Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DIGLIFO — DIGNITlin tutti i tempi. Cinesi, Indiani, Fenicii, Egizii, Ebrei, Greci, Romani, tutte le nazioni dell'antichità onoravano gli Dei col digiuno. Gli Egizii digiunavano solennemente in onore d'Iside, facendo precedere il digiuno ai loro sacrifizii, coll'intendimento di purificare coloro che vi dovevano assistere. Presso i Greci, che avevano ricevute molte pratiche religiose dagli Egizii, la celebrazione dei misteri di Eleusi, quella delle tesinoforie, erano precedute da digiuni rigorosissimi; sovrattutto per le donne, le quali dovevano passare un'intiera giornata senza prendere verun nutrimento. Un digiuno di dieci giorni era imposto a coloro che volevano iuiziarsi nei misteri di Cibele ; e il culto delle altre divinità pagane esigeva similmente un digiuno, sovente continuato, per parte dei loro sacerdoti e delle loro sacerdotesse, come pure per parte di quei più ferventi adoratori che recavansi a consultarli o a purificarsi in qualsiasi modo. A Roma eranvi digiuni pubblici instituiti in onore di Cerere, che si rinno-vellavano di cinque in cinque anni.
      Gli Ebrei osservavano, dal tempo della loro cattività, ed osservano ancora, quattro grandi digiuni in memoria delle calamità che dovettero soffrire. Gli anniversarii in cui questi digiuni si osservano sono : 1° il decimo giorno del decimo mese, giorno in cui Nabucodònosor assediò Gerusalemme per la prima volta ; 2° il nono giorno del quarto mese in cui la città fu presa ; 3° il decimo del quinto mese, in cui Nabuzardan arse la città ed il tempio ; 4° il terzo del settimo mese, in cui Godolia fu ucciso, morte che trasse con sè la dispersione del popolo di Dio e il compimento della sua distruzione. Vi avevano pure per gli scrupolosi osservatori della legge due digiuni per settimana, oltre a quelli prescritti allo scemare ed al ricrescere di ogni luna. A tutti è nota la severità che regolava siffatte astinenze ; esse duravano dal tramonto del sole sino al riapparire delle stelle sull'orizzonte nel giorno appresso, e non mangiavasi che alla sera un po'di pane bagnato nell'acqua ; il sale era l'unico condimento, e talvolta vi aggiungevano legumi ed erbe amare.
      Oltre alle norme particolari stabilite da ciaschedun popolo relativamente all'uso del digiuno, tutti avevano stretti e solenni digiuni in tempo di pubbliche calamità o di sciagure che bramavano di efficacemente allontanare. 11 cattolieismo prescrive il digiuno di quaranta giorni nella Quaresima (V.), in memoria dei quaranta giorni d'astinenza passati da Gesù Cristo nel deserto. Le quattro tempora, le vigilie, sono egualmente giorni di digiuno pei fedeli ; come ogni venerdì e sabbato dell'anno sono giorni di astinenza dalle carni.
      I Maomettani hanno essi pure giorni determinati in cui è loro prescritta l'astinenza. Coloro che osservano scrupolosamente la legge del profeta non vorrebbero neppure respiiare in questi giorni l'odore di un profumo, perchè, a loro credere, gli odori fanno cessare lo stato di digiuno; essi hanno pure gran cura nel fare le loro abluzioni, e nel bagnarsi, di non immergere la testa nell'acqua, per tema d'inghiottirne qualche goccia. Le donne in quei giorni non si bagnano punto.
      Le religioni di Fo e di Budda, e quelle di ciaschedun po; olo dell'Asia, dell'Africa e dell'America coman-
      dano tutte la pratica del digiuno in circostanze determinate, e i loro seguaci le osservano con una esattezza che farebbe stupire se non si sapesse che la superstizione suole spingere l'uomo sino al fanatismo.
      I coltivatori e specialmente i giardinieri sogliono dire far digiunare un albero, a significare il modo con cui procedono per correggere il soverchio rigoglio di alcuni dei suoi rami. Rimediano a questo inconveniente col togliere tutto il nutrimento alle radici della pianta che rispondono ai rami troppo lussureggianti, surrogando sabbia o terra magra alla troppo pingue. Ed a restituire più prontamente l'equilibrio del succo tra i rami rigogliosi e gl'intri-stiti, mentre stringono quelli al digiuno, alimentano questi, ponendo terra grassa e concime a contatto delle radici loro. Questo è il metodo migliore ; poiché l'altro di mortificare col taglio rami e radici, quando si tratta di alberi da frutto, suol condurre a tristi conseguenze.
      DIGLIFO (archit.). — Così si chiamano i modiglioni o mensole che hanno due canalature o glifi simili a quelle dei membri detti triglifi, appuuto perchè hanno tre glifi o canalature. Vignola ne fece uso in una trabeazione mista di dorico e di corintio, impiegata con buon successo nei coronamenti di varii edifizii, e ne diede il disegno nel Trattato di architettura.
      DIGLI0ET1LENIC0 ACIDO (chim.). — Composto ottenuto da Wurtz per ossidazione del glicole trietilenico.
      DIGLICOLÀMMICO ACIDO (chim.). — Preparato da Heintz saturando la soluzione acquosa di diglico-limmide con idrato di bario.
      DIGLICOLICO ACIDO (chim.). — Scoperto da Heintz, ottiensi ossidando il glicole dietilenico.
      DIGNANO (geogr.). - Due luoghi importanti hanno questo nome in Italia; l'uno nel littorale veneto-istriano, provincia d'Istria e capoluogo di distretto, soggetto all'Austria, con 6000 abitanti : — l'altro, nella provincia di Udine, circondario di San Daniele del Friuli, con 2067 abitanti.
      DIGNE (geogr.). — Città francese, capoluogo del dipartimento delle Basse Alpi, sopra un contrafforte delle montagne dalle quali si precipita il torrente Bléonne. È circondata da magnifici frutteti ; ha strade anguste e tortuose, ad eccezione del boulevard Oassendi, che prende il nome dal famoso Pietro Gassendi, nato nel vicino villaggio di Champ-tercier. Fu l'antica Dinia, metropoli degli Avan-tici e dei Bodiontici. Conta (1872) 5300 abitanti.
      DIGNITÀ (gerarch. civ. ed eccl). — Questa parola, che applicata alle persone significa stato, qualità eminente derivante da orrevole condizione, in un senso più ovvio e generale si prende per ogni sorta di cariche accompagnate da onori, preminenze o autorità.
      La disuguaglianza che la natura stessa si è piaciuta di porre tra gli uomini è stata l'origine delle dignità. A principio presso le genti si disse il forte, il coraggioso, il destro, il bello; ma a mano a mano poi che i bisogni meno materiali, le leggi e la civiltà andarono rialzando l'umana natura, le qualità morali presero il vantaggio, e gli uomini dovettero classificarsi secondo un ordine più elevato o intellettuale. Si trovò più conveniente di dare un titolo d" dignità che non comprendesse un elogio diretto,
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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