Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DILLON PIETRO
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fece uno sbarco; ma gl'Inglesi essendosi sparsi nell'isola, furono circondati dagl'indigeni ed uccisi un dopo l'altro, arrostiti e divorati con le più orribili circostanze. Dillon riusci con cinque compagni a guadagnare una roccia scoscesa, ove sostenne per tutto il giorno l'assalto di molte migliaja di selvaggi. Tre de' suoi compagni che avevano lasciato quel rifugio furono divorati sotto i suoi occhi, ed egli stesso, dopo un'eroica difesa, stava per suicidarsi per non cader vivo nelle mani di que' cannibali, quando ebbe la presenza di spirito e la fortuna d'impadronirsi del namlo o grande sacerdote dell'isola, ed ajutato dai suoi due ultimi compagni, Martino Buschard prussiano e Guglielmo Wilson inglese, riusci a riguadagnare la nave.
Questa terribile avventura non lo disgustò della vita navale, e per lo spazio di vent'anni non cessò di navigare nel Pacifico su legni mercantili. Nel 1826 ei comandava il San Patrizio e trovavasi il 15 maggio in vista di Tikopia, isoletta dell'arcipelago Melano-Polinesiano sotto il 12° lat. S., quando numerose piroghe vennero intorno al suo legno per far permute di oggetti, fra i quali trovò un'antica impugnatura di spada d'argento e di fabbricazione europea. Risaputo ch'essa proveniva con altri oggetti da un'isola vicina detta Mallicollo o Vanikoro, ove erano naufragate molti anni addietro due grosse navi, ne inferi che avevano ad essere quelle di La Pérouse, e sapendo come tutti s'interessassero alla sorte misteriosa di quel celebre navigatore scomparso come più tardi Franklin, tentò approdare, ma indarno, a Vanikoro. Giunto a Calcutta, Dillon fece un rapporto particolareggiato del suo viaggio e della sua scoperta al governatore generale delle Indie ed alla Società Asiatica, e la Compagnia delle Indie deliberò inviare uno de' suoi bastimenti, Research, ad esplorare, sotto il comando di Dillon, le isole di Vanikoro e porre in sodo le circostanze del naufragio di La Pérouse. Nulla fu pretermesso per rendere inoltre la spedizione profittevole all'istoria naturale. Il dottor Tytler fu incaricato della parte scientifica : la Compagnia allogò una grossa somma per doni da farsi agl'indigeni, e pose a bordo un agente francese di nome Eugenio Chaigneau. Dillon salpò il 23 gennajo 1827, e giunto dopo molte traversie a Tikopia, interrogò gl'indigeni per procurarsi tutti i maggiori possibili schiarimenti su Vanikoro e i suoi abitanti. Egli riseppe che i cranii di tutte le persone uccise appartenenti alle navi naufragate da molto tempo in quelle isole conservavansi ancora in una casa consecrata ad Atona o divinità. Gli abitanti di Vanikoro non sono cannibali, ma quando un nemico cade nelle loro mani è posto a morte immediatamente ; il suo corpo è gettato nell'acqua del mare, ove conservasi finché le ossa sieno interamente spogliate. Allora si ritira lo scheletro e si raschiano le ossa, che tagliansi in varie maniere per farne punte di lancie, di freccie o d'altri strumenti. Dillon tolse con sé molti isolani di Tikopia, fra gli altri un certo Ratia, che doveva servirgli di guida e d'interprete. 11 7 luglio ei gittò l'ancora nel picciol porto di Vanpu, chiamato Ocilgoar da Dumont d'Urville, sotto 11° 4'lat. 8. e 164° 32' long. E. Il gruppo delle isole di Vanikoro o di La Péiouse si compone di quattro isole :
Vanikoro, detta anche Mallicollo e Isola della Ricerca dal suddetto Dumont d'Urville, Terai, chiamata Amherst da Dillon, Manevai e Nanounka; queste isole sono circondate da scogli coralliferi, che ne rendono assai difficile l'accesso anche ai canotti. La popolazione, brutta e miserabile, non oltrepassa 1500 anime. L'insalubrità del clima è quasi senza esempio ; basta dormire per terra una notte soltanto per contrar febbri spesso mortali. Dillon fece esplorare l'isola, scandagliare le coste, visitare tutti i villaggi vicino al mare ; ma non ricevendo che relazioni alterate, risolvette scendere a terra egli stesso. Mediante alcuni regali venne a contatto con gl'isolani e potè fare escursioni nell'isola senza esser molestato. Valie, aligui (capo) di Vanou, gli diede per ultimo le notizie seguenti: «Ha molto tempo,gli abitanti di quest'isola, uscendo un mattino dalle loro abitazioni, avvisarono una parte d'una nave naufragata sulla costa durante la notte a cagione d'un violento uragano che aveva schiantato molti de'nostri alberi fruttiferi. Quattro uomini si salvarono e presero terra al villaggio di Dermeniah: noi stavamo per ucciderli, quando fecero qualche regalo al nostro capo, che risparmiò loro la vita. Eglino dimorarono fra di noi qualche tempo, e andarono poi a raggiungere i loro compagni nella vicina isola di Paiou. Gli oggetti che vedete nelle nostre mani provengono dalla nave che naufragò sulla nostra costa e nella quale i miei isolani avevano l'abitudine di tuffarsi. Noi non abbiamo ucciso nessuno, ma il mare gittò sulla spiaggia molti cadaveri che avevano le braccia e le mani mutilate dai pesci-cani. Nella stessa notte un'altra nave naufragò presso Vanou; molte persone si salvarono, costrussero un piccolo bastimento e partirono, cinque lune dopo il loro naufragio. Gli uomini bianchi costumavano guardare il sole attraverso certe cose ch'io non saprei descrivervi. Due di essi rimasero con noi dopo la partenza dei loro compagni. Uno era capo e l'altro lo serviva. 11 primo mori ha circa tre anni; sei mesi dopo, il capo del distretto ove dimorava l'altro fu costretto a fuggire dall'isola, e l'uomo bianco lo accompagnò, ma non sappiamo che sia avvenuto di essi. I soli bianchi che abbiamo veduto mai nelle nostre isole, sono in primo luogo quelli delle navi naufraghe e poscia quelli che vediamo ora ».
Dillon si accertò che un gran numero d'oggetti provenienti dal naufragio erano nelle mani degl'indigeni di Vanikoro, e ne vide persino alcuni che avevano le nari perforate dai piccoli tubi di cristallo dei barometri ; egli fece acquisto di tutti gli oggetti che potè ottenere, e ne fece fare un esatto inventario al suddetto Chaigneau, delegato francese. Egli riuscì inoltre a far ritirare dal mare molti arnesi dei bastimenti naufragati, anelli, àncore, carrucole, utensili da cucina, frammenti di strumenti astronomici, ecc. 11 più importante di questi oggetti fu una campana in bronzo di 324 centimetri Da un lato era un crocefisso in mezzo a due figure e dall'altro un sole splendente con la leggenda: Bazin ma fait, in francese. Indagini fatte dipoi hanno chiarito che questi simboli erano quelli della fonderia dell'arsenale di Brest nel 1785. Furono ancora pescati fra gli scogli quattro petrieri in
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