Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIOCLEZIANO CAJO VALERIO GIOVIO
DIOCLEZIANO Cajo Valerio Giovlo (biogr.). — Fu sua patria Dioclea (o meglio Doclea) nella Dalmazia, alcuni vogliono Salona, e nacque intorno all'anno 245dell'èra volgare, secondo altri, dieci anni prima. Il suo nome primitivo era Docle, poi Diocle, ed infine Diocleziano (V. Dioclea [geogr.]). Alcuni lo fanno figliuolo di un notaro, altri liberto di un senatore chiamato Anulino. Entrò giovanissimo nell'esercito e sali per gradi alle dignità maggiori. Militò nella Gallia e nella Mesia sotto Probo, e si trovò nella guerra contro i Persi, nella quale Caro peri in modo misterioso. Diocleziano comandava le guardie del palazzo, quando Numeriano, figliuolo di Caro, fu segretamente messo a morte dal proprio suocero Apro, mentre, tornando l'esercito dalla Persia, egli per cagionevolezza di salute viaggiava in una lettiga chiusa. Alcuni giorni dipoi, scopertasi presso Calcedonia la morte di Numeriano, i soldati catturarono Apro ed acclamarono Diocleziano imperatore, il quale parlamentando si protestò innocente della morte di Numeriano, e rimproverato Apro del suo assassinio, gl'immerse la spada nel petto. Notò quindi ad un amico ch'egli aveva ucciso il cinghiale (chè la parola aper vuol dir cinghiale), alludendo così alla predizione di un indovino delle Gallie, che gli disse, sarebbe divenuto imperatore quando ne avesse ucciso uno (Vopisco, Stor. Ang.).
I Entrò solennemente in Nicomedia nel settembre del 284, città ch'egli fece poi sua sede prediletta.
Carino, altro figliuolo di Caro, che era rimasto in Italia, avendo raccolte forze per assalire Diocleziano, i due eserciti incontraronsi a Margo nella Mesia, dove la battaglia finì colla morte di Carino, ucciso dai proprii uffiziali, che lo detestavano per la sua crudeltà ; e Diocleziano, riconosciuto dai due eserciti (anno 285), usò generosamente della vittoria, perdonando a tutti i nemici. Asceso sul trono, trovò l'impero assalito da più parti, e la Gallia travagliata dalla ribellione dei Bagaudi. A costoro mandò Massimiano, che li sconfisse, e che egli, nel 286, scelse a collega nell'impero, ponendolo a governare la Gallia, mentre egli risiedeva principalmente in Oriente. Nel 287 avvenne nella Britannia la ribellione di Carausio, e nell'anno seguente Massimiano sconfisse i Germani presso Treveri; intanto Diocleziano marciò contro alle tribù sui confini della Rezia, e l'anno di poi sconfisse i Sarmati sul Danubio inferiore. Nello stesso anno (289) fe-cesi pace tra Carausio e i due imperatori, concedendosi al primo di ritenere la possessione della Britannia.
Nel 290 Massimiano e Diocleziano furono a Milano per conferire sullo stato dell'Impero, dopo di che Diocleziano tornò in Nicomedia. Poco di poi i Persi invasero di nuovo la Mesopotamia e minacciavano la Siria, e scoppiarono ribellioni nella Mauritania Cesariense, nell'Egitto e nell'Italia. A rimediare dappertutto, Diocleziano accrebbe il numero de' suoi colleghi, e scelse a cesare Galerio, mentre Massimiano dalla sua parte adottava Costanzo detto Cloro. I due cesari ripudiarono le loro mogli e sposarono, il primo Valeria, figliuola di Diocleziano, e l'altro Teodora, figliuola di Massimiano, e rimasero subordinati ai due augusti, comecché a ciascuno venisse affidata una parte del governo dellTmoero,
a Diocleziano restando Asia ed Egitto, a Massimiano Italia ed Africa, a Galerio Tracia ed Illirio, e a Costanzo Gallia e Spagna. Ma era piuttosto una divisione amministrativa che politica, e in testa agli editti di ciascun principe mettevansi i nomi di tutti e quattro, cominciando da quello di Diocleziano.
I nuovi cesari risposero alle aspettazioni di Diocleziano. Costanzo sconfisse i Franchi e gli Alle-manni, e poco poi riconquisto la Britannia. Galerio soggiogò i Carpi, e trapiantò l'intiera tribù nella Pan non ia. Nel 296 i Persi, condotti dal loro re Nar-sete, invasero di nuovo la Mesopotamia e parte della Siria. Galerio marciò contr'essi, ma fidando troppo di sè, fu sconfitto e costretto a ritirarsi. L'anno seguente gli assalì di nuovo e gli sconfisse totalmente facendo un immenso bottino. A Narsete fu concessa la pace da Diocleziano, a patto che i Persi gli cedessero tutto il territorio che possedevano sulla sponda diritta od occidentale del Tigri. Questa pace fu fermata nel 297 e durò quaranta anni. Nello stesso tempo Diocleziano marciò in Egitto contro Achilleo, che assediò in Alessandria, e, dopo otto mesi d'assedio, prese e mise a morte insieme coi principali suoi aderenti. Si vuole che in quest'occasione Diocleziano siasi mostrato assai severo, contro il suo solito, e parecchie città dell'Egitto, tra cui Busiride e Copto, furono distrutte. Fissò da quella parte i limiti dell'Impero all'isola di Elefantina e fece pace coi vicini Nubii, da altri detti Nabati, dando loro una porzione di territorio di sette giorni di cammino al dissopra della prima cateratta, a patto che impedissero i Blemmii e gli Etiopi d'assalire l'Egitto. Intanto Massimiano atten-deva e riuscì a sedare la ribellione della Mauri- ' tania. Dopo quel tempo l'Impero stette per più anni in pace, durante la quale da Diocleziano e da' suoi colleghi si attese principalmente a far leggi e regolamenti amministrativi, ed a costruire fortezze sulle frontiere. Diocleziano teneva splendida corte a Nicomedia, che egli abbellì di molti edifizii. In Roma, per mezzo di Massimiano, fece edificare le magnifiche terme colle loro dipendenze, i cui avanzi portano ancora il suo nome.
Nel febbrajo del 303 promulgò un editto contro i cristiani, ordinando se ne atterrassero le chiese, se n'ardessero i libri sacri, e tutti i cristiani venissero privati d'impiego civile o militare, e si assoggettassero ad altre pene, tranne però la morte. Con un secondo editto ordinò a tutti i magistrati di arrestare i vescovi ed i presbiteri cristiani, e di costringerli a sacrificare agli Dei. Fu questa l'ultima persecuzione dei cristiani sotto l'Impero romano, e fu chiamata di Diocleziano. Ma questi poca parte ci ebbe, tranne il promulgare i due editti, la qual cosa pure fece egli con grande ripugnanza e dopo lungo esitare, come confessa lo stesso Lattanzio. Pochi mesi dopo egli ammalò, e riavutosi da lunga infermità, volle abdicare. Galerio, ch'era sempre stato pieno di mal talento verso i cristiani, ed era stato l'istigatore della persecuzione, ne fu pure il ministro più zelante. Questa persecuzione fu principalmente accanita nelle provincie da lui governate, ed egli la tenne viva per più anni dopo l'abdicazione di Diocleziano, onde più propriamente potreb-besi chiamare la persecuzione di Galerio. Assai meno
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