Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DICOTOMIA - DICROISMOegli, e fino a questi ultimi tempi credettero con lui tutti i botanici, che le dette piante, all'opposto delle dicotiledoni, crescessero dall'esterno all'interno. Ma ora è dimostrato da sperimenti ed osservazioni recentissime che le monocotiledoni come le dicotiledoni crescono allo stesso modo, vale a dire dall'interno all'esterno. Che se nelle prime la parte più dura trovasi all'esterno e la parte più morbida all'interno (mentre il contrario succede nelle dicotiledoni), ciò dipende dalla diversa disposizione degli clementi organici di cui sono composte le une e le altre. Nelle monocotiledoni le fibre novelle discendenti dalle gemme terminali in vicinanza dell'epidermide sono costrette ad attraversare gli strati sottoposti, formatisi negli anni precedenti ; e perciò non è meraviglia se in questa parte il fusto si mostra più denso e più compatto. Del resto, che veramente le monocotiledoni crescano dall'interno all'esterno, si ha una prova certissima in parecchi fusti di piante monocotiledoni annose tuttora viventi, ancorché internamente corrose e disfatte dalle ingiurie del tempo. Nelle isole Canarie veg-gonsi tuttora in piede parecchi fusti giganteschi di p:ante siffatte, fra cui uno di dracena drago sì smisurato e talmente logoro, che vi si potè costruire dentro una cappella. Ciò posto, come mai questi alberi potrebbero vivere se veramente l'incremento loro si facesse dalla parte centrale del fusto ? (Vedi Cotiledone, Fusto, Pianta).
      DICOTOMIA (astfr.). —- Questo vocabolo, composto delle voci greche due xofxó?, parte, è adoperato dagli astronomi per esprimere la fase nella quale la Luna è divisa in due parti uguali ; in altri termini, chiamasi dicotoma la Luna quando si vede illuminata la sola metà esatta del suo disco.
      Il momento della dicotomia della Luna è stato impiegato da Aristarco di Samo, circa 260 anni prima dell'era volgare, per determinare la distanza del Sole dalla Terra. Questo metodo è sommamente ingegnoso, ma non può offrire molta esattezza nei suoi risultamenti, per la difficoltà di cogliere l'istante in cui la luce è terminata da una linea retta.
      Vedi i Trattati d'astronomia di Lalande e di Delambre.
      DICOTOMO FUSTO (Caulis dichotomus) {hot). — È quello che dividesi dal bel principio in due rami, i quali si suddividono ciascuno in due altri, che alla volta loro si dividono parimente in due come i primi, e così di seguito per tutta la lunghezza della pianta. Ne somministrano esempi la bella di notte (mirabilis jalappn), la valeriana locusta, ecc.
      Se le divisioni o suddivisioni succedono costantemente in tre, come nel leandro (nerium olcander), allora il fusto chiamasi tricotomo.
      DICRANO (bot.). — Genere di muschi acrocarpi, tipo della tribù delle dicranee, che trovansi a mo' di tappeto sulle terre e nelle rocce.
      DICRANURI (zool.). — Genere d'insetti dell'ordine dei lepidotteri notturni, i cui bruchi vivono sul pioppo o sul salice.
      DICROA (hot.). — Genere di piante della famiglia delle rosacee, fatto per un arboscello della Cocincina, le cui foglie e radici sono adoperate come febbrifughe. 11 suo nome deriva dalla doppia colorazione de' suoi fiori, bianchi fuori, azzurri dentro.
      DICROICO o DICROMATICO (/?*.). — Ciò che è suscettivo di offrire due colori (V. Colori, Dicroismo e Discromatopsia).
      DICROISMO (ott. e miner.). — Proprietà ottica di alcune sostanze che si colorano in due differenti modi a seconda della diversa posizione sotto la quale vengono guardate. Questo fenomeno dipende, generalmente parlando, dall'ineguale assorbimento che soffrono i raggi diversamente colorati, in ragione della natura, della struttura e della spessezza del corpo attraverso al quale ha luogo il loro tragitto (V. Colorazione dui corpi).
      Quando Cordier dava il nome di dicroite ad un minerale che comparisce di un azzurro violaceo, o di un giallo bruno, secondo che si guarda parallelamente o perpendicolarmente al suo asse, erede-vasi che questa sostanza fosse la sola che avesse la virtù di trasmettere in questa guisa due colori. Ma successivamente Bournon osservò lo stesso fenomeno nei piccoli cristalli di mica, e Drée un fatto consimile nella tormalina. Finalmente Brew-ster, mentre operava le sue belle sperienze sull'assorbimento della luce polarizzata (V. Polarizzazione), scoprì che il dicroismo è una proprietà comune ad un gran numero di corpi cristallizzati, che si riferisce agli assi di doppia rifrazione, comunque il corpo cristallizzato abbia uno o due assi (V. Cristallizzazione e Doppia refrazione), e che proviene dall'assorbimento della luce ordinaria modificata dalla potenza di doppia rifrazione del cristallo.
      I cristalli colorati godono quasi tutti della proprietà di assorbire inegualmente la luce omogenea che gli attraversa in differenti direzioni, e per conseguenza di avere, nella luce bianca, differenti colori per trasmissione. Così il cloruro di palladio presenta lo stesso fenomeno della dicroite (cordie-rite), mostrandosi di un rosso scuro in un senso, e di un verde brillante nell'altro; la tormalina è di un nero opaco nella direzione dell'asse, e verde, bruna o rossa nella direzione trasversale : in alcune varietà di zaffiro il colore comparisce azzurro nella prima direzione, e verde giallastro nella seconda, ecc.
      Si può facilmente riconoscere l'ineguale assorbimento di cui si tratta, osservando certe lamine cristalline che si fanno attraversare dalla luce polarizzata; guardando direttamente a traverso del cristallo, non si vedono le medesime tinte quando la sezione principale è parallela o perpendicolare al piano primitivo di polarizzazione.
      Se si tagli un prisma di tormalina di maniera che lo spigolo sia parallelo all'asse e che l'ang lo rifrangente sia picciolissimo, si vedranno due immagini ogniqualvolta si osserverà un oggetto attraverso le parti del prisma vicine al vertice dell'angolo rifrangente ; ma di mano in mano che il raggio attraversa una maggiore spessezza, l'immagine si indebolisce gradatamente, ed alla fine diventa totalmente invisibile ; dunque la tormalina, sotto una certa spessezza, ha la proprietà di assorbire i raggi polarizzati nella sua sezione principale. La spessezza alla quale è intiero l'assorbimento, varia secondo la natura delle tormaline ; nelle brune questa spessezza è d'ordinario minore di un millimetro ; le azzurrastre e le poco colorate non presen-, tano il fenomeno se non hanno una grande spessezza.
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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