Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DINAMO-ELETTRICHE (MACCHINE)
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germanica la dinamite fu impiegata dagli artiglieri prussiani come mezzo pronto per distruggere o per rendere quanto meno inservibili le grosse artiglierie del nemico, che pel troppo gran peso era difficile l'asportare. Quanto all'impiego della dinamite pel caricamento delle granate, rimane tuttora a farsi delle esperienze onde verificare con certezza se l'alta temperatura che si comunica al projetto pel calore della combustione della carica e pel fortissimo suo attrito contro le pareti dell'anima non sia capace talvolta di determinare l'esplosione prematura della dinamite.
Utilissima può riuscire in guerra la dinamite per l'abbattimento di palizzate, di muri, di ponti, e nella distruzione di strade di ferro; in tutte queste ed in altre consimili circostanze la dinamite possederà sempre un'efficacia di molto superiore a quella della polvere; e quando le circostanze non dànno tempo di praticare le convenienti cavità o fornelli di mina, basterà il sovrapporre all'oggetto da distruggere un forte carico di dinamite per ottenerne efletti poderosi.
Nelle Torpedini (V.) ed in altri odierni congegni distruttivi trova sua applicazione questo agente poderoso, che viene anche cosi adoperato vandalicamente nella Pesca (V.). (Vedi Maxime Hélène, La poudre à canon et les nouveaux corps explosifs. Parigi 1878).
DINAMO-ELETTRICHE (macchine) (/Ss.). - Se col nome di macchine dinamo-elettriche si volessero intendere tutti quegli apparecchi per cui producesi elettricità mediante il lavoro meccanico, si dovrebbero comprendere nel loro novero l'elettroforo, le macchine elettriche a strofinio, le macchine ma-gneto-elettriche, ecc. In tutte infatti è il lavoro speso per tenerle in movimento che si converte in elettricità; ed è questa l'applicazione più diretta del principio fondamentale di tutta la fisica moderna. Ma nell'elettroforo interviene come necessaria la permanente polarizzazione del coibente, nelle macchine magneto-elettriche è parte essenziale una calamita permanente, e se pur queste non sono che condizioni statiche, che per nulla infirmano il principio della trasformazione delle energie, sono esse tali però da renderne meno evidente e meno immediata l'applicazione. Oggidì la fisica conta fra i suoi più preziosi apparecchi due classi di macchine, ove senza strofinìo, senza permanenti polarizzazioni nè elettriche nè magnetiche producesi in modo diretto e completo la conversione del lavoro meccanico in elettricità. Le macchine della prima classe dànno elettricità statica e diconsi elettroforiche; le macchine della seconda classe invece dànno l'elettricità sotto forma di corrente come le macchine magneto-elettriche, e diconsi propriamente dinamo-elettriche, o dinamomagnetiche o dinamo-magneto-elettriche.
I. Origine dell'invenzione. — Son noti i portentosi effetti che il VVilde ottenne colle sue macchine magneto-elettriche combinate colle elettro-magnetiche, altrimenti dette macchine a moltiplicazione (V. Magneto-elettriche macchine). Consistevano queste in due parti. Nella prima una spirale di Siemens girando rapidissimamente tra i poli di una serie di calamite permanenti a ferro di cavallo, veniva indottaper modo, che ad ogni sua semi-rivoluzione essa era percorsa da una corrente. Le correnti indotte successivamente dirette ed inverse erano orientate da un commutatore, e la corrente sensibilmentei continua, che ne risultava, era condotta nella seconda parte della macchina, ove magnetizzava una grande elettro-magnete a ferro di cavallo. Fra i poli di questa grande elettro-magnete girava una seconda e più grande spirale di Siemens, nella quale il magnetismo temporaneo della elettro-magnete induceva correnti, come nella prima il magnetismo permanente delle calamite. Ma l'intensità del magnetismo della elettro-magnete essendo di gran lunga maggiore di quella delle calamite permanenti, anche le correnti indotte nella seconda spirale erano di gran lunga più intense di quelle indotte nella prima. Raddrizzate con un commutatore, esse davano luogo ad una corrente pressoché costante, i cui effetti sorpassarono quelli di tutte le macchine magneto-elettriche già conosciute. Ora se, invece di utilizzare subito all'esterno questa seconda corrente indotta, la si facesse passare, come ha fatto lo stesso Wilde, per la spirale magnetizzante di una seconda e più grande elettro-magnete a ferro di cavallo, fra i poli della quale girasse una terza spirale di Siemens, si avrebbero evidentemente correnti indotte ancor più poderose. E cosi se questa terza corrente si impiegasse a magnetizzare una terza elettro-magnete, questa indurrebbe in una spirale di Siemens, che girasse fra i suoi poli, correnti ancora più forti, e via via. Talché per tal modo si potrebbe a volontà moltiplicare l'intensità della corrente ottenuta. Ora ciò si otterrebbe con una calamita permanente od un sistema di calamite permanenti debole quanto si voglia, ma a spese di un lavoro meccanico grande in proporzione della intensità di corrente ottenuta. Wilde teneva in movimento la sua macchina a due spirali di Siemens con una macchina a vapore della forza di tre cavalli; ma quando aggiungendo una nuova spirale ei volle aumentare ancora la corrente indotta, dovette aumentare nella stessa proporzione la potenza della macchina motrice. La trasformazione dell'energia meccanica in energia elettrica è adunque evidente. La calamita d'acciajo delle macchine magneto-elettriche non ha che un uffizio secondario, quello di produrre un lavoro resistente di tal sorta, che il lavoro meccanico che si consuma per tenere in moto la macchina si trasformi in corrente elettrica piuttosto cheiu calore od altro, come la stiacciata coibente dell'elettroforo non ha altro uffizio che di produrre, mediante l'attrazione ch'essa esercita sullo scudo, una resistenza tale, che il lavoro ch'ei fa per superarla, staccando lo scudo, si converta in elettricità statica. Siemens dapprima e quasi contemporaneamente Wlieatstone pensarono che le calamite permanenti potessero anche sopprimersi, sostituendovi una semplice eccitazione iniziale, che per effetti riflessi verrebbe ad ingrandirsi da se stessa fino ad un massimo, e diedero il nome di dinamo-elettriche alle macchine ch'essi fecero costrurre dietro a questo principio.
Werner Siemens leggeva la sua prima Memoria su questo argomento all'Accademia delle scienze di Berlino verso la metà del gennajo 1807, intito-
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