va contro Desiderio. Questi si volta al papa Stefano II, il quale, fattogli promettere che consegnerebbe le città già occupate da Astolfo e non rilasciate dappoi, consente a favorirlo, e consiglia a Rachis di ritornarsene a Montecassino. Rachis dà retta al papa, e Desiderio, sul principio del 757, assunta l'asta del regio potere, rimane re dei Longobardi.
Già aveva Desiderio cominciato a mandare ad effetto le sue promesse, quando il papa, fedele alla sua politica, cercava ad ogni potere di alienare dalla devozione di lui i due potenti duchi di Spoleto e di Benevento, istigandoli a sottomettersi a Pipino re dei Franchi (Cod. Carol., epist. 8, 15). Queste mene cominciate da Stefano li o III e continuate dal suo successore Paolo I non poterono star celate a Desiderio, il quale ne arse di grandissimo sdegno, per cui non solo desistette dalla restituzione delle quattro città che ancor rimanevano a consegnarsi alla santa Sede, e perseguitò colle armi i duchi collegati di Paolo e dei Franchi, ma ancora conchiuse lega coi Greci, nella quale si obbligava di ajutarli a togliere Ravenna al papa, purché con una flotta aiutassero lui a far prigione il duca di Benevento, rifuggitosi ad Otranto. Ad onta però che le cose fossero a questo segno, le preghiere
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