Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
dioscoriani 0 DIOSCORIDIANI - DIOSCORIDE pedàcio 0 pedanio
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logge, contenenti ciascuna uno, due o più ovelli ascendenti o rovesciati. Il frutto è una cassida sottile e compressa, ovvero una bacca globulosa, talvolta allungata, coronata dal lembo del calice, con una a tre logge. I semi contengono un embrione situato verso l'ilo, dentro un albume quasi corneo.
Cosi caratterizzata, la famiglia delle dioscoree comprende i generi dioscorea e rajetnia, il cui fhitto è una cassula; il tamus, che ha i fiori dioici ed il frutto carnoso ; finalmente la fluggea e la petto sante, che hanno i fiori ermafroditi.
DIOSCORIÀNI o DIOSCORIDIANI (stor. eccl.) — Eretici seguaci di Dioscoro, patriarca di Alessandria e fautore dell'eresia eutichiana, il quale, dopo la morte di san Cirillo, venne eletto alla sede alessandrina nel 444. Uomo scaltro quanto altri mai, e rotto ad ogni mal fare, Dioscoro, nel conciliabolo di Efeso, dichiarò Eutiche innocente, depose e scomunicò i vescovi ortodossi che propugnavano la verità delle due nature in Gesù Cristo, e con minaccie e con violenze costrinse molti deboli vescovi ad approvare gli atti dell'illegale assemblea. Ma nel Concilio di Calcedonia accusato di tanti enormi delitti, fu deposto a nome di san Leone I, papa, e confinato in Paflagonia, ove cessò di vivere nel 454. I vescovi d'Egitto si diedero difensori dell'eretico, del suo esempio e delle sue dottrine, facendo mantello alle proprie dissolutezze ed al mal vezzo di disputare in materia di fede. E la città di Alessandria favoreggiava Dioscoro per la notissima cagione che i popoli corrotti volontieri comportano pastori infettldegli stessi vizii. Gli errori dei costui seguaci sono presso a poco i medesimi degli Eu-tichianl (V.).
DIOSCORIDE Pedacio o Pedanio (biogr.). — Greco scrittore di materia medica che nacque ad Ana-zarbo nella Cilicia, e fiorì regnante Nerone, come apparisce dalla dedica del suo libro ad Areo Ascle-piadeo, amico del console Licinio o Lecanio Basso. Pare abbia militato in giovinezza, durante la quale, o più tardi, percorse la Grecia, l'Italia, l'Asia Minore e alcune parti della Gallia, facendo diligente raccolta di piante, e notandone le proprietà vere o credute. Raccolse pure le opinioni d'allora intorno alle piante medicinali portate da paesi ch'ei non avea veduti, massime dall'India, che a quel tempo somministrava assai droghe ai mercati occidentali. Di siffatti materiali compilò la sua celebratissima I1c.pi *rx*K 'laTpixTj?, opera intorno alla materia medica, in cinque libri, in cui sono nominate e brevemente descritte da 500 a 600 piante medicinali. Viene inoltre creduto autore di alcuni libri intorno alla terapeutica, ecc. ; ma questi, secondo lo Sprengel, sonospurii, e probabilmente contraffazione di qualche monaco, come lascia congetturare la mescolanza di nomi di piante greci e latini.
Pochi libri godettero di una celebrità così lunga ed universale quanto la Materia medica di Diosco-ride. Per più di sedici secoli il suo libro fu tenuto come fonte principale di ogni autorità da quanti studiarono botanica o la mera virtù delle piante. Fino al principio del xvn secolo gli studii di siffatte materie, così pubblici come privati, incominciavano e finivano in Dioscoride; e la costui autorità non cessò se non quando il numero rapidamente cre-
scente di nuove piante, e il progresso generale in ogni ramo fisico di sapere, mostrarono chiaro come il regno vegetale contenesse assai più cose che non aveva sognato il filosofo d'Anazarbo. E ciò fa tanto più maraviglia se si considera la vera natura di questa famosa opera. In essa l'autore non segui altra norma nell'ordinamento della materia, fuorché la somiglianza del suono nei nomi ch'ei diede alle piante. E perciò il medium fu posto coìYepimedium, Valthea cannabina colla cannabis, Yhippophcestum (cnicus stellatus) coWhippophaS, e via dicendo. A siffatto metodo fa appena eccezione la mera separazione delle piante aromatiche e delle gommifere, delle esculente e delle granifere. Di molte piante non si ha descrizione, ma solo il nome. D'altronde le descrizioni sono comparative, contraddittorie od inintelligibili. Adopera la medesima parola in più sensi, e non si briga punto di esattezza quanto ai termini di cui fa uso. Descrive due volte la stessa pianta sotto lo stesso nome o sotto due diversi; ed oltre ad essere in molti casi evidentemente trascuratissimo, è troppo pronto a fidarsi dell'altrui autorità. Con tutto ciò i suoi scritti sono di massimo interesse, in quanto mostrano quali fossero al tempo dell'autore le cognizioni intorno alla materia medica, e in molti casi le sue descrizioni sono lontane dall'essere cattive ; ma non si vogliono avere per criterio dello stato della botanica a quel tempo, giacché Dioscoride non può aver posto tra gli antichi botanici, considerando che gli scritti di Teofrasto mostrano, fin da quattro secoli prima, come la botanica già si coltivasse quale scienza distinta dall'arte dell'erbolajo.
Il manoscritto più celebre di Dioscoride trovasi a Vienna, ed è miniato di rozze figure. È lo stesso che mandò al Mattioli (il quale lo cita sotto il nome di Codice Cantacuzeno) Augerio di Busbecq, più noto sotto il nome di Busbechio (V.), inviato imperiale a Costantinopoli, e credesi scritto nel sesto secolo. Altro manoscritto del nono secolo esiste a Parigi, illustrato anch'esso con figure, e con nomi arabi e copti qua e là introdotti, cosa che lo fa supporre proveniente dall'Egitto. Finalmente, oltre a questi, avvene uno a Vienna creduto ancora più antico del primo, e tre altri se ne conservano a Leida. La prima edizione del testo greco di Dioscoride uscì dall'officina degli Aldi (Venezia 1499, in-fol.) ; ma assai migliore è quella di Parigi (1549,in-8°, di J. Goupyl); e superiore ancora a questa è l'edizione del Saraceno (Francoforte 1798, in-fol.). L'ultima edizione del testo greco è quella di Sprengel nella collezione dei medici greci di Kuhn (Lipsia 1829, in-8°), migliorata coll'ajuto di parecchi manoscritti.
Molti sono stati gli scrittori che attesero a commentare Dioscoride, e sovra tutti merita di essere menzionato il suddetto Mattioli, prima del quale però già eransi esercitati in illustrare la materia medica Ermolao Barbaro, Niccolò Leoniceno, Giovanni Manardo, Giovanni Ruellio, Marcello Virginio Adriani, Leonardo Fucsio, Antonio Musa Brasavola, Jacopo Silvio, Luigi Mondella, tutti italiani, tranne il Ruellio, il Fucsio e il Silvio. Ermolao Barbaro avevala, fin dal secolo xv, traslatata dal greco in latino, e un'altra versione pure latina se ne pubblicò io Firenze, nel 1518, dall'Adriani Primo a tradurla
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