Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DIFFLUANE — DIFFRAZIONEtrattano colla geometria descrittiva nella stessa maniera di quelle che riguardano la teoria delle ombre: lo spazio esterno è il corpo luminoso; le linee di tiro sono i raggi scagliati da questo corpo ; le masse coprenti rappresentano il corpo opaco; lo spazio difilato è quello compreso nell'ombra pro-jettata dalle masse coprenti.
      Alla fortificazione permanente spetta la soluzione dei problemi complicati del diffilamento, quando gravi considerazioni di difesa costringono a stabilire le opere in certe posizioni a malgrado delle difficoltà offerte dalla configurazione del terreno.
      Dalla considerazione dei casi di diffilamento che trovansi lucidamente esposti nel Corso di fortificazione del colonnello del genio Emy risulta che la soluzione grafica di un problema di diffilamento rispetto al terreno consiste principalmente nella determinazione di un piano di sito che è sempre, siccome abbiamo detto, un piano tangente al terreno dominante. La proiezione delle forme dell'opera è la conseguenza di questa soluzione e dei prin-cipii speciali della fortificazione; e comunque si debba soddisfare al suo diffilamento o coll'inalza-mento delle masse copi enti, o coll'abbassamento del terrapieno, i ciati del problema possono essere stabiliti in due ipotesi: nella prima il piano di sito è costretto a passare per una linea retta cli'è il limite del diffilamento sul terreno, e questa condizione è sufficiente; nell'altra ipotesi il piano di sito dee passare per un solo punto che appartiene al limite del diffilamento, ma questa condizione isolata lascierebbe indeterminato il problema ; bisogna inolt:e che la posizione del piano di sito debba produrre un minimum di altezza nelle masse coprenti, o che questo piano debba essere tangente a due punti della superficie del terreno dominante. Si risolvono questi problemi coi metodi ordinarli della geometria descrittiva e più particolarmente con quelli della geometria delle scale di pendenza.
      Vedi: Emy, Cours éìémentaire de fortification — Gay de Vernon, Traile d'art militane et de forti fication — Noizet-Saint-Paul, Traité de forti f. — Bousmard, Essai général de fortif. ecc. — Pasley, A course of elementari/ fortification — Mèmori al des officiers du Génie (n° 5-6-10) — Journal de VEcole polytechnique (n° 4-5) — Laisné, Aide-mé-moire à Vusage des offìciers du Génie, ecc.
      DIFFLUANE (chim.). — Prodotto che s'ingenera insieme coll'aciclo leucoturico allorché si fa bollire l'acido allossanico, in soluzione acquosa, per un certo tempo.
      DIFFLUENTE (medie.). — Dicesi di ogni tessuto che passa ad uno stato di mollezza prossimo alla liquidità, come avviene nel rammollimento cerebrale. — Tumore diffluente è quello che, alla palpazione, dà la sensazione come di un denso liquido che muti posto.
      DIFFLUGIA (zool.). — Genere di animali della divisi ne dei protozoi, classe dei rizopodi, di cui è nota specie la D. proteiformis, che, come tutte le specie del genere, incontrasi nelle acque fluviali. Essa fa sporgere o ritira dall'invoglio che la copre, a ino" di conchiglia fenestrata, i suoi pseudopodi.
      DIFFRAZIONE (/<$.). — S'indica con questo nome la deviazione cui vanno soggetti i raggi luminosinel loro passaggio presso gli spigoli di un corpo, deviazione che è sempre accompagnata da una modificazione analoga a quella che soffrono nell'at-traversare i corpi ridotti in lamine sottili (V. Anelli colorati). Primo ad osservare questo fenomeno è stato il P. Grimaldi, che lo fece conoscere nel 1665 nel suo libro intitolato Physico-mathesis de luminis coloribus et iride ecc. Ogni qual volta un fascio di raggi solari rade gli orli di un corpo sottile, l'ombra prodotta si mostra più ampia che non dovrebbe essere secondo le leggi dell'ottica; e se i raggi del fascetto luminoso passano per un'angustissima apertura, la superficie illuminata risulta pure notevolmente ingrandita. In ambedue le circostanze si osservano, così nell'ombra come nello spazio illuminato, parecchie strisce o frange colorate, parallele e disuguali, che si dilatano, si mescolano e finalmente spariscono se si aumenta la spessezza del corpo interposto che produce l'ombra, o si allarga l'apertura per cui passa la luce. Quando si guarda la fiamma di una candela a traverso di una stretta fessura in un foglio di carta nera, si vedono larghe strisce che circondano la fiamma; un capello posto verticalmente tra l'occhio e la fiamma produce egualmente le stesse apparenze quando sia vicinissimo all'occhio. Ma per contemplare tutte le circostanze del fenomeno bisogna introdurre in una camera oscura, per un forellino di picciolissiino diametro, un raggio solare che si dirige orizzontalmente. Allora se questo raggio viene ricevuto a gran distanza sopra una lastra di vetro ad una delle di cui superficie siasi tolto il lustro, si vede che le ombre dei corpi incontrati dal cono lucido, invece di essere terminate in una maniera decisa, come dovrebbe accadere se la luce continuasse a progredire in linea retta, sono guarnite, quasi diremmo, di scabrosità sui loro contorni e circondate da tre frange colorate ben distinte, le cui larghezze sono disuguali dalla prima alla terza a mano a mano che si allontanano dall'ombra centrale. Che se nel cono lucido s'interponga uu capello, un filo metallico od altro corpo opaco molto sottile, si distinguono le frange anche nell'ombra, che sembra divisa da fascie oscure e da fascie più chiare poste ad ugual distanza le une dalle altre. Chiamatisi frange interne quelle che sono nell'ombra, e frange esterne le altre verso la parte illuminata.
      Si può ottenere un risultato affatto analogo facendo cadere il fascetto luminoso sopra una lamina metallica, nella quale siasi praticato un forellino avente le dimensioni della punta di un ago, e ricevendo sulla detta lastra di vetro la luce che passa attraverso di siffatta apertura. In questo caso si osserva che la superficie illuminata eccede i limiti che dovrebbe avere naturalmente ; che è circondata di anelli colorati concentrici simili alle frange osservate nella sperienza già riferita; e chele tinte sono disposte nell'ordine seguente : violetto, azzurro, verde, giallo, rosso; — azzurro, giallo, rosso; — azzurro pallido, giallo pallido, rosso. Il diametro degli anelli aumenta in ragione della maggior distanza della lastra dall'apertura in cui è posta la loro origine comune, ma s'indebolisce l'intensità della loro luce. Se il vetro è troppo vicino alla lastra metallica, gli anelli non sono sufficientemente
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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