Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
diagramma
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e poi la si lascierà espandere secondo l'adiabatica IBN. Ma non sarà sempre possibile che la sorgente calorifica abbia tal forza da somministrare tutto il calore necessario ad aumentare a volume costante la pressione vaA di tutta la quantità AI ; converrà però sempre aumentare questa pressione a volume costante di tutta la quantità compatibile colla sorgente, per esempio da A fino in L, e da L passare all'incontro dell'adiabatica BN, procurando almeno che niuna parte di calore resti inutilmente impiegata nel variare la temperatura della massa fluida, facendola cioè espandere secondo una isotermica LP tino all'incontro dell'adiabatica PBN, lasciando che indi si espanda secondo questa. E qualora la sorgente fosse appena sufficiente per dare al fluido la pressione ed il volume corrispondente allo stato A, converrà cominciare dallo stato A l'espansione del fluido secondo una isotermica fino all'incontro dell'adiabatica BN. Con analogo ragionamento si proverebbe che per comprimere la massa gasosa facendola passare dallo stato B a quello A colla minima perdita di calore, ossia col minimo lavoro esterno esercitato sul fluido, converrà far discendere a volume costante 0Vb la pressione dal punto B fino al punto E, perchè possa poi operarsi la compressione secondo l'adiabatica EA ; e qualora la diminuzione di pressione da B in E a volume costante non possa aver luogo per poca potenza del refrigerante B, converrà far discendere la pressione sempre a volume costante quanto più sarà possibile, per esempio da B in Q, poi fare passaggio all'adiabatica EA per mezzo di una isotermica QU, quindi da U in A, secondo l'adiabatica del punto A.
Riassumendo le precedenti considerazioni, si conchiude che, per ricavare dalle evoluzioni di un fluido tra due date sorgenti di calore la quantità di lavoro esterno più grande possibile, esercitando ad un tempo sul fluido il minimo lavoro esterno per ricondurlo dal refrigerante al forno, conviene far uso di linee delle pressioni, di espans'one e di compressione, adiabatiche, finché riesce possibile, e poi isotermiche; essendo nelle linee adiabatiche il lavoro sviluppato dal gas intieramente a spese del suo calore proprio, e nelle isotermiche il calore che bisogna somministrare al fluido trasformandosi tutto in lavoro, e niuna parte restando inutilmente impiegata a farne variare la temperatura. Il miglior diagramma adunque del lavoro esterno od utile di una macchina calorica sarà quello rappresentato dalla fìg. 2085. I punti A e C indicano rispettivamente lo stato iniziale e finale del fluido, vale a dire nel punto A il fluido ha la temperatura stessa della sorgente superiore, ed in C la temperatura è quella stessa del refrigerante, e come oltre A non è possibile far salire la pressione del fluido a quel volume e con quel forno, cosi al di sotto di C non sarà possibile far discendere la pressione del fluido sotto quel volume e col refrigerante di cui devesi servire. Quindi dal punto A si farà espandere il fluido secondo la curva isotermica A B, per modo che il fluido arriverà al punto B colla temperatura stessa T del forno; dal punto B di incontro dell'isotermica detenninata dal punto A colla adiaba-tica determinata dal punto C, la successiva dilatazione del gas avrà luogo secondo l'adiabatica BC.
A partire dal punto C, ove termina la evoluzione diretta e comincia l'inversa, ossia la corsa retrograda del diagramma, il fluido dovrà venire compresso dapprima secondo l'isotermica del punto C, che ha la temperatura t del refrigerante, prolungata fino all'incontro dell'adiabatica determinata e condotta dal punto A ; il secondo periodo di compressione si eseguirà quindi secondo questa adiabatica DA sino al punto di partenza A.
Fig. 2085.
Nel motore in cui effettivamente avessero luogo questi successivi cambiamenti di stato del fluido, quali vengono da quel diagramma descritti, la massima parte del calore presa dal forno sarebbe utilmente spesa, ossia convertita in lavoro esterno, nissuna parte di calore fermerebbesi nel gas allo stato di calore sensibile, ed una parte minima si perderebbe nel refrigerante o condensatore ; si è a questo motore che applicasi dai termodinamici il nome di macchina calorica perfetta; esso chiamasi eziandio motore a fuoco teorico, per l'impossibilità di praticamente realizzarlo, non essendo effettivamente possibile il dilatare o comprimere qualsiasi corpo precisamente secondo isotermiche e secondo adiabatiche, se non per istanti brevissimi, o, come dicesi, per elementi di tempo, motivo per cui ebbe eziandio il nome di macchina calorica elementare. Nel diagramma descritto si ha però il limite di perfezionamento, verso cui tendono tutte le macchine motrici a fuoco adoperate nell'industria.
Se per mezzo dei diagrammi si giunge alla rappresentazione grafica di tutte le macchine a fuoco praticabili, anche l'analisi, permettendo di esprimere con formole le quantità di calore necessario a produrre un dato lavoro con un fluido elastico qualsiasi, fornisce a sua volta le stesse indicazioni elei diagrammi, e la rappresentazione analitica degli stessi motori. Qualunque sia la natura del fluido assoggettato fra due sorgenti di calore, dicendo Q la quantità di calore comunicata al medesimo dalla sorgente nel primo periodo di espansione AB (fig. 2085) per produrre il lavoro esterno,
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