Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      611 DINAMOMETRO E DINAMOGRAFO
     
      1* 2°
      Esperimento Esperimento a vuoto trebbiandoOrdinata media del diagramma ......mm. 10 12,05
      Sforzo medio.....chil. 6,05 7,56
      Giri dati dalla manovellaal minuto primo ...» 38 38 Spazio descritto dalla potenza al minuto secondo mm. 1,452 1,452 Lavoro medio consumato da un uomo al 1" . . chil. 8,785 10,977
      III. — Freno dinamometrico Thiabaud a circolazione d'acqua. — Principio su cui fondasi il freno dinamometrico di Prony e formola mercè la quale si calcola il lavoro misurato con questo strumento. — Il freno dinamometrico di Prony, denominato anche bilancia dinamometrica, è nn apparecchio per mezzo del quale comunemente si usa di misurare il lavoro meccanico disponibile sull'albero motore di una macchina motrice. Affinchè siano maggiormente apprezzabili, in tutto il loro valore, le innovazioni apportate dal signor Thiabaud a questo importantissimo strumento, gioverà brevemente richiamare il principio su cui lo strumento medesimo si fonda, le condizioni da soddisfarsi onde ottenere una misura esatta del lavoro, e le principali disposizioni state immaginate per adempiere queste condizioni nel miglior modo possibile.
      Stando alla disposizione più generalmente adottata per l'apparecchio in discorso, è noto che, reso l'albero motore indipendente dalle macchine operatrici messe in azione dalla macchina motrice, si fissa sullo stesso albero una puleggia di ghisa, la quale a sua volta viene serrata come tra due ga-nascie di legno mediante viti. Ad una di queste ganascie va inoltre congiunto un braccio di leva, caricato di un peso alla sua estremità libera, se, come fingerò, l'albero è orizzontale, e siffattamente disposto da impedire che le ganascie restino trascinate dalla puleggia nel suo movimento di rotazione comune coll'albero. Il grado di pressione fra queste ganascie e la puleggia, ottenuto per mezzo delle viti testé menzionate, ed il carico della leva, in cui deve intendersi incluso il peso proprio della medesima, vengono regolati in modo da costringere la macchina a muoversi uniformemente colla sua velocità normale.
      Ciò premesso, emerge chiaramente l'effetto prodotto. La macchina si trova ridotta in una condizione di equilibrio dinamico. Solo è importante l'avvertire che non si ha un equilibrio diretto fra la potenza ed il peso applicato al braccio del freno. Tutto il lavoro svolto dalla potenza, che deve essere distrutto per conservare l'andamento uniforme della macchina, rimane consumato nel vincere la resistenza d'attrito sviluppatesi fra la puleggia e le ganascie del freno, e quindi si trasforma in calore. Se fosse possibile misurare con facilità ed esattezza questa quantità di calore, come si è tentato di fare coi freni termodinamici, avrebbesi senz'altro la misura del lavoro domandato, moltiplicando la stessa quantità per l'equivalente meccanico del calore. Basterebbe allora che le mascelle del freno fossero state rese semplicemente immobili con ac-
      conci arresti. Non essendo però conveniente di ricorrere ad un simile mezzo di misura, disagevole e delicatissimo, si preferisce invece di lasciare libere le mascelle del freno e di impedire soltanto che queste non rimangano trascinate dalla puleggia nel suo movimento, armandole d'un braccio di leva debitamente gravato di un peso. Egli è evidente che, così facendo, le due mascelle col braccio di leva vengono a formare come un sistema girevole intorno all'asse dell'albero motore e sollecitato da due forze, l'una rappresentata dal carico del freno con braccio di leva uguale al braccio del freno, e l'altra applicata tangenzialmente alla puleggia, ed uguale, in intensità, alla resistenza dell'attrito che svolgesi fra questa puleggia e le mascelle.
      Siccome ora i momenti di queste due forze, per l'immobilità delle mascelle e del braccio di leva, sono uguali fra loro, ed a sua volta il momento della accennata resistenza d'attrito deve eziandio, per l'equilibrio dinamico della macchina, uguagliare ad ogni istante il momento della potenza, così è da conchiudersi che quest'ultimo momento è parimente uguale al momento del carico del freno, epperò che dalla conoscenza di questo carico, della lunghezza del braccio di leva del freno e del numero dei giri dell'albero motore nell'unità di tempo si potrà facilmente dedurre la misura del lavoro disponibile su quest'albero.
      Dalle considerazioni ora esposte si deducono manifestamente due conseguenze, l'una cioè che la misura del lavoro col freno di Prony non è possibile senza passare per l'intermedio della resistenza d'attrito fra la puleggia e le mascelle del freno, e l'altra che, al contrario, non fa mestieri di preoccuparsi menomamente dell'intensità di questa resistenza per ricavare il valore del lavoro. Avrò tra breve l'opportunità di ritornare sulla prima di tali conseguenze, e di dimostrare che essa costituisce uno dei più gravi ostacoli ad ottenere dei risultati abbastanza esatti coll'attuale strumento. Relativamente alla seconda conseguenza, che in sostanza costituisce la mirabile semplicità dello strumento medesimo, non riuscirà superfluo che io qui ricordi ancora la formola a cui essa conduce pel calcolo del lavoro misurato col freno di Prony.
      Indicando con P il carico applicato all'estremità del braccio del freno, con p il peso proprio di questo braccio da intendersi applicato al suo centro di gravità, con L ed l le distanze comprese rispettivamente fra l'asse dell'albero motore e le verticali passanti pel punto d'applicazione del carico e pel centro di gravità anzidetto, e con n in fine il numero dei giri dati dall'albero motore in ogni minuto primo, si ha per l'espressione del lavoro disponibile su quest'albero al minuto secondo ed in cavalli-vapore
      2rcn 60x75
      (PL+pZ)
      ... (1)
      Al peso proprio del braccio del freno, le mascelle comprese, riportato all'estremità del braccio stesso,
      cioè al peso si suol dare il nome di tara del freno.
      Se questa tara viene adunque denotata con p\ in
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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