Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIONISIO D'ALICARNASSOmorte, lasciò Siracusa per mare, e ritirossi a Locri, paese di sua madre, dove aveva parenti ed amici. I suoi partigiani però rimasero in possessione d'Or-tigia, ed essendosi sollevata una fazione nella città, capitanata da Eraclide, demagogo, il quale proponeva un'eguale distribuzione di beni, cui Dione si oppose, questi fu privato del comando, e sarebbe stato ucciso dal popolazzo se i suoi soldati non l'avessero scortato sano e salvo sino a Leonzio. In mezzo alla confusione una sortita fatta dai soldati di Dionisio, che saccheggiarono e arsero parte della città, fece tornare in sè i Siracusani, onde si spedirono messi a richiamar Dione, che, ritornato, rispinse il nemico, e poco poi prese la cittadella. Ma la fazione d'Eraclide congiurò contro Dione, e lo uccise a tradimento, l'anno 354 av. Cristo.
Parecchi tiranni si succedettero l'un l'altro in Siracusa; finché Dionisio vi tornò, e la riprese nel 346 av. Cristo. Invece però di aver tratto profitto dei dieci anni d'esiglio, egli era andato peggiorando. Usurpato il supremo potere in Locri, vi aveva commesso molte atrocità, mandato a morte parecchi cittadini e violato le loro mogli e figliuole. Tornato a Siracusa, la sua crudeltà e dissolutezza spinsero molti cittadini a migrare a varie parti dell'Italia e della Grecia, mentre altri s'unirono con Icheta, tiranno di Leonzio e antico amico di Dione. Questi mandò legati a Corinto per chiedere ajuti contro Dionisio. I Corintii nominarono capo della spedizione Timoleonte, il quale già erasi segnalato in patria come saldo avversario della tirannia. Egli approdò in Sicilia nell'anno 344 av. Cr., non ostante le opposizioni de' Cartaginesi e d'Icheta, che in questa occasione si portò con gran perfidia, entrò in Siracusa, e poco poi costrinse Dionisio ad arrendersi. Questi fu mandato a Corinto, dove passò il rimanente della sua vita in compagnia di attori e di donne di mal affare. Alcuni vogliono ch'egli vi tenesse anche per qualche tempo una scuola. Giustino (xxi, 5) dice ch'egli adottò studiatamente costumi volgari, a fine di stornare dal suo capo ogni vendetta, e perchè, divenendo spregevole, non sarebbe più né temuto nè odiato per la passata tirannia. Si citano di lui più motti del pari ingegnosi e saggi con cui rispose a coloro che gli rimproveravano la sua mutata fortuna. Non si sa nè dove, né quando morisse (Plut,, Dion. ; Diod., xvi).
Vedi: Retter, Siculo, Dionysiorum tyrannis (Giess. 1726) — Roloff, Dissertatio de Dionysiis Sicilia: tyrannis (Hall. 1736).
DIONISIO D'ALICARNASSO (biogr.). — Figlinolo di Alessandro, storico e critico, nato in Alicarnasso nel secolo i av. Cr. Nulla sappiamo della sua vita, tranne quel tanto che ci narra egli stesso. Dic'egli d'esser venuto in Italia sul finire della guerra civile tra Augusto e Antonio (29 av. Cr.), ed aver quindi speso ventidue anni a Roma nello studiare la lingua latina e raccogliere materiali per la sua storia. Dice pure di aver vissuto al tempo della gran guerra civile. Opera principale di lui sono le Antichità romane, che cominciavano colla storia antica de'popoli d'Italia e terminavano col principio della prima guerra punica (265 av. Cristo). Consistevano originariamente in venti libri, de' quali rimargino intieri i primi nove. Degli altri riman-
gono grandi frammenti preservati nella collezione di Costantino Porfirogenito, cui fu fatta preziosissima giunta per opera del dotto cardinale Mai, siccome diremo più sotto. Oltracciò i primi tre libri d'Appiano furono fondati intieramente su Dionisio, e la vita di Camillo scritta da Plutarco si può considerare come una compilazione tolta per la maggior parte dalle Antichità romane, sicché non si è per avventura perduto molto di quest'opera.
Essa fu evidentemente scritta con più diligenza che Tito Livio non fece, e Dionisio aveva studiato Catone e gli antichi annalisti più che il suo contemporaneo romano, ma scrisse con uno scopo che gli scema la riputazione di storico veritiero ed imparziale. Voleva confortare i Greci dell'essere caduti sotto il dominio dei Romani, onde fabbricò testimonianze per provare che Roma era di origine greca. Egli affetta di entrare in particolari che se sono indizio di veracità in una storia contemporanea, provano il contrario in una storia antica cosi oscura ed incerta come quella di Roma. E a malgrado di tutto il suo studio e delle sue ricerche, egli conosce così poco la costituzione romana, che alcune volte prende sbaglio nelle cose più chiare (Niebuhr, Stor. Rom.,\o\. n). In una parola, quantunque un critico ne possa estrarre notizie importanti intorno alla storia primitiva di Roma, non sarebbe tuttavia da prendersi per guida sicura da chi studia la storia antica.
Soggiungiamo qui il catalogo delle opere di Dionisio con alcuna breve notizia in proposito: (lept ffuv6éKTotv (Del collocamento delle parola). Quest'opera, diretta a Rufo Melitio, figliuolo di un amico di Dionisio, fu probabilmente composta durante i primi anni del suo soggiorno in Roma. Malgrado il suo titolo speciale, è un vero trattato dell'arte oratoria. Due buone edizioni se ne hanno, la prima di Schaefer (Lipsia 1809), la seconda di Goller (Jena 1815). Ilepl xtov àp/otion {^TÓpov u^ouvtjjjl-*-Ttffuoì (Commentarii intorno agii antichi oratori). Il commentario aveva sei parti ; noi possediamo solo le tre prime sopra Lisia, Isocrate ed Iseo: delle altre che versano sopra Demostene, Iperide ed Eschine rimangono considerevoli frammenti, ma sfigurati da numerose lacune. Del frammento relativo a Demostene, flept Xr(xTtxvj(; At)uoc6svou? £etvÓTT,Toc (Delleccellenza della locuzione di Demostene), Becker ha dato un'eccellente versione in tedesco, con una dissertazione sulla critica letteraria di Dionigi (Lipsia 1829). Asi'votpyo?, interessante lavoro sulla vita di Din&rco (V.), che può aversi qual complemento dell'opera precedente; 'KwercoX^i ircò; 'Aix-}jia7ov irpióre (Prima lettera ad Ammeo), lavoro questo di molta rilevanza filologica ed istorica, in cui vuol dimostrare che la più parte delle orazioni di Demostene sendo anteriori agli scritti rettoriei di Aristotile, il grande oratore nulla deve al grande filosofo. La critica moderna ha però chiarita poco sicura l'autorità di Dionigi in ciò che riguarda l'autenticità da lui attribuita a varie orazioni assegnate a Demostene. Notiamo che nei manoscritti non trovasi il titolo surriferito, ed in luogo di wp&Vrr, forse avrebbe con maggior ragione a dirsi littoro/ti Seuts'p*; Ihpì uiwfaewc (Dellimitazione). Il titolo completo di questo trattato era probabilmente Tiropy
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