Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIANA DI POITIERS — DIANELLAi soldati alle loro fazioni, e prende tal nome dalla stella Diana che suole apparire in quell'ora.
Nella marina si batte la diana per circa un quarto d'ora sui bastimenti da guerra, poi si tira un colpo di cannone, tanto alla vanguardia dei porti militari prima di aprirne l'ingresso, quanto in rada a bordo della nave comandante. La diana si batte ancora, universalmente parlando, nel servizio del campo ; e presso molte nazioni si batte pure nelle piazze forti, nelle città murate, nelle caserme, ecc. In Francia quest'uso è stato dimesso.
DUNA DI POITIERS (biogr.). — Figliuola di Giovanni di Poitiers, signore di St-Vallier, nata nel 1499. Maritata di tredici anni a Luigi de Brézé, nipote, dal canto della madre, di Carlo VII e di Agnese Sorel, rimase vedova in età di trentun anno, e più non depose le insegne vedovili per tutta la vita, a malgrado dell'alto favore di cui godette poscia alla Corte di Francia. Suo padje, condannato a morte come implicato nella rivolta del contestabile di Borbone, fu salvato per le intercessioni di lei presso Francesco I. Questa grazia ottenuta da una donna giovine e bella ai piedi di un re conosciuto per la sua galanteria, ha fatto mettere Diana nel novero delle belle di Francesco I, benché non sia provato ch'ella comprasse la vita del padre a spese dell'onore. Ella era bensì l'amica e la padrona assoluta . del cuore del Delfino, non ostante ch'egli avesse diciotto anni meno di lei ; e questa affezione non fu interrotta dal matrimonio di lui con Caterina de'Me-dici ; anzi la Corte rimase divisa tra la duchessa di Etampes, favorita di Francesco I, e Diana, favorita del figliuolo, finché questi, sotto il nome di Enrico II, salì al trono nel 1547. Allora ella fece esiliare la duchessa, e, il suo potere non avendo più limiti, diede libero sfogo a tutti i suoi capricci, mostrandosi avara, imperiosa, vendicativa e talvolta anche crudele. Nel 1548 Enrico la creò duchessa di Yalen-tinois, continuando sino alla sua morte ad essere schiavo delle sue volontà, comportandosi peraltro in un modo tale da far dubitare se le loro relazioni non fossero quelle di una semplice amicizia. Diana, enormemente ricca, impiegò una parte delle regie liberalità ad abbellire il castello d'Anet, il quale divenne uno dei più bei monumenti dell'architettura moderna che si fossero veduti in Francia, e in cui ella andò a passare il rimanente de' suoi giorni quando Enrico II mori, in luglio del 1559, in conseguenza della ferita riportata in un torneo. Caterina de'Medici non tardò allora a cacciarla dalla Corte, senza però molestarla nella sua solitudine. Quivi abbandonata da tutti i cortigiani, tranne dal contestabile di Montmorency, ella sopportò con fermezza e coraggio quel genere di vita per lei così nuovo, sino alla sua morte, avvenuta al 22 d'aprile del 1566. Nella chiesa d'Anet vedevasi un monumento che le era stato eretto con una statua di marmo bianco, opera di Giovanni Goujon. Esso fu trasportato a Parigi durante la rivoluzione e posto nel museo dei monumenti francesi.
DIANCORA (Dianchora) (paleont.). — Genere di conchiferi fossili, stabilito da Sowerby nella sua Conchiliologia minerale, i cui caratteri sono : conchiglia delicata, aderente, regolare, simmetrica, squilaterale, subauricolata, inequivalve ; una valvaconcava di dentro e convessa di fuori, l'altra schiacciata; cardine composto di due condili discosti Cuvier nel Regno animale colloca questo genere tra pachytes e podopsis, Blainville tra plagiostoma e podopsis, e Rang tra pecten e pedum. Deshayes, nella sua edizione di Lamarck, dopo di aver notato che pachytes fecesi a spese di plagiostoma, dice che un esame da lui fatto intorno alle specie lo persuase dell'identità dei generi, e che lo stesso esame rispetto a dianchora lo ha convinto che i caratteri dell'ultimo genere sono identici con quelli di pachytes e podopsis. Ricerche ulteriori lo fecero conchiudere che i cosi detti generi di podopsis, dianchora e pachytes non sono altro che spondyli, le cui lamine interne sonosi disciolte lasciando nude le lamiue esterne o coniche (V. Spondilo). La stampa che qui rechiamo darà un'idea della forma di una delle specie così dette.
Fig. 2096. — Diancora striata.
DIANDRIÀ (Diandria) (hot.). — Nome composto di due voci greche che nella nostra lingua significano due mariti, e adoperato da Linneo per indicare la seconda classe del suo sistema sessuale, in cui si comprendono le piante che hanno due soli stami, ossiano mariti, secondo il linguaggio metaforico di questo grande naturalista. Ne somministrano esempi la salvia, la veronica, il gelsomino, ecc. La diandria comprende tre ordini, tratti dal numero dei pistilli (V. Sistema).
DIANDRO (boi.). — Fiore che ha due stami (gelsomino, veronica, salvia).
DIANELLA (Dianella) (ihot.). — Genere di piante appartenente all'esandria monoginia del sistema linneano, alla famiglia delle asparaginee, i cui caratteri sono: perigonio a sei divisioni profonderli cui le tre interne sono alterne colle tre este iori; sei stami coi filamenti brevi, ingrossati alla sommità terminata da un'antera lineare ; ovario superiore, globuloso, depresso nel suo centro: stilo e stimma semplici; cassula bacciforme, oblunga, a tre logge, contenenti ciascuna quattro o cinque semi neri e lucidi.
Questo genere, stabilito da Lamarck, comprende circa dieci specie, native quasi tutte della Nuova Olanda, state già riferite da Linneo al genere dra-c
Dianella turchina (dianella ccerulea Sims.). — Fusto tortuoso, alto da 6 a 9 decim.; foglie distiche, ensiformi, glabre, di color verde carico, carinate,
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