Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      diatomici corpi — diavolo
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      Spettano alle specie filiformi, cioè fatte di frustoli congiunti sotto forma di fascie o di cerchi, i generi méloseira diatoma, fragtIlaria, meridion, ecc. Appartengono alle diatomee frondose stipitate i generi gomphonema, cocconema, cymbclla, navicala, ecc.
      Fig. 209é. — Caratteri delle diatomee.
      1. Filamento di diatoma vulgate Bory ; a) frustolo a parte. — 2. Frammento di gomphonema acuminatum Ehr., munito di stipite e di frustoli; a, a) frustoli veduti da uno dei lati ; b, b) gli stessi veduti di fronte. — 3. Metà di un individuo di meridion circulare Aq.
      Vivono tutte indistintamente nelle acque dei fiumi e degli stagni, ossia così nelle acque pigre e limacciose come nelle pure e di corso rapido, e per lo più sui filamenti delle cladofore, degli odegonii, delle spirogire ed altre specie di alghe di maggiorinole. Si trovano pure in gran copia allo stato fossile molto ben conservate; e di queste una buona parte sono state riconosciute identiche a quelle che vivono ancora al di d'oggi.
      DIATOMICI CORPI (chim.). — Vi sono certi corpi, i quali, allorché reagiscono, dimostrano di essere formati da una molecola in cui stanno congiunte due minori molecole od atomi, con tale intima unione da rappresentare un tutto. Si dicono diatomici, cioè a doppio atomo. I/alcoole ordinario ed i suoi omologhi, unendosi ad un acido monobasico, non possono formai e che un solo etere neutro, per esempio l'etere acetico. Sono monoatomici. La stessa cosa avviene per gli isoioghi dell'alcoole normale. Il glisolo ed i suoi congeneri, potendo prendere due equivalenti di un acido qualunque e formare due eteri neutri, sono diatomici. La glicerina, infine, potendo combinarsi con 1,2, 3 equivalenti d'acido, e formare tre eteri neutri, è triatomica.
      DIAT0M0 DI MOHS (miner.). — Gesso aloide semiprismatico; idrarseniato di calce, giallastro, trasparente.
      DIATONICO (scienz. mus.). — Uno dei tre generi della musica, il quale procede per tuoni e per semituoni naturali, ossia senza alterazione (V. Generi).
      DI ATR AG AC ANTA (farmacol.). — Polvere dolcificante, composta di gomme adragante ed arabica, d'amido, di zucchero, di regolizia, di semi freddi maggiori e di semi di papavero bianco.
      DIATRIBA (lett.). — La parola greca SiarpiSr', derivata dal verbo Tpféw (lat. tero), ebbe varie significazioni più o meno affini, come quelle di dimora, attrito, disputa zione-, e in latino (diatriba) fu applicata ad un discorso e ad una disputazione egualmente che alla scuoto e all' uditorio in cui si discorre e si disputa. Cosi si trova diatriba Aristotelis per scuoladi Aristotele, sebbene comunemente la parola fosse impiegata ad indicare una dissertazione critica sopra una questione filosofica o sopra un'opera qualunque dell'ingegno umano. Più tardi si disse; specialmente della critica amara e violenta di una composizione. In questo senso Voltaire intitolò diatribe molti pezzi delle sue Miscellanee, i quali non sono altro che satire più o meno personali ed amare. La sua Diatriba del dottor Akakia era un libello contro Maupertuis, presidente dell'Accademia di Berlino, e il re di Prussia la fece ardere, nel 1752, per mano del boja.
      Ai dì nostri si richiede più moderazione e più riguardo nelle critiche; ma la gentilezza di un critico non esclude che egli possa e debba essere imparziale contro chiunque chiama sopra di sè l'attenzione del pubblico. La diatriba deve adunque essere coscienziosa, illuminata, fondata sul buon gusto e sul retto giudizio. Essa può anche essere severa; ma soprattutto è indispensabile che sia giusta, e il suo fine vuol essere quello di far sparire dalle letterature quella folla di produzioni senza spirito e senza invenzione, le quali sono per lo più mere compilazioni che gli speculatori cercano di mettere in voga con mille artifizii e spesso facendole lodare nei periodici dai loro medesimi autori.
      DIAVOLO (stor. rei. e teol). — Nome che il Nuovo Testamento e la teologia cristiana hanno dato (derivandolo dal greco StoléoXo;, equivalente all'ebraico Satan — avversario od accusatore) ad una suprema personificazione del male, supposta imperare sopra un regno di reprobi spiriti, dei quali egli è il capo, e considerato come l'implacabile nemico di Dio e dell'uomo. — Egli è frequentemente designato nell'Evangelio sotto i diversi nomi di Belzebub, del Tentatore, del Principe dei Dcmonii, del Forte, del Malvagio, ecc. Può essere controversia se Gesù Cristo stesso prestasse fede all'esistenza di questo malefico spirito, ma non si può dubitare che vi credessero comunemente gli Ebrei del suo tempo.
      Ma è certo altresì che questa credenza fra gli Ebrei si svolse gradatamente, e non se ne trova traccia nell'Antico Testamento, in quella forma precisa e definita nella quale ce la presenta il Nuovo. L'espressione Satana riscontrasi, è vero, nell'Antico Testamento, ma solo cinque volte, come nome proprio — tre nel libro di Giobbe (i, 6, 12; n, 1), una al principio del 21 cap. del i delle Cronache, ed in Zaccaria (ni. 1). In tutti gli altri passi ove la s'incontra, la parola Satan e usata nel suo comune significato di avversario, significato nel quale
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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