Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DIOGENIANO — DIOMEDE
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di coloro che non rintracciarono i primordii della filosofia in Grecia, ma appo i Barbari. Appresso ei divide la filosofia dei Greci in jonica, la quale incomincia con Anassimandro e termina con Clito-maco, Crisippo e Teofrasto, e in italiana, fondata da Pitagora e terminata con Epicuro. Egli annovera la scuola socratica con le sue varie ramificazioni come parte della filosofia jonica, di cui tratta nei primi sette libri. Gli eleatici, con Eraclito e gli scettici, sono compresi nella filosofia italiana, che occupa l'ottavo e il nono libro. Epicuro e la sua filosofia da ultimo sono esaminati più partita-mente nel libro decimo, il che ha tratto alcuni scrittori a credere che Diogene istesso fosse un epicureo.
Considerando la perdita di tutte le numerose e comprensive opere degli antichi sulla filosofia e i filosofi, un gran numero delle quali fu sviscerato da Diogene, la sua compilazione è di valore immenso per noi, come sorgente di notizie rispetto l'istoria della greca filosofia. Circa quaranta scrittori sulle vite e le dottrine dei greci filosofi sono in essa mentovati, e duecentoundici autori citati, delle cui opere fece uso l'autore. Essa fu per lungo tempo il fondamento della maggior parte delle storie moderne dell'antica filosofia, e le opere di Bruker e Stantey, per quel che riguarda l'istoria primitiva della filosofia, altro non sono che traduzioni ed amplificazioni alle volte di Diogene Laerzio. L'opera sua contiene una ricca suppellettile d'osservazioni, che servono ad illustrare la vita privata dei Greci, ed un gran numero di frammenti di opere perdute, per guisa che Montaigne (Essais, n, 10) desiderava che noi avessimo una dozzina di Laerzii, o che la sua opera fosse meglio disposta e più compiuta. È d'uopo confessare, per vero, ch'ei fece mal uso degl'immensi materiali che aveva fra mano, e che egli non era da tanto da scrivere un' istoria della greca filosofia. La sua opera altro non è che una compilazione delle più eterogenee e spesso contraddittorie relazioni accozzate senza criterio, senza critica e senza un disegno preconcetto, e per quel che riguarda la filosofia Diogene non sapeva assai spesso quel che si dicesse quando compendiava le teorie dei filosofi. Il perchè alcuni critici opinarono che l'opera nel suo stato presente altro non sia che un compendio mutilato della produzione originale di Diogene (J. G. Schneider, nei Lit. Anal. di F. A. Wolf, in, p. 227). Gualteri Burleo, che' visse sullo scorcio del secolo sin, scrisse un'opera, De vita et moribus philosophorum, in cui fece grande uso di quella di Diogene, e reca ragguagli assai migliori, di che Schneider inferisce ch'ei possedesse una copia più compiuta di Diogene. Ma la speranza di scoprire un manoscritto più perfetto non fu finora adempiuta.
L'opera di Diogene divenne primamente nota nell'Europa occidentale per mezzo di una versione latina, fatta da Ambrogio discepolo di Crisolora, la quale è però una libera parafrasi piuttosto che una versione. Essa fu stampata a Roma prima del 1475. La prima edizione compiuta del testo greco è quella di Basilea (1533, ap. Frobenium). Altre edizioni ne furono poi fatte da Stefano Casaubono, Aldobrandino, ecc., e delle moderne la migliore è
quella di H. G. Hiibner (Lipsia 1828-1831, 2 voi.). Delle traduzioni italiane voglionsi mentovare quelle di Cartulario (Venezia 1480) e di D. Manin (Venezia 1826).
Oltre l'opera sui filosofi greci, Diogene Laerzio compose altre opere dallo stesso citate. Gli epigrammi, molti dei quali trovansi sparsi nelle sue biografie, furono raccolti separatamente e divisi in varii libri.
Vedi : P. Gàssendi, Animadv. in X librum Diog. Laert. (Lione 1649, 3 voi.) — Bossius, Commenta-tiones laertiance (Roma 1788) — S. Battier, Observat. in Diog. Laert. nel Mus. Helvet. (xv, p. 32, ecc.) — G. H. Klippel, De Diogenis Laertii-vita, scriptis, atque auctoritate (Gottinga 1831).
DIOGENIANO {biogr.). — Grammatico di Eraclea, città del Ponto, che viveva, secondo Suida, sotto l'imperatore Adriauo. Egli compilò un lessico delle voci più difficili adoperate dai poeti, oratori ed autori greci, o piuttosto compendiò quello di Zopi-rione, terminato da Pamfilio. Esichio rifuse interamente il lessico Diogeniano nel suo. Sotto il nome di Diogeniano va pure una raccolta di proverbii greci, che pare astratta dal lessico stesso. Il trovare Luciano citato in quest'opera fa supporre che Diogeniano sia posteriore all'epoca assegnatagli da Suida: ma può essere che certe citazioni siano state aggiunte dai copisti, come accade nella maggior parte dei libri antichi di grammatica.
DIOICHE PIANTE (Piantai diceria) (bot.). V. Diclini fiori e Sistema.
DIOMEDE (stor. ant). — Figlio di Tideo e di Dei-file, re dell'Etolia e uno dei più valorosi condottieri che mossero all'assedio di Troja. Combattè contro Ettore ed Enea, fu compagno di Ulisse nella notturna uccisione di Reso re della Tracia, e collo stesso Itacese involò il palladio dal tempio di Minerva. Tornando da Troja si smarrì navigando nel bujo della notte, e approdò all'Attica, dove i suoi compagni mandarono a guasto il paese e perdettero il palladio trojano. Durante la sua assenza, sua moglie Egiale gli ruppe fede e diedesi a Comete, uno de' suoi servi, la qual cosa venne attribuita al risentimento di Venere, che Diomede aveva gravemente ferita in un braccio dinanzi a Troja. Diomede risolvette perciò di abbandonare il paese nativo, al che fare contribuirono non poco i tentativi della moglie per metterlo a morte. Venne a quella parte d'Italia che fu detta Magna Grecia, dove costrusse una città che chiamò Argiripa, sposò la figliuola di Dauno re del paese, e morì in estrema vecchiezza, o, secondo una tradizione, per mano del suocero. La sua morte fu pianta grandemente da' suoi compagni, i quali nell'eccesso del loro dolore furono trasformati in uccelli simili ai cigni. Questi presero il volo verso alcune isolette vicine dell'Adriatico, dove erano notevoli per la mansuetudine con che s'accostavano ai Greci e per l'orrore con che fuggivano le persone di ogni altra nazione. Essi sono ancora chiamati uccelli di Diomede. A questo eroe si tributarono onori divini e si eressero altari, uno dei quali viene menzionato da Strabono come esistente presso il Timavo.
DIOMEDE (biogr.). — Autore di un trattato grammaticale De oratione et partibus orationis et vario
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