Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIRITTO CRIMINALE 684
quella del timore, e nell'applicazione è agevole il convincersi che le supposizioni di fatto sulle quali riposa sono spesso affatto insussistenti.
7° Sistema del perfezionamento morale. — Pochi sono i giureconsulti che abbiano avuto ricorso a questo principio, giusta il quale la pena è destinata a distruggere nel colpevole i cattivi impulsi da cui fu spinto all'azione. Una verità incontestabile si è che una pena non deve mai rendere impossibile il miglioramento morale del colpevole, col distruggere in lui il sentimento dell'onore, confondendolo con altri delinquenti, oppure ponendolo in uno stato da non poter più provvedere alla propria sussistenza: ed è tuttavia ciò che pur troppo accade il più frequentemente. Ma ella è cosa chiara che la mente dell'uomo e il suo miglioramento morale non potevano divenire l'oggetto immediato della legislazione criminale, se uon fosse altro, perchè non v'hanno segni apparenti a dimostrare i progressi, invece che si possono produrre in lui abitudini esterne, come, per esempio, ricondurre il neghittoso al lavoro, il beone alla sobrietà, e chi era dato agli stravizzi all'astinenza. Tale è l'idea fondamentale del sistema penale degli Stati Uniti (V. Carceri).
8° Sistema della rimunerazione. — Dopo Kant esso venne adottato da quasi tutti i filosofi tedeschi, ma all'incontro da ben pochi giureconsulti (Henke, Manuale del diritto criminale; Schmidt, Teoria del diri tto poh lieo ;Jiic\ìter, Rossi, Mi ttermaier, ecc.). Esso fondasi sul principio che lo Stato non deve tollerare nel suo seno nulla d'ingiusto, e quindi che ogni maniera di operare contraria alle leggi deve essere annientata, la qual cosa effettivamente si ottiene applicane la all'autore stesso dell'azione illecita, il quale non può lagnarsi di essere trattato come egli ha trattato gli altri. Non bisogna tuttavolta prendere l'idea di rendere la pariglia nel suo senso letterale ; questa rimunerazione, come la chiamano, non cagiona già identicamente lo stesso male che il misfatto cagionò altrui, essa fa soltanto sull'autore dell'azione l'applicazione del proprio di lui principio. Questa teoria non porge una misura per la pena che cercasi invano nelle altre, quantunque la legge positiva possa sola determinarne il grado.
9° Sistema della difesa. — Si fonda sul diritto che ha la società civile di tutelarsi contro l'ingiusto aggressore, a somiglianza dell'eguale diritto che spetta all'individuo.
Welker fece un'ottima esposizione di tutti questi sistemi (Sugli ultimi principii del diritto dello Stato e della pena, Giessen 1813), scorrendo la quale s'impara a conoscere ad un tempo l'andamento cosi della scienza come della legislazione criminale in genere. Non v'ha altra parte in cui la legislazione positiva siasi mostrata così attiva come in questa. L'influenza delle teorie si è estesa sino alla pro-cessura; l'incivilimento dei popoli non fa passo senza che manifesti i suoi effetti e i suoi bisogni nel diritto criminale. L'Italia precedette ogni altro paese nel considerarlo da lato scientifico ; ma prima della metà del secolo xvi la scienza era ancora nell'infanzia. Gli spaventevoli abusi della giustizia criminale in Francia e in Allemagna resero neces-
sarie due grandi riforme, che furono l'ordinanza di Carlo V nel 1532, e quella di Francesco I nei 1539; esse segnano il punto donde mosse l'idea scientifica. Il codice Carolino abolì grandissimi vizii di processura (e coloro che oggidì ancora gli rimproverano di avere sostituito il processo scritto all'orale, non sanno neppure di che cosa parlino), ma, conforme all'indole del tempo, conservò ancora la tortura, e nulla innovò quanto alla barbarie delle pene. Benedetto Carpzovio (morto nel 1666), cui diedesi la taccia di giudice crudele, cercava di mitigare le pratiche, e pose i fondamenti di una giurisprudenza che spesso allontanavasi dal dettato della legge. La riforma della legislazione fu preceduta dalla pratica, e ciò non poteva quasi essere altrimenti, poiché anche in appresso le leggi vollero far colpo coll'enormità della minaccia, senza che vi fosse serio intendimento di farne rigorosa applicazione. Egli è per ciò che i cri min alisti tedeschi della seconda metà del secolo scorso, Boeh-mer, Kock, Quistorp, Meister, Hommel, Klein, Kleinschrodt, ragionarono piuttosto dietro la pratica che secondo il testo della legge, mentre i più illuminati tra essi si appoggiarono principalmente alle deduzioni filosofiche. In tale stato di cose la legislazione poteva in certo modo rimauere nella inazione e lasciar operare la giurisprudenza; ma la discordanza tra la pratica e la legge divenne troppo grande, e regnò troppa inceitezza nei principii dei tribunali e degli altri corpi deliberanti. Perciò i criminalisti moderni, e in ispecie Feuerbach, insistettero con ragione sulla necessità di applicare le leggi positive, il che costrinse finalmente parecchi Stati alla promulgazione di nuovi Codici penali, più conformi ai dettami della scienza e all'inoltrata civiltà dei tempi. Primo ad obbedire a tale impulso fu l'allora imperatore d'Allemagna col Codice penale generale, che faceva promulgare pe'suoi Stati ereditarii nel 1803; esempio che fu dappoi seguito da quasi tutti i sovrani di quel paese. La riforma della legislazione criminale francese risale ai primi anni della rivoluzione; ma i due Codici penale e d'istruzione criminale, di cui è presentemente dotata la Francia, sono dovuti a Napoleone. L'Italia tenne ancor essa dietro ai progressi del diritto criminale, e ne sono prova il Codice penale del regno delle Due Sicilie, quello del Piemonte e quello che fu promulgato per gli Stati pontificii da Gregorio XVI. L'Inghilterra, come è noto, non ha ancora adottato il sistema dei Codici. Gli Statuti che compongono il diritto criminale di quella nazione, i quali sono in gran numero, e la più parte molto antichi, e contengono quindi pene severissime, si vanno però da parecchi anni parzialmente riformando. Tra le varie quistioni suscitate negli ultimi tempi dallo studio del diritto criminale, quelle che hanno maggior importanza pratica sono le seguenti : 1° Si possono elleno punire quelle azioni le quali, tuttoché evidentemente contrarie alla giustizia e alla morale, non furono però prese di mira da alcuna legge positiva? Coloro che ammettono il diritto naturale si dichiarano per l'affermativa, dicendo che v'hanno azioni reprensibili in ogni luogo (delieta juris naturalis), e per con tra altre che, quantunque lecite per se stesse, sono nonLaOOQle
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