Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
diamante
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medesima soluzione immersa in un'altra più concentrata va a risentire un'attrazione minore della spinta esercitata da quest'ultima che è soggetta ad un'attrazione magnetica maggiore della prima. Nella stessa guisa, per esempio, un bastone di vetro è attratto nel vuoto e respinto nell'ossigeno, perchè questo gasse essendo attratto con maggior forza del vetro, esercita su desso una spinta maggiore. L'ipotesi di Becquerel non manca di un certo fascino, ma non resistè ad un profondo esame, poiché non abbraccia la generalità dei fatti diamagnetici, e per essa rimarrebbe inesplicato il diamagnetismo, per esempio del bismuto nel vuoto, giacché converrebbe supporre in azione la forza magnetica dell'etere universale, cosa non peranco abbastanza provata in questo genere di fenomeni. Plttcker si appoggia pure al principio di Archimede nella spiegazione dei fenomeni diamagnetici, ma non disconosce l'azione diamagnetica esistente da sè. Egli si limita a spiegare con quel principio i fenomeni dei corpi immersi ed a rendere ragione del perchè corpi magnetici nel vuoto possono diventare diamagnetici immersi che siano in fluidi più magnetici di loro, o nel caso opposto perchè corpi diamagnetici nel vuoto divengano magnetici quando siano immersi in fluidi meno magnetici.
DIAMANTE (chim., min. e tecn.). — Il diamante (iadamas dei Latini, aìmas degli Orientali) non è altro che la materia pura contenuta nel carbone comune, cioè il carbonio puro cristallizzato in circostanze di cui la natura sola possiede il segreto. Liebig suppone che il diamante derivi dalla scomposizione lenta, pervia umida, in natura, di qualche materia oltraricca di carbonio, che andò deponendo il suo carbonio in modo da restare cristallizzato. Si attribuisce comunemente a Newton la scoperta della vera natura del diamante ; tuttavia Boezio di Boot fu fl primo a presentire, nel 1609, che questo minerale potesse essere un corpo infiammabile. L'Accademia fiorentina fin dal 1694 scoperse come il diamante sotto il fuoco di un forte specchio ustorio si consumasse; Lavoisier fu però il primo a riconoscerne la combustibilità. Davy, nel suo soggiorno a Firenze (marzo 1814), istituì ancora parecchie spe-rienze sulla combustione del diamante, valendosi della lente di cui l'Accademia fiorentina aveva fatto uso, nel 1694, per provare l'azione dei raggi solari sopra lo stesso corpo. L'apparecchio adoperato da questo celebre chimico è il seguente. Al collo di un pallone di vetro si adatta un allungatore al quale è fissata internamente una verghetta di platino che sostiene una bacinella pertugiata di forellini od un cestellino, fatti di lastra o di filo dello stesso metallo, entro cui si colloca il diamante da cimentarsi. L'allungatore è munito di una chiave che si avvita sopra di una tromba pneumatica. Fatto il vuoto nel pallone, si chiude la chiave per levarlo ed avvitarlo sopra una campana ripiena di gas ossigeno ; aprendo la chiave, il pallone si empie di questo gas: dopo ciò si chiude come prima. 11 diamante così immerso nel gas ossigeno ed esposto ai raggi del sole concentrati dalla lente ustoria, in capo a qualche tempo si accende e brucia con una fiamma rossiccia, brillante, visibile alla più viva luce del sole, e che non cessa quantunque si rimuova il corpo dal fuoco della lente.
Quando è compiuta la combustione, si lascia raffreddare il pallone nella stessa temperatura che aveva prima dell'esperienza. Allora si apre la chiave, dopo di avervi invitato un tubo di vetro che peschi in un bagno di mercurio, e si osserva che il metallo non s'inalza e non entra nel pallone, nè si deprime nel tubo. I risultamenti di questa sperienza, condotta colle più minute precauzioni, hanno dimostrato che il prodotto della combustione del diamante è esattamente la stessa quantità di acido carbonico che darebbe un ugual peso di carbonio, e che l'acido carbonico proveniente dalla combinazione del carbonio coll'ossigeno occupa esattamente lo stesso volume del gas ossigeno che contribuisce alla sua formazione.
La combustione del diamante si fa anche per altri mezzi, cioè collocando polvere di diamante in navicella di platino che sia tenuta rovente ; arde di viva luce, e genera acido carbonico; ovvero scaldando la detta polvere con un misto di acido solforico e di bicromato di potassa. Svolgesi un gas, che, raccolto, dimostra di essere acido carbonico.
11 diamante è il più duro di tutti i corpi conosciuti, e diventa il più brillante quando sia stato lavorato e pulito; d'onde il nome di adamantino che si dà allo splendore vivissimo e particolare per cui si distingue dagli altri corpi.
Il diamante grezzo presenta comunemente una superficie appannata e scabra; spesse volte le facce dei cristalli sono ingombre di profonde scanalature, e i lordati sono generalmente convessi. A malgrado di queste imperfezioni e delle molteplici faccette che ricoprono la maggior parte dei cristalli, la forma geometrica che è l'ottaedro regolare, si riproduce sempre con facilità per mezzo del clivamento. Raramente s'incontra il diamante allo stato amorfo o senza alcune faccette cristalline; le sue diverse forme non sono molto numerose, ma quasi tutte hanno una notevole particolarità, quella di avere le facce alquanto convesse, e per conseguenza gli spigoli curvilinei. 11 cubo è una varietà sommamente rara ; il dodecaedro romboidale non è cosi difficile a trovarsi; le forme sferoidali sono le più comuni. I diamanti in grani rotondati sembrano essere il prodotto di un'alterazione determinata da una cristallizzazione stentata.
Il diamante, che per la sua durezza scalfisce tutti gli altri corpi, è tuttavia molto fragile, poiché si spezza facilmente quando sia colpito nel verso delle sue faldature naturali. Il suo peso specifico, che è di 3,5 circa, è inferiore a quello di alcune pietre preziose, quali sono i saffiri (corindoni) e i giacinti (giargoni).
La maggior parte dei diamanti sono limpidi e incolori; però ve n'ha alcuni che sono colorati di qualche tinta particolare, cioè di roseo, giallo, ran-ciato, azzurrognolo, verdastro, e talvolta di nero o bruno. I diamanti rosei sono rari e pregiati quanto i limpidi e scoloriti. ì diamanti neri o bruni portano nel commercio il nome di diamanti savojardi.
L'altissimo valore attribuito al diamante fra tutte le pietre preziose stimolò da gran tempo i chimici a cercar modo di ottenerlo, isolando il carbonio dalle sue combinazioni e procurandone la cristallizzazione. Moltissimi furono gli sperimenti tentati*
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