Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIODATO - DIODORO SICULOgiustizia. Abbiamo di lui due opere, cioè la Vita délVab. Ferdinando Oaliani (Napoli 1788, ìti-8°), la quale è ricca di curiosi aneddoti e di notizie preziose per la storia letteraria dello scorso secolo, e i due libri Dello stato presente della moneta nel regno di Napoli e della necessità di un alzamento (ivi 1790, in-H°), di cui fu fatta una seconda edizione l'anno 1*49 nella predetta città, con l'aggiunta di una risposta ch'egli scrisse ad alcune critiche che gli vennero fatte. Questa seconda opera mostra che il Diodati era un valoroso economista, ed i principii da lui proclamati furono giudicati tanto saggi, che la repubblica di Genova volle adottarli nel riformare la sua moneta d'oro.
Vedi la prefazione alla seconda edizione del libro del Diodati, Dello stato presente della moneta (Napoli 1849, in-8°).
DIODATO (stor. eccl.). V. Deodato.
DIODIA (hot.). — Genere di piante della famiglia delle rubiacee, di America, dalle foglie opposte o verticillate, dai fiori bianchi, ascellari o solitarii.
DI0D0NCEFALI (terat.). — Mostri il cui capo porta una doppia fila di ossi dentali o di doppie mascelle.
DI0D0NTE (zool.). — Genere di pesci teleostei del sott'ordine dei plettognati (ossia di quelli che hanno le mascelle riunite), i cui caratteri sono : mascelle saglienti formate da due lamine eburnee, le quali dietro il loro orlo tagliente presentano una porzione rotonda e solcata per traverso ; due pinne pettorali situate all'indietro quasi sulla linea degli occhi, una dorsale ed un'anale opposta; vescica aerea divisa in due lobi ; apertura branchiale piccolissima ; forma sferica ; pelle dura ed irta di grosse spine. Questi pesci, comunemente chiamati istrici di mare, hanno la proprietà di gonfiarsi come palloni riempiendosi d'aria, il che li mette in grado di galleggiare, unico mezzo che abbiano di difesa, giacché in tale stato presentano una superficie tutta pungente a chi volesse pigliarli. Sono abitatori dei mari tropicali, si nutrono di piccoli pesci e di molluschi ; le loro carni sono poco saporose, e il fegato è considerato generalmente velenoso. La specie più nota è il D. atinga, che giunge circa a 40 cent, di diametro.
DIODORO SICULO (biogr.). — Storico greco nato ad Agirio nella Sicilia. I principali dati cronologici della sua vita si hanno dalla stessa sua opera, dalla quale si raccoglie ch'egli fu in Egitto intorno all'olimpiade ci.xxx (60 anni av. Cr.), che scrisse la sua storia dopo la morte di Giulio Cesare, che la terminò colla di lui guerra gallica, e vi spese intorno trent'anni. Oltracciò abbiamo da Suida ch'ei visse ai tempi di Augusto, e san Girolamo nella cronaca d'Eusebio lo nomina nell'anno 49 av. Cristo. Il titolo d'jlla grande opera di Diodoro e Biblioteca storica (BiéXtoOr,xTf] toTopnxr,) o Biblioteca di storie (rj twv liToptwv JìiSXioOrix*}) ; e sembrerebbe perciò che l'autore si fosse proposto di dare una compilazione di tutte le varie opere storiche esistenti al suo tempo. Era stata da lui divisa in quaranta libri e comprendeva un periodo di 1138 anni, oltre il tempo che precedette la guerra trojana. I primi sei libri erano consacrati alla storia favolosa anteriore a questo avvenimento, cioè: i tre primi alle antichità degli Stati barbari, i tre ultimi all'archeologia dei Greci. Ma lo storico, quantunque nei tre primi libritratti della storia favolosa dei Barbari, entra però in ragguagli dei loro costumi ed usi, e ne prosegue la storia sino ad un punto di tempo posteriore alla guerra di Troja; cosi nel primo libro dà uu abbozzo della storia egizia del regno di Manetc sino ad Amasi. Negli undici libri seguenti parlava minutamente dei diversi avvenimenti seguiti fra la guerra trojana e la morte di Alessandro il Grande, e gli altri ventitre contenevano la storia del mondo sino alla guerra gallica e alla conquista della Britannia. Diodoro assicura di aver posto ogni sua cura nel preparare i materiali della sua storia, e di aver viaggiato per gran parte dell'Europa e dell'Asia, onde riuscir meglio nelle sue investigazioni. Egli dimorò per qualche tempo a Roma, e resasi familiare la lingua latina, potè consultare gli storici romani nei loro originali. Si professa nemico del costume, sì comune fra gli scrittori greci e romani, d'introdurre discorsi fittizii nelle loro narrazioni, che divengono la parte principale dell'opera, e fanno della storia un mero accessorio ; sebbene egli stesso sembri, al dire di Niebuhr, essere caduto in simile errore nel libro xxr. Finalmente dichiara essere, per suo avviso, dovere di storico il non lasciar trascorrere alcuna occasione di dar biasimo o lode, secondo il merito di ciascuno. Dei xl libri di Diodoro ne rimangono soli quindici, cioè i libri i-v e xr-xx, ma degli altri venticinque abbiamo assai frammenti, a cui sonosi fatte importanti addizioni per mezzo di manoscritti esistenti nella biblioteca Vaticana.
Quanto al merito di quest'opera, regnano opinioni assai discrepanti tra gli autori moderni. Vives, dotto spagnuolo, lo dice pieno zeppo di futilità, e Giovanni Bodino lo accusa nel modo più acerbo di ignoranza e di negligenza, mentre più critici valenti lo difendono come scrittore abile ed accurato. Pare che il difetto principale di Diodoro sia la soverchia estensione ch'egli volle dare alla sua opera. Era impossibile al tempo di Augusto lo scrivere una storia universale, impresa nella quale fallirono autori moderni di grandissimo ingegno. Non fu dunque meraviglia che Diodoro, il quale non ha dato prove d'un ingegno straordinario, sia incorso in gran numero di errori particolari e siasi soverchiamente fidato ad autorità ben altro che degne di fede. Semprecchè parla dietro a proprie osservazioni, se gli può generalmente credere ; ma quando compila da altri scrittori mostra poco giudizio nella scelta, e in molti casi dà prova di essere poco atto a sceverare il favoloso dal vero. Talvolta, come quando parla dell'Egitto (veggasi la descrizione della tomba d'Osimandia), è impossibile il comprendere se parli da testimonio oculare, o secondo le relazioni altrui. Non se gli vuole dar biasimo del colorito greco che dà ai costumi delle altre nazioni, chè questo era uso comune degli scrittori greci, e in questa parte egli pecca assai meno che Dionisio d'Alicarnasso. Quantunque protesti d'aver usato gran cura nella cronologia, pure le sue date sono spesso ed evidentemente inesatte. Ad ogni modo, noi gli andiamo debitori di molti particolari elio senz'esso avremmo ignorati, ed è peccato che siasi smarrita l'ultima e forse la miglior parte della sua opera, giacché pur coll'ajuto dei soli frammenti che
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