Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      dice - diceriondiscorso ai giudici. Lo spazio occupato dalle persone che pigliavano parte al processo era difeso per mezzo di un cancello dall'intrusione degli spettatori. Ma quando trattavasi di cause che versavano intorno alla violazione dei misteri, giravasi inoltre all'intorno una corda per lo spazio di 15 ni. ; e gli schiavi pubblici vigilavano perchè niuno ardisse oltrepassare questa barriera.
      Presentemente col nome di dicastero intendesi un ufficio superiore, sinonimo quasi di ministero, ove trattansi i pubblici affari ; onde dicesi dicastero di polizia, di finanze, ecc.
      DICE (mitol.). — Personificazione della Giustizia, era, secondo Esiodo ( Theog., 901), figlia di Giove e Temi, e sorella d'Eunomia e d'Eirene. Ella era considerata come una delle Ore, sopravvegliava i fatti degli uomini ed avvicinavasi al trono di Giove que-rimoniandosi quante volte un giudice violava la giustizia (Es odo, Op., 239, ecc.). Klla era nemica d'ogni falsità, protettrice di una savia amministrazione della giustizia (Orfeo, Hymn., 42, 61), ed Esichia, vale a dire la tranquillità di spirito, era sua figlia (Pind., Pyih., vili, 1). Nei tragici Dice apparisce come una deità che punisce severamente ogni ingiustizia, vigila severamente sul mantenimento della giustizia, e trafigge il cuore dell'ingiusto con la spada fabbricatale da fi)sa (Eschilo, Choeph., 639, ecc.). Sotto questo aspetto ella è affine alle Erinni, quantunque sia suo officio non solamente punir l'ingiustizia, ma anche ricompensar la virtù (Esch., Agam., 773). L'idea di Dice come personificazione della Giustizia è perfettamente sviluppata nei drammi di i Sofocle e di Euripide. Ella era effigiata sulla cassa 1 di Cipselo come una bella dea in atto di trascinare con una mano Adicia (l'Ingiustizia) nel mentre impugna coll'altra un bastone con cui la percuote.
      Vedi: Paus. (v, 18) — Eurip., Hippol. (1172).
      DICEARCO {biogr.). — Figliuolo di Fidia, nato a Messana nella Sicilia secondo alcuni, e secondo altri in Messenia verso l'anno 300 av. Cr. Fu discepolo di Aristotile e viene chiamato filosofo peripatetico da Cicerone (De off., ir, 5); ma quantunque scrivesse alcune opere intorno a soggetti filosofici, sembra che abbia principalmente consacrato i suoi studii alla geografia, alla politica ed a ciò che con nome al tutto moderno si chiama statistica. La sua principale opera filosofica consiste in due dialoghi Sull'anima, uno dei quali si suppone tenuto a Corinto e l'altro a Mitilene, e che sono intitolati, il primo le Corintiache, il secondo le Lesbiche. In essi egli impugnava la dottrina platonica dell'anima e ne negava affatto l'esistenza. Nei libri secondo e terzo del dialogo corintio egli introduceva a parlare, secondo Cicerone (Tuscul. Disput., i, 10), un vecchio Ftiota di nome Ferecrate, il quale sosteneva, l'anima essere assolutamente nulla; questa parola essere soltanto un suono vuoto ; non esservi anima nè nell'uomo, nè nella bestia; il principio per mezzo del quale operiamo e percepiamo essere egualmente diffuso per tutti i corpi viventi, e non poter esistere separato da essi; e nulla esistere tranne la materia, che è una e semplice, e le cui parti sono ordinate in modo da aver vita e percezione.
      La maggiore opera di Dicearcoè un trattato sulla geografia, sulla politica e sui costumi della Grecia,
      che egli chiamò Vita della Grecia ( cEXX*<5o< Di quest'opera ci rimane un frammento nei Oro-graphi grceci minor es dell'Hudson, pubblicato anche da Marx nei Meletemata e discipl. antiquitatis di Creuzer (part. in, p. 174). Si congetturò con molta apparenza di vero che le citazioni di Dicearco, in cui s'accennano i suoi trattati sulle Gare musicali, sulle Gare dionisie, ecc., siano tratte da questa grand'opera, e che i grammatici ne abbiano parlato sotto il titolo della suddivisione cui questi soggetti appartengono, invece del titolo principale del libro. Le carte geografiche di Dicearco esistevano ancora al tempo di Cicerone ; ma la sua geografia non era riguardata come molto esatta. A Cicerone piacevauo assai gli scritti di questo autore, di cui parla nei termini della più calda ammirazione (ad Atf., ri, 2). Nel frammento succitato Dicearco cita Posidippo, e perciò egli doveva vivere ancora nell'anno 289 avanti Cristo.
      Vuoisi distinguere da un grammatico spartano dello stesso nome citato da Suida, il quale fu discepolo di Aristarco.
      DICEFALO (bot. e terat.). — Cassula che deriva da un ovario che ha due estremità ovariche. — Dicesi pure di un mostro con due teste.
      DICELIE (leti.). — Nome di certe scene libere, ad imitazione dell'antica commedia.
      DICELIF0(£rooZ.). — Uovo mostruoso a doppio guscio.
      DICEMBRE (eronol.). — Questo mese ritiene tuttora il suo nome originario assegnatogli nel calendario albano, e nel primo calendario romano adottato, secondo la tradizione, da Romolo, in ambi i quali esso era, come indica il suo nome, il decimo mese ossia l'ultimo dell'anno. Anticamente il mese dì dicembre era consacrato a Saturno, in onor del quale si celebravano le Saturnali, che cominciavano al 17 del mese; e Alessandro Alessandri, nell'opera Genialium dierum, lo dice consacrato a Vesta, figliuola di Saturno. Nel calendario albano questo mese era di trentacinque giorni. Romolo lo ridusse a trenta, e Numa a ventinove. Giulio Cesare gli restituì il giorno toltogli da Numa, e Augusto ve n'aggiunse un altro che ha tuttora. Commodo, che tentò di cambiare il nome di più mesi, a suggerimento de' suoi adulatori, diede a questo il nome di Amazzonio, in onore della sua amica Marzia, che si dilettava di vedere in abito di Amazzone (Pitisco, Lexicon).
      Il giorno in cui ha luogo in questo mese il solstizio d'inverno fu celebrato da quasi tutti i popoli antichi con gran solennità come giorno della nascita del Sole. I Persiani festeggiavano quella di Mitra, gli Egiziani di Osiride, i Greci di Ercole, i popoli del Nord chiamavano la notte che precede il solstizio madre delle notti.
      DICE0 (zool.). — Genere d'uccelli tenuirostri, affini ai nostri rampichini, a colori brillanti, viventi in Asia ed in Australia.
      DICERATE (zool.). — Genere di molluschi acefali dell'ordine dei pleuroronchi, famiglia delle caina-cidee, a conchiglia irregolare, sempre fissata per la valva piccola, e di cui gli uncini si avvolgono in spirale, a dente cardinale bilobato molto sviluppato.
      DICERION (liturg.). — Candelabro a due bracci, dei quali ciascuno porta un cero acceso, col quale
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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