Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DIAMANTE — DIAMANTE (FRÀ.)
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invariabili nel loro diametro. I vetrai ne fanno uso per tagliare e forare il vetro.
La proprietà di cui gode il diamante di tagliare il Tetro con molta facilità non è solamente dovuta alla sua durezza, ma dipende in gran parte, siccome ha osservato Wollaston, dalla sua forma cristallina. I diamanti lavorati sono terminati da facce piane e per conseguenza hanno gli spigoli rettilinei. Ma i diamanti naturali, che sono quelli di cui fa uso il vetrajo, hanno, come abbiam notato da principio, le facce alquanto convesse; quindi gli spigoli riescono curvilinei e qualche volta taglienti ed allungati. La loro sezione perpendicolare rappresenta allora quella di un cuneo colle superfìcie curve. Se si dispone il diamante di maniera che la linea secondo cui si deve tagliare il vetro sia tangente dell'estremità dello spigolo curvilineo, e se le due facce curve adjacenti a questo spigolo sono egualmente inclinate alla superficie del vetro, si avranno le condizioni necessarie per ottenere un taglio vivo e netto. La profondità alla quale penetra nel vetro la solcatura prodotta dal diamante non sembra oltrepassare 1/3000 di pollice, ma il cuneo anzidetto, dopo di essere entrato in questa piccola fenditura, vi determina una pressione laterale per cui rimane diviso il vetro. I diamanti che non hanno gli spigoli curvilinei segnano si il vetro, ma non lo incidono, e perciò non ne ajutano il facile spezzamento.
Le pietre dure e semplicemente acute scalfiscono il vetro senza tagliarlo, tuttavia acquistano la stessa proprietà del diamante ove se ne rendano curvi gli spigoli ; la sola differenza consiste nella minor durata, perchè si logorano più facilmente in ragione della loro minore durezza.
Sembra assai probabile che la durata singolare dell'azione dei diamanti taglienti sia dovuta ad una durezza maggiore nella direzione degli spigoli naturali di questo cristallo che in qualunque altro verso. Quivi i diamanti lavorati a facce curve, i quali possono tagliare perfettamente il vetro, dureranno molto più a lungo se lo spigolo tagliente si troverà disposto nel senso di uno degli spigoli naturali.
I diamanti più atti a tagliare il vetro sono gli ottaedrici deformi e compressi; un solo spigolo curvo e tagliente limitato da due spigoli laterali basta per quest'uso. Scelto il diamante, si adatta in un piccolo parallelepipedo metallico e vi s'incassa solidamente. Lo spirito tagliente deve disporsi nel verso della lunghezza del parallelepipedo; si conguaglia la sua superficie con quella dell'armatura, inalzando sensibilmente il tagliente al di sopra di questa nella direzione dei due spigoli laterali; finalmente si adatta un piccolo manico sulla faccia del parallelepipedo opposta a quella ove si è fissato il diamante. Tutti i diamanti che si adoprano dai vetrai non hanno la detta forma, ma si debbono scegliere quelli che maggiormente vi si avvicinano. Il diamante disposto nel modo indicato non può tagliare altramente che andando dalla parte più vicina al metallo a quella che n'è più lontana.
I diamanti che non presentano le condizioni necessarie a tagliare il vetro possono servire ad incidervi lettere 0 disegni, purché abbiano una punta unita, Se trattasi di linee come quelle che si vedonosulle campane o tubi di vetro graduati, basta una punta semplice ; ma per iscrivere nomi o cifre bisogna adoperare una punta più larga in un senso che nell'altro, il cui tagliente sia obliquo, affinchè si possano facilmente eseguire le linee più grosse e le più sottili girando fra le dita lo stile in cui è incassato il diamante.
Per forare il vetro e le pietre dure si dovrà scegliere un pezzetto di diamante appuntito ed a spigoli vivi. Questa punta incassata in un pezzo di acciajo con succo d'aglio e fissata all'estremità di un manico si adopera a guisa di saetta da trapano, facendola girare rapidamente coll'archetto 0 col tornio.
DIAMANTE (archit. mil.).— Opera difensiva usata principalmente nei fossi delle fortificazioni antiche; cbiamossi con altro nome Carbonaja (V.), e consisteva in una fossa od in un pozzo scavati per maggior sicurezza sui fianchi, sulla fronte od anche alla gola di alcune opere di fortificazione.
Lungo le muraglie delle gallerie difensive, i diamanti vietavano al nemico l'accesso alle archiere ed alle cannoniere, cosicché non potesse far fuoco nell'interno o gettarvi fuochi artificiali puzzolenti.
Nei fianchi ritirati a' piè delle p:azze basse e delle casematte dei bastioni si facevano i diamanti affinchè, nonostante la minore altezza di queste opere, il coipo di piazza non andasse soggetto alla scalata. Tali diamanti avevano comunemente da 9 a 12 metri di larghezza e 6 di profondità.
Laddove vogliasi rafforzare un muro di cinta o un terrapieno in luogo stretto d'assedio, gioverà pur sempre munirlo di diamante.
DIAMANTE (geogr.). — Comune calabrese,provincia di Cosenza, circondario di Paola, con 1839 abitanti.
DIAMANTE DI ALENfON [min.). — Si dà volgarmente questo nome a certi cristalli di quarzo jalino (V. Qaarzo) estremamente limpidi, che s'incontrano nelle sabbie granitiche di Alen^on e di molte altre località. Ma questi cristalli si distinguono facilmente dai veri diamanti per il loro debole splendore, e meglio ancora per la loro forma, che risulta dalla riunione di due piramidi a sei facce.
DIAMANTE (frà) {biogr.).— Di questo illustre pittore della scuola fiorentina brevemente parla il Vasari nella vita di frà Filippo Lippi, dicendo che fu suo compagno e novizio insieme (sendo dello stess'ordine del Cannine), che fecegli imparar l'arte della pittura, che seco lavorò di molto, e che della maniera sua, imitandola assai, si fece onore, perchè et venne a ottima perfezione. Alle quali poche notizie altre poche ne aggiunge il Baldanzi nella Relazione delle pitture di frà Filippo nel coro di Prato. Secondo lui, frà Diamante sarebbe nato poco dopo il 1400, in Prato. Le molte pitture da esso operate ili patria nel Carmine, oggi cercherebbonsi invano, a cagione dei restauri e cangiamenti seguiti nel soppresso convento. Sembra però che sia di sua mano una tavola rappresentante San Girolamo nel deserto con Santa Tecla martire ed il Precursore ai lati, posseduta al presente dalla famiglia Berti di Prato, tutta della maniera del Lippi. Ma ciò che diede al frate pittore grande rinomanza fu la cappella di Nostra Donna nel duomo di Spoleto, dove operò con frà Filippo, e questo morto, condusse a termine tutto il lavoro nel 1740, e n'ebbe
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