Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      diamanteNell'immensa quautità di diamanti forniti dal Brasile, non se ne cita alcuno di straordinaria grossezza. All'epoca del viaggio di Maw la collezione del re a Rio-Janeiro era di 5000 carati del valore di 72 milioni di lire, ed il più voluminoso di questi diamanti giungeva soltanto al peso di 96 carati circa.
      Gli antichi conoscevano il diamante, e molti secoli prima di Plinio esso era già riguardato siccome la più preziosa di tutte le produzioni della natura. Fu creduto per lungo tempo una sostanza inalterabile dal fuoco e resistente all'urto del martello. Omero non ne fa menzione nei suoi poemi. Plinio ne racconta le proprietà favolose, e distingue sei specie di diamanti sotto i seguenti nomi : diamante delle Indie, d'Arabia, di Cenchros, diamante di Macedonia, di Cipro e Siderite ; si scorge facilmente che i due ultimi non erano veri diamanti ; parla inoltre dei diamanti d'Africa. Sappiamo diffatti che i Cartaginesi facevano un gran commercio di diamanti provenienti dall'interno dell'Africa, ma si ignora dove se ne facesse la estrazione.
      Lavoro del diamante. — Stando al racconto di Plinio il naturalista, gli antichi conoscevano l'uso delle punte e della polvere di diamante per lavorare le pietre dure, al qual uso siamo debitori dei loro intagli e dei loro magnifici cammei ; ma non avevano alcuna nozione del modo di affaccettare i diamanti, cosicché si adoperavano quali uscivano dal seno della terra.
      L'arte di lavorare i diamanti è nata da un'osservazione fatta nel 1476 da Luigi diBerchem, il quale s'avvide che due diamanti sfregati fortemente l'uno contro l'altro si logorano e si riducono mutuamente in polvere. Perciò si affaccetta e si pulisce il diamante con polvere di diamante imbevuta di olio d'oliva. Si eseguisce quest'operazione adoperando una mola d'acciajo assai dolce. Il diamante che si dee pulire ò fissato con mastice o con istagno fuso in una specie di conchiglia posta all'estremità di un bastoncino di rame. Questo bastoncino è afferrato da una morsa formata di due ganasce che si stringono l'una contro l'altra per mezzo di una vite. Premendo il diamante contro la mola, alla quale s'imprime un moto rapidissimo di rotazione, dopo di averla spalmata colla detta polvere imbevuta d'olio, si lavorano le faccette l'una dopo l'altra facendo girare il bastoncino, al quale si dà l'inclinazione richiesta.
      Si abbrevia l'operazione de\Y a ffaccecatura approfittando della direzione delle lamine del diamante per istaccare alcune parti tutto all'intorno, ciò che si eseguisce applicando un colpo leggiero sopra di uno strumento tagliente collocato nel senso delle lamine di sovrapposizione. Ma questo processo esige molta cautela a motivo della fragilità del diamante. Più comunemente si segano i diamanti col mezzo di un filo di ferro molto sottile intonacato di polvere di diamante umettata con aceto o con olio di oliva. Quando il solco è divenuto abbastanza profondo si può ricorrere, come nel primo caso, all'ajuto di uno strumento tagliente. Questa operazione dicesi sfaldatura.
      I diamanti che non sono capaci nè di pulimento nè di clivamento s'impiegano a fare la polvere di diamante, e sono detti diamanti di natura.
      Il diamante si lavora a rosa od a brillante.
      Il diamante rosa è piano al di sotto; la parte superiore s'inalza a cupola ed è affaccettata. Nel centro si pongono per lo più sei faccette triangolari che si uniscono pei loro vertici ; dalle loro basi, ma in direzione inversa, parte un altro ordine di triangoli i cui vertici vanno al contorno tagliente della pietra, che dicesi sfaccettato, lasciando tra di loro alcuni spazii che sono pure tagliati in due faccette. Lavorato a questo modo il diamante rosa presenta ventiquattro faccette; la superficie più elevata chiamasi la corona; quella che fa il giro al di sotto della prima si distingue col nome di dentello.
      Il brillante è sempre per lo meno tre volte più grosso del rosa. La grossezza del diamante è divisa in tre parti uguali ; una di esse si conserva per la parte superiore ; le due rimanenti formano la parte inferiore che dicesi fondo. La punta o tavola è a otto facce ; il contorno è tagliato a faccette, le une triangolari, le altre a trapezio; il fondo è anch'esso lavorato a faccette, che diconsi padiglioni. Il brillante a confronto del diamante-rosa dà effetti di luce infinitamente più svariati a motivo della diversa affaccettatura. Per lavorarlo si fanno sulla parte superiore trentadue faccette di figura diversa e diversamente inclinate intorno alla tavola. Sulla parte inferiore si fanno altre ventiquattro faccette, che al pari delle precedenti presentano varie forme e sono inclinate sotto angoli differenti. Queste faccette sono disposte intorno ad una piccola tavola, che dà al fondo la figura di una piramide tronca. È cosa essenziale che le faccette di sotto corrispondano a quelle di sopra e che la simmetria sia perfetta; cosi non sarà falso il loro lume, e per le molteplici riflessioni e rifrazioni appariranno bellamente i colori dello spettro solare.
      La polvere di diamante serve ugualmente per lavorare certe pietre preziose, come i rubini, i saf-tiri e i topazii d'Oriente. Queste pietre si affaccettano colla detta polvere bagnata d'olio di oliva sopra una mola di rame ; quindi si puliscono le faccette sopra un'altra mola dello stesso metallo con tripolo stemperato nell'acqua.
      Le altre pietre preziose naturali od artificiali si lavorano nella stessa maniera, variando le mole e le sostanze sfreganti col variare della loro durezza. Gli smeraldi, i giacinti, le amatiste, le agate si affaccettano 6opra una mola di piombo con ismeri-glio ed acqua, e si puliscono sopra una mola di zinco con istagno calcinato ed acqua. Le pietre più tenere si affaccettano con ismeriglio ed acqua sopra una mola di legno duro, e si puliscono con tripolo ed acqua sopra un'altra mola di legno.
      Diamante dei vetrai. — Il diamante non è solo oggetto di lusso, ma si applica utilmente a molti usi delle arti. La sua grande rifrangibilità e la sua bella trasparenza lo fanno impiegare nella costruzione di alcuni stromenti ottici, e specialmente delle lenti pei microscopii. Gli orologiai lo preferiscono, per la sua estrema durezza, a qualunque altra sostanza per formare gli scudetti in cui girano i perni dei pezzi più dilicati degli oriuoli. Si è proposto di adoperarlo nelle filiere, le quali presenterebbero allora il vantaggio di una lunga durata e di essere
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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