Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DIRITTO AL LAVORO
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      furono arrecati al popolo dalla Commissione pei lavoratori, fornita di mezzi materiali e morali di ogni sorta? — Lasciamo che rispondano i fatti.
      Il Governo si è frapposto al capo-fabbrica ed al-l'operajo per determinare minutamente le rispettive posizioni, e decretò un aumento generale dei salarii. Ma siccome ei non aveva potenza di decretare l'aumento dei capitali, e di far sì che il capofabbrica potesse, senza fallire, imporsi un inaudito sacrificio, quindi molte manifatture si chiusero, e i braccianti che si volevano proteggere furono privi del pane quotidiano.
      Ma l'intervento dello Stato fii spinto più lungi ancora. Dopo aver dettato al capitalista qual mercede dovesse dare all'operajo, si volle determinare la durata del lavoro. Un decreto ordinò che la giornata di man d'opera più non sarebbe che di dieci ore in tutte le industrie e in tutta l'estensione della Francia.
      U lavoro a cottimo e il contratto di mercede ad opera compiuta era stata sempre la forma sotto la quale gli operai più industriosi e più solerti avevano ricevuto la loro rimunerazione. — H Governo provvisorio ne promosse l'abolizione, volendo che, per amor d'uguaglianza, si uguagliassero i lucri dell'uomo operoso e dell'infingardo.
      Protetti così ad oltranza, i braccianti di Parigi si abbandonarono ad ogni sorta di eccessi ; penetrarono nelle manifatture ed infransero le macchine; e il Governo approvò con decreto 21 marzo le esorbitanze dei forsennati, parlando di resistenza dei padroni, che non avevano resistito, e non facendo cenno della colpa degli operai, che era flagrante.
      Pervertito il vocabolo uguaglianza, si mentì poscia a quello di fraternità, scritto anch'esso sulla bandiera francese; e gli operai italiani, belgi, tedeschi furono vituperosamente scacciati dal territorio della Repubblica. — Questi sono i beneficii, queste le riforme apportate dagli apostoli della verità e della giustizia, da coloro che abolivano le cattedre di economia politica !
      Intanto, sotto la pressione dell'anarchia, in mezzo allo scredito e alla paura universale, le officine si chiudevano, i lavoranti rimanevano senza impiego, e ad alte grida chiedevano al Governo che facesse cessare lo sciopero. — Ei, che aveva promesso lavoro a tutti, era obbligato di dare a tutti lavoro. — E Io diede, aprendo gli opificii nazionali (atelier8 nationaux).
      Creazione più mostruosa di questa mai non vide una nazione civile. Lo Stato invitava chiunque fosse senza lavoro a venire nei suoi cantieri e nelle sue officine a lavorare per conto della Repubblica. Si vide allora, durante più mesi, una massa di più che 120,000 uomini recarsi ora a smuovere terre senza scopo, ora, e il più sovente, a far nulla, o a concertarsi per dirigere alla vegnente sera i tumulti sulla pubblica piazza. Nessuno era interessato all'impresa, nessuno dirigeva, nessuno premiava i laboriosi e diligenti o puniva i neghittosi e colpevoli. Agli opificii nazionali non vennero solamente gli operai senza lavoro, ma ancora, e più, quelli che non volevano lavorare, sentendosi forti delle promesse venute dall'alto, forti del loro nùmero e del terrore universale. — E quand'anco queiNuova Encicl. Itau Voi
      sedicenti operai fossero realmente stati gente dabbene ed alacre, come mai avrebbe potuto lo Stato attuare un sistema assurdo ed impossibile ? Un'officina, un'industria non procede, non cammina, se non è alimentata dalla domanda che il pubblico fa dei prodotti e dal capitale che il capo-fabbrica versa, sotto forma di materie prime, di macchine, ecc. Or, qui, il pubblico si asteneva dal far richiesta dei prodotti, mal fatti da lavoranti incapaci e svogliati, e peggio diretti da gente ambiziosa e, in ogni caso, non pratica della gestione di simili imprese. La società non può improvvisare da un momento all'altro i capitali, le macchine, l'amministrazione per tutte le industrie ; e gli ateliers nationaux mancavano di tutti questi elementi di successo. Erano stabilimenti, giusta il motto arguto di Léon Faucher, dove il lavoro, reclamato come un diritto, non era considerato da alcuno come un dovere.
      La crisi giunse allora all'estremo e scoppiò nella più tremenda guerra civile. Le improvvide illusioni fatte nascere nei cuori della moltitudine, seguite da pronto disinganno, armarono le braccia del moschetto e della fiaccola. Le giornate di giugno, la cui memoria resterà sempre spaventosa negli annali della Francia, furono l'ultima conseguenza logica di un sistema che aveva cominciato dal proclamare il diritto al lavoro, si era applicato violando la libertà e la proprietà, aveva continuato nell'immensa dissipazione degli opificii nazionali, e si era concluso colla rivoluzione e colla guerra sociale.
      Questa è storia, questi sono fatti. — Veniamo alla teoria, ed esaminiamo il diritto al lavoro in se stesso, indipendentemente da questa o quella sua applicazione, come un sistema sul quale la scienza economica ha diritto e dovere di pronunciare sentenza.
      III. Discussione del diritto al lavoro. — Il diritto al lavoro nell'individuo suppone il dovere di dar lavoro nella società. — Or chi è la società? Se con questo nome s'intende il complesso degli individui, ne viene per conseguenza che ogni membro del corpo sociale ha azione contro di questo corpo per domandargli lavoro e mercede ; o, in altri termini, tutti i cittadini sono reciprocamente obbligati per legge a darai occupazione e salario. Ma siccome è assurdo che ognuno abbia diritto di citare individualmente davanti ai tribunali tutti i membri della società verso i quali gli compete l'azione, ne viene che per società qui s'intende lo Stato, che la rappresenta. È dunque lo Stato che ha il dovere di provvedere di lavoro e di rimunerazione tutti i cittadini. — Ciò posto, ci sarà agevole il dimostrare:
      1° Che lo Stato non può assumersi quest'obbligazione senza commettere una nefanda ingiustizia, e senza violare nella radice stessa il diritto di proprietà ;
      2° Che lo Stato non è economicamente in grado di assicurare a tutti il lavoro.
      In altri termini, vi ha qui una questione di diritto ed una questione di economia.
      Se vi ha principio innegabile nella scienza economica, si è che niun imprenditore d'industria può esercitare l'industria medesima senza un corredo di capitale fisso e circolante, in proporzione dell'impresa che dirige. Macchine, materie prime, edificiiVIL 43
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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