Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DING — DINGO
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      Bercione di Strabone (p. 567), soggiungendo il medesimo che vi scorre vicino il Sangario (odierno Sakari ed in turco Ayàla). Tolomeo scrisse scorrettamente Didima, mentre Strabone dice altrove (p. 626) che l'Ermo è adjacente alla Misia, scorrendo da una montagna sacra a Dindimene, e per la Catacecaumene (KaTaxExotufxévT), ossia Regione bruciata, perchè era tutta vulcanica, detta altrimente Misia e Meonia) nel territorio di Sardi, capitale dell'antica Lidia (oggidì Sart). Può darsi che Strabone si sia attenuto ad Erodoto rispetto alla sorgente dell'Ermo, dicendo lo storico che questo fiume scorre da uu monte sacro alla madre Dindimene, come si legge nel testo più adottato (Herod., ì, 80). Questo passo fu talvolta male inteso, ed il nome Dindimene fu applicato allo stesso monte; così, per esempio, il bizantino Stefano descrive i Dindimi (Dindyma, A(vSuaa) come monti della Troade, da cui Rea o Cibele si appella Dindimene; ma in ciò va errato, perchè nè il monte della Galazia di cui favelliamo, nè il Dindinio vicino a Cizico trovansi entro i confini della Troade. In alcune mappe poi il monte Dindimo si vede notato presso Pessino, e il Dindimene alla sorgente dell'Ermo, ma non vi è montagna di questo nome, ed il tratto montuoso da cui scaturisce l'Ermo è l'odierno Morad Dag, eh'è appunto il Dindimo di Erodoto. Anche il Rindaco, fiume dell'antica provincia di Ellesponto (Rhyndacus, oggidì Ltipad, e dopo la congiunzione col Megisto, odierno Susu-ghirli, anche Mohalisc o Micalieea), sgorga da • cotesta regione montuosa, come pure il ramo principale del Meandro, ed è ben possibile che una catena di monti si estenda da Morad Dag all'È, fino alle vicinanze di Pessino. Strabone poteva però difficilmente ignorare che vi era una notevole distanza tra la sorgente dell'Ermo e il monte sovrastante a Pessino; ed il celebre viaggiatore inglese Hamilton descrive il Dindimo, in cui ha sua scaturigine l'Ermo, come ergentesi a grande altezza e formante il pendio d'acqua tra l'Ermo e il Rindaco, stendendosi da Morad Dag ad Ak Dag presso Simaul. Aggiunge inoltre che coteste montagne si attaccano alla catena di Demirgi, facendo parte del grande asse centrale dell'Asia Minore, che si estendono, come si può francamente asserire, dal S. E. per E. a N. 0. per 0., dal Tauro per il Sultan Dag fino al monte Ida, formando il grande pendìo d'acqua tra i fiumi che sboccano nel Mediterraneo e nell'Arcipelago, e quelli che si perdono nel Mar di Marmara e nel Mar Nero.
      Vedi Hamilton, Researches on Asia Minor (voi. i, pag. 105).
      DING (stor. polii.). — In molte contrade germaniche chiamavasi, nei passati secoli, ding o thing una riunione di giudici, un tribunale, un'assemblea popolare. Questa voce, rimasta in uso in alcuni paesi scandinavi, trovasi aggiunta ad altra indicazione più specifica nelle denominazioni di varie adunanze pubbliche, come Wolksl-thing, Landding, Goding, Burgding, ecc. 11 luogo ove si tenevano le assemblee dei popoli nordici era considerato sacro, e d'ordinario un albero mistico proteggeva il seggio sul quale stavano i capi ed i giudici a pronunziare le loro sentenze. Al cadere del paganesimo, glialberi sacri non ebbero più significazione, e furono sostituite nei fòri popolari quelle colonne di cui si trovano avanzi in molte città, e che si chiamavano Dihkstuhl, vocabolo divenuto a poco a poco sinonimo di tribunale, o di corte di giustizia.
      DINGO (Canis Dingo) (eool). — Appartenente alla schiera degli unguiculati (unguiculata), all'ordine quinto dei carnivori (rapacia), alla famiglia seconda dei cani (canes), il dingo, secondo il Brehm, o warragal, o cane selvatico dell'Australia, è il solo vero carnivoro del cennato continente che non appartenga ai marsupiali. L'aspetto, il colore, la complessione ricordano la volpe, sebbene questa sia men forte e più piccola. Il colorito è rosso chiaro cosperso di peli neri, massime sul dorso. Come in tutti i cani selvatici, il musò è lungo ed aguzzo, breve l'orecchio, la coda penzolante, folta, l'occhio piccolo, obliquo e maligno. La conformazione è forte e tarchiata, ma tuttavia non sgarbata. Oggi ancora il dingo si trova pressoché in tutti i boschi fitti, le gole rivestite di macchie, le lande boscose a mo' di steppe, ed anche nelle steppe medesime. Diffuso sopra tutto il continente, è dappertutto abbastanza numeroso. Si ritiene a buon diritto pel nemico più dannoso dei coloni allevatori di bestiami, e per porre un argiue alle sue rapine, già varie volte sonosi intraprese spedizioni contro di esso. Nel modo di vivere, nel portamento assomiglia molto più alla volpe che non al lupo. Come questo, giace tutto il giorno nascosto nel suo covo, se il luogo non è sicuro, e sbuca fuori solo di nottetempo, minacciando quasi tutti gli animali terragnoli dell'Australia. Somiglia alla volpe anche per ciò che va in caccia solo, e rarissime volte soltanto in società numerose. Per lo più si incontra in brigate di cinque a sei individui, una madre coi suoi figli; tuttavia avviene anche che molti dinghi si raduuino intorno ad una carogna. Alcuni coloni ne videro in simili occasioni da ottanta a cento riuniti. Si assicura che le famiglie sono fedelmente unite, hanno un territorio proprio e non invadono mai quello di un'altra, ma non tollerano punto che si entri nei loro domimi. Prima che i coloni pigliassero regolarmente le anni contro questi supremi nemici delle loro man-dre, perdettero per colpa loro un numero sorprendente di pecore. Si assicura che in un unico gregge, in tre mesi, non meno di 1200 capi di pecore e di agnelli furono preda del dingo. Maggiori ancora delle perdite causate direttamente dall'irrompere di questo carnivoro sono quelle che cagiona indirettamente, poiché le pecore, fuori di loro stesse dal terrore al suo comparire, si sbaragliano nelle steppe e cadono vittima della sete o d'altri dinghi. Oltre le pecore, divora anche canguri d'ogni specie ed altri più grossi e più piccoli animali della foresta. Assale con avidità e audacia indescrivibile ogni animale vivente dell'Australia, e teme solo i cani. I cani da caccia e da pastore vivono con esso in eterna inimicizia, si perseguitano a vicenda con odio inaudito. Se parecchi cani domestici vedono un dingo, gli piombano sopra e lo fanno a pezzi; lo stesso avviene se un cane domestico smarrito è trovato dal dingo. Tuttavia può capitare nel tempo degli amori che una cagna dingo si associi ad un cane da pastore e viva con esso in buon accordo. Ilt^iOOQLe


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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