Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DIONEA
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sua provincia nativa, egli vuol essere considerato come romano. Sotto Commodo visse a Koma, dove era senatore, e morti Settimio Severo e Caracalla, sotto i quali non esercitò alcun pubblico uffizio, fu fatto da Macrino governatore di Smirne e Pergamo. Fu di poi console e proconsole nelle provincie d'Africa e di Pannonia, probabilmente sotto Alessandro Severo, che l'ebbe in tanta stima da farlo console per la seconda volta e suo collega nel consolato. Si vuole che in età provetta sia tornato al paese nativo.
Scrisse una storia di Iioma in greco, cominciando dall'arrivo d'Enea in Italia e dalla fondazione di Alba e di Roma sino all'anno 229 dell'èra volgare. Fino ai tempi di Giulio Cesare questa storia non è che un rapido abbozzo, ma d'allora in poi, e massime dal tempo di Commodo, quando egli diventa scrittore contemporaneo, la narrazione è assai compiuta. L'opera consisteva in ottanta libri, di molti dei quali esistono soltanto frammenti. Dal 37° al 54° inclusivamente essi sono quasi intieri; e compiuti sono dal 56° al 60°. 11 compendio di Xifiliuo, come esiste presentemente, comincia col 35° libro e va sino alla line dell'operai ma è lavoro di pochissimo pregio. Come storico Dione non mostra uè acume critico, ne gran discernimento, e le sue osservazioni sono per verità talvolta puerili. Lo stile n'è generalmente chiaro, benché talvolta s'incontrino pa^si oscuri, anche dove il testo non par guasto. Non è da dubitare ch'egli abbia usato diligenza, e certo fu in grado di conoscere le circostanze dell'Impero a'suoi tempi, onde pregiata su tutto il resto è la storia che corre da Augusto in poi. Nè senza merito è la storia de'primi periodi di Roma, mediante la quale si possono correggere alcuni sbagli di Tito Livio e di Dionisio, quantunque egli stesso sia caduto in errori, come tutti gli scrittori greci e romani che trattarono quest'oscuro soggetto. Altre opere si attribuiscono a Dione, tra cui una Vita di Arriano.
La prima edizione del testo greco è quella di R. Stefano (Parigi 1548, in-fol.), da manoscritto molto scorretto e difettoso. La più recente e forse la migliore è l'edizione di Sturz in 8 voi. in-8° (Lipsia 1824-1835). Dione fu tradotto per la prima volta in italiano da Niccolò Leoniceno (Venezia 1533) e poi da Francesco Baldelli (ivi 1562). Sene ha pure un volgarizzamento fatto da Giovanni Viviani (Roma 1790, 1792, 4 voi. in-4°), ristampato nella Collana degli storici greci (Milano 1823, 5 voi. in-8°).
DIONEA (Dionaa) (bot.). — Genere di piante appartenente alla decandria monoginia del sistema sessuale, alla famiglia delle droseracee, distinto per i caratteri seguenti: sepali e petali in numero di cinque; stami da dieci a venti, coi filamenti lesini-formi, colle antere deiscenti lateralmente ; un solo stilo; stimma orbicolato ; cassida a cinque valve e ad una sola loggia; semi numerosissimi, quasi immersi entro placentarii basilari celluiosi. Questo genere comprende una sola specie :
Dionea piglia-mosche (dioncea muscipula L.). — Pianta erbacea perenne, a radice scagliosa, fibrosa; foglie tutte radicali, alquanto spesse, d'un verde chiaro, disposte a rosetta, lunghe circa 75 millimetri, compreso il picciuolo, larghe 37 millimetri ; picciuolo lungo quanto la lamina ed anche più diessa, glabro, cuneiforme, alato come quello delle foglie dell'arancio ; lamina articolata col picciuolo, cannata, a due lobi semi-ovali muniti ai loro margini di ciglia rigide e di piccole ghiaudole rossiccie succulente, ed inoltre armati nella faccia superiore di tre o quattro spinule setiformi, frammiste ad alcune ghiandole nericcie. Dal centro della rosetta sollevasi uno scapo nudo, cilindrico, ritto, alto da 1 a 2 centimetri, che porta alla sommità un corimbo fatto di sei a dieci fiori larghi circa 16 millimetri, muniti di una piccola brattea acuta; sepali oblungo-lineari acuti; petali più lunghi dei sepali, ovali-oblunghi, ottusi, concavi, bianchi, segnati da cinque o sette strie longitudinali; stami più brevi della corolla ; cassula sub-globosa.
Fig. 2115. — Dionea piglia-mosche. a) Foglia coi lobi b aperti. — b) La stessa coi lobi chiusi.
Questa pianta, niente osservabile pel suo aspetto, lo è moltissimo per l'irritabilità dei lobi delle sue foglie ; le ghiandole sparse sulla loro superficie separano un umore dolce che alletta gl'insetti; ma appena una mosca viene a posarvisi sopra per succhiarlo, i due lobi della foglia, che stanuo aperti nello stato naturale, tosto si appressano fra loro, incrocicchiano le ciglia dei loro margini e ritengono imprigionato l'insetto, tanto più fortemente stringendolo quanto più esso si dibatte per isprigionarsi, nel mentre che le spine del centro dei lobi, sollevatesi verticalmente sul loro piano, lo trafìggono. Se vogliansi allora aprire i lobi, non ci si riesce senza romperli; ma, morto l'insetto, i lobi si scostano e ritornano nella loro situazione naturale. Si può ottenere il fenomeno toccando le foglie CQn un ago;
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