Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DIFFERENZA — DIFFERENZIOMETRO
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DIFFERENZA (artim. ed alg.). — Si dà questo nome all'eccesso di grandezza di una quantità sopra un'altra, cioè a quanto rimane dopo che una quantità venne sottratta da un'altra; così la differenza fra 8 e 5 è 3, cioè 8 eccede 5 della quantità 3, ovvero 5 è minore di 8 di 3 unità. In generale se a, b sono due quantità qualunque, la differenza è a — b, la quale può essere positiva o negativa secondo che fta (V. Sottrazione).
DIFFERENZE (calcolo delle) (alg.).— Il calcolo delle differenze, che nella sua generalità abbi accia anche il calcolo differenziale, ha per oggetto le leggi della variazione delle quantità; e per variazione s'intende l'aumento e la diminuzione di grandezza che prova una funzione composta di quantità variabili allorché queste variabili aumentano o diminuiscono.
Gli aumenti che si fanno subire alle variabili possono essere considerati come quantità reali o come ideali, cioè come quantità finite o come infinitamente piccole; nel primo caso il calcolo delle differenze chiamasi calcolo delle differenze finite, nel secondo calcolo differenziale.
DIFFERENZIALE CALCOLO (alg.). — Si dà questo nome alla parte dell'algebra che ha per oggetto le differenze infinitamente piccole delle quantità; e forma la parte più elevata delle matematiche.
È noto che gli antichi geometri, ed Archimede specialmente, facevano uso, nelle ricerche di alta geometria, di un metodo che chiamavasi di Esau-stione (V.). Bonaventura Cavalieri immaginò la dottrina degl' indivisibili, nella quale considera la figura geometrica siccome composta di un numero infinito di parti che sono i suoi ultimi elementi o gli ultimi tei mini della scomposizione che se ne può fare suddividendola continuamente con sezioni parallele. Questi ultimi elementi sono quelli ch'egli chiama indivisibili, e cerca nella ragione con cui crescono o decrescono la misura delle figure o i rapporti che hanno fra loro. Nelle Exercitationrs mathematica, che pubblicò dopo che fu attaccato da Guldin, nel 1640, dimostrò che il suo metodo non è altro che quello di esaustione semplificato. Diffatto le superficie e le linee di cui Cavalieri considera i rapporti e le somme non sono altro che i piccoli solidi o i parallelogrammi inscritti e circoscritti di Archimede portati a sì gran numero, che la loro differenza colla figura che circondano sia minore di qualunque grandezza data (V. Indivisibili). — Il matematico G. Wallis (V.) pubblicò, nel 1625, la sua aritmetica dfgVinfiniti, la quale è una speciale applicazione del calcolo al metodo detto dell'indivi sibili da Cavalieri e dell'infinito da alcuni geometri francesi ; e Wallis stesso e molti geometri del suo tempo debbono le loro scoperte geometriche a questi metodi.
Newton considera una curva come generata dal movimento uniforme di un punto ; scompone in ogni istante la velocità costante di questo punto in due altre, l'una parallela all'asse delle ascisse e l'altra parallela all'asse delle ordinate. Queste velocità egli chiama flussioni di tali coordinate, nel mentre che la velocità arbitraria del punto che descrive la curva è la flussione dell'arco descritto. Al contrario, chiamasi fluente quest'arco descritto, cioè l'integrale della velocità, con la quale esso è de-
scritto dal punto mobile; l'ascissa corrispondente dicesi fluente della velocità di questo medesimo punto valutata nel senso di questa ordinata. Supponendosi costante la flussione dell'arco, è evidente che quando il cammino del punto descrivente non è in linea retta, le flussioni dell'ascissa e dell'ordinata saranno variabili, e che il loro rapporto a ciascun I istante dipenderà dalla natura della curva, vale a dire dal rapporto medesimo di queste coordinate.
Questo metodo si applica alle linee curve, e per analogia alle aree contenenti queste curve, ai volumi terminati da superficie, alle forze che mettono in moto i corpi, ecc. ; cosicché si estende a tutto ciò che forma l'oggetto delle matematiche pure ed applicate.
Non discorreremo qui della priorità d'invenzione fra Newton e Leibniz; ma siccome questa scoperta era già preparata dai lavori di Cavalieri, Fermat, ! Pascal, Descartes, Roberval, Barrow e Wallis. così i non è improbabile che ciascuno di quei sommi in-¦ gegni sia giunto con metodi diversi al medesimo risultato. La metafisica del calcolo infinitesimale di Leibniz è sviluppata con molta chiarezza nella prefazione del calcolo differenziale d'Eulero : « Il calcolo differenziale è l'arte di trovare il rapporto degli accrescimenti evanescenti che precedono funzioni qualunque, quando si attribuisce alla quantità variabile, di cui essi sono funzioni, un accrescimento evanescente ».
Nell'analisi infinitesimale le quantità infinitamente piccole si possono considerare come quantità reali, o come quantità assolutamente nulle. Nel primo caso l'analisi infinitesimale non è altro che un calcolo di errori compensati : nel secondo è l'arte di paragonare le quantità evanescenti fra loro e con altre, per dedurre da questi paragoni i rapporti qualunque esistenti fra le proposte quantità.
Lagrangia pensa che nessuno dei nuovi metodi inventati o proposti per supplire a quello di esaustione degli antichi geometri abbia la semplicità e l'esattezza richieste dalle scienze matematiche ; ma non essere impossibile giugnere a questo risulta-mento importante; e le sue profonde meditazioni produssero la grande opera intitolata Teoria delle funzioni analitiche, contenente i principii del calcolo differenziale scevri da qualunque considerazione d'infinitamente piccoli, di evanescenti, di limiti e di flussioni, e ridotti all'analisi algebrica delle quantità finite; opera cui serve di commentario e di supplemento l'altra che ha per titolo; Lezioni sul calcolo delle funzioni.
I principii di calcolo differenziale di Lagrangia sono ora universalmente adottati. I lettori vaghi di, conoscere i principii e le operazioni secondo i metodi anteriori, possono ricorrere alle opere originali di Cavalieri, Wallis, Newton, Leibniz, Eulero, Mon-tucla, ecc. (V. Analisi, Calcolo, Infinitesimale calcolo e Matematiche).
DIFFERENZIOMETRO (marin.). — Strumento per misurare l'immersione o il pescare di un bastimento. Due tubi a galleggianti fissati nell'interno dePa nave, l'uno da prora, l'altro da poppa, ricevono l'acqua del mare che s'inalza fino al livello della linea di fluitazione. Ogni differenziometro è munito, di una chiave annientatrice posta alquanto al dit^iOOQLe
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