Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      didimioa temperatura ordinaria, e ripreso con acqua fredda, che discioglie particolarmente il solfato di didimio. Si svapora la nuova soluzione, e si replica l'operazione coll'acqua, rinnovando tali manipolazioni finche si riesca ad un solfato di didimio di bastevole purezza. Affine poi di affrettarne la purificazione, si scioglie il sale nell'acqua, se ne piglia una parte e si precipita coll'ammoniaca ; si raccoglie il precipitato, si lava con acqua, e si mesce umido ancora coll'alti a parte della soluzione, facendo digerire a blando calore per più giorni, agitando di frequente. 11 precipitato è di sottosolfato di didimio e di lantano ; nella digestione tepida, quello di lantano si ridiscioglie e fa precipitare una proporzione corrispondente di sottosolfato di didimio, il quale, in ultimo termine, rimane privo interamente dell'altro metallo. Delafontaine non crede che il sottosolfato di didimio così ottenuto fosse tanto puro quanto fu creduto da Hermann, e lo desunse dal peso atomico del metallo, che questi ebbe a determinare valendosi dell'ossido purificato nel detto modo. La cifra risultante fu più bassa di ciò che doveva essere, e però diede giusto sospetto che vi fosse del lantano in mescolanza.
      Il didimio metallico fu estratto dal cloruro fuso previamente con sale ammoniaco, e scaldato in canna di porcellana con pezzetti di potassio ; il cloruro fu tenuto in eccedenza. Sebbene la calcinazione fosse eseguita da Marignac (cui si deve tale processo) a temperatura gagliarda, tuttavoltalamateria apparve più scorificata che fusa. Trattandola con acqua, si divise in cloruro di didimio e di potassio, che si disciolsero, e in didimio polveroso e grigio, da cui si svolgevano di continuo bolle d'idrogeno. Detta polvere era un misto di due, cioè di una grigia e metallica, e di altra cristallina, forse di ossicloruro didimico. Non fu possibile disgiungerle affatto per via dilevigazione. Gettando la polvere metallicanella fiamma di una lampada ad alcoole, si accese producendo scintillazione vivace.
      In una delle riduzioni operate per l'estrazione del didimio metallico furono trovati due piccoli granelli, che si fusero probabilmente nell'atto della reazione. Erano di un grigio di ferro, di molta lucentezza nella superficie della loro rottura, ma che in breve si offuscarono. Battuti col martello, si schiacciarono alquanto, indi si ruppero in pezzetti. Uno dei pezzetti calcinatisu carbone nella fiamma ferruminatoria non si fuse ; ma in breve si convertì in una massa friabile di ossido, senza manifestazione di qualche, fenomeno particolare di combustione. Posto taluno dei pezzetti sotto l'acqua, non mostrò di deeomporla, se non che nel giorno vegnente si era trasformato in una massa fioccosa di ossido.
      Da quanto precede parrebbe che il didimio metallico quando è polveroso possegga la proprietà di decomporre l'acqua, e non lo faccia più dopo che soggiacque a fusione. Ma basta un poco di acido perchè immediatamente la decomposizione si palesi.
      Peso atomico del didimio. — Marignac lo determinò nel 1848, desumendolo dalla proporzione di cloruro di bario occorrente per precipitare un dato peso del solfato puro e anidro ; da cinque operazioni lo dedusse in 496, riferendolo a 0 = 100. Posteriormente, essendosi avveduto che il processo seguito l'aveva condotto ad effetti inesatti, replicò le osser-
      vazioni nel 1853, e scoperse la cagione dell'errore, ed era che il solfato di barita nel precipitare tnve seco una certa quantità di solfato di didimio, il quale sfugge all'azione decomponente del cloruro di bario, quand'anche adoperato in eccedenza. Egli in allora procedette per altre due vie :
      1° Precipitò il solfato di didimio col mezzo del-l'ossalato di ammoniaca, calcinò il precipitato finché apparisse bianco, e determinò il peso del protossido ottenuto.
      2° Col mezzo del nitrato d'argento decompose il cloruro di didimio, determinando il cloro dal peso del cloruro di argento, e poi dal liquido precipitò il didimio, valendosi dell'ossalato di ammoniaca.
      Colla prima di tali maniere trovò pel peso atomico del didimio 598,2 (0 = 100), e colla seconda 603,5; 598,9; 598,2; in media 599 riferendosi all'ossigeno, e 95,84 riferendosi all'idrogeno. Marignac ne concluse che il vero peso atomico deve corrispondere a 600 riferendosi a 0 = 100, e 96 riferendosi a H = l, ed O = 16.
      Hermann dalla calcinazione dell'ossalato ottenne 94,96; cifra la quale fu considerata dai chimici come inferiore al peso atomico del metallo.
      Combinazioni del didimio col metalloidi. — I composti più noti del didimio coi metalloidi sono il cloruro, il fluoruro, il solfuro ed il carburo.
      Cloruro di didimio, DiCl* + 4H*0. — Si fa sciogliere l'ossido di didimio nell'acido cloridrico; se ne ha un liquido colorato di roseo, che, allorquando sia concentrato a sufficienza col mezzo del calore, depone per raffreddamento de' cristalli rosei, talvolta di una certa grossezza, deliquescenti, in prismi cli-norombici, i cui angoli sono m : m— 78° : m — 92°. Sono solubilissimi nell'acqua e nell'aleoole ; la soluzione acquosa, svaporandola fino a secchezza, si scompone svolgendo dell'acido cloridrico, e la materia ripigliata con acqua lascia un residuo bianco di ossicloruro.
      Può aversi eziandio il cloruro anidro disseccando il cloruro idratato insieme con cloruro ammonico in esuberanza, e calcinando fuori del contatto dell'aria. Il sale ammoniaco in parte si scompone per trasformare l'ossicloruro di didimio (che s'ingenera nella calcinazione) in cloruro neutro, ed in parte vaporizza.
      È una massa di colore roseo, fibrosa, cristallina, e che pur tuttavia contiene dell'ossicloruro bianco, che è in laminette perlacee. Si può diminuire la proporzione dell'ossicloruro calcinando il prodotto entro corrente di gas acido cloridrico secco.
      Zschiesche avrebbe riconosciuto che il cloruro di didimio seccato nel vuoto contiene 5H90.
      Ossicloruro di didimio. — L'ossicloruro che si forma per l'evaporazione a secco del cloruro idratato non è di composizione costante, e ciò probabilmente perchè contiene dell'ossido in mescolanza. Tenendolo esposto all'aria per un certo tempo, acquista la proprietà di sciogliersi negli acidi con effervescenza, e ciò per la sua parziale trasformazione in carbonato. Non perde acqua a 100°; ma per la calcinazione diminuisce dal 10 all'I 1 per 100 di peso. La calcinazione, protratta anche a lungo, in contatto dell'alia non n'espelle il cloro e non vi determinat^iOOQLe


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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