Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DIRITTO INTERNAZIONALE 0 DELLE GENTIChe una nazione abbia il diritto di conservarsi e di difendersi, è cosa che non ha bisogno di prova. Essa può dunque prendere tutte le precauzioni quando e come le piace per conseguire questo scopo, levar truppe, costruire fortezze, ecc., e a più forte ragione respingere gli attacchi che le venissero fatti, ed esigere il risarcimento dei danni che lè fossero cagionati. Egli è il diritto di conservazione , che indusse le potenze d'Europa a stabilire come una legge del diritto delle genti il principio dell'equilibrio politico. Tutti i popoli hanno facilmente compreso che se uno Stato diveniva molto più esteso e potente che gli altri, minaccerebbe l'esistenza od almeno l'indipendenza di tutti ; onde fu forza che rinunziassero al proprio ingrandimento pér impedire quello degli altri. L'indipendenza è quasi altrettanto necessaria alle nazioni quanto la stessa esistenza; e diciamo quasi, perchè la vita è il primo di tutti i bisogni, e sovente per conservarla si sagrifìca una parte di libertà. Cosi una nazione si obbliga per via di convenzioni, rinunzia o per qualche tempo o per sempre ad alcuno dei suoi diritti ; e questi sono sagrifizii che fa alla sua esistenza o al suo benessere. Nè si può dire che con ciò essa rinunzii alla sua indipendenza, poiché ogni nazione non è indipendente o sovrana se non a condizione di rispettare la sovranità delle altre, e i trattati soli possono limitare e regolare l'uso di 1 codeste rispettive sovranità. Che se una nazione rinunziasse ad una parte dei diritti essenziali alla sua indipendenza per procurarsi la protezione di una nazione più potente, essa non sarebbe più che una nazione imperfettamente sovrana, non occuperebbe più che un grado secondario nella società delle nazioni, e non potrebbe più veramente chiamarsi una nazione. L'indipendenza d'una nazione è particolarmente importante quando trattasi della scelta della sua costituzione interna e delle modificazioni che le si possono arrecare. Non v'ha dubbio che rigorosamente un popolo sia libero di determinare intorno a ciò che meglio gli conviene, e in conseguenza che possa alterare all'uopo le sue istituzioni politiche. Tuttavia questa libertà ha i suoi limiti. La scelta di una costituzione e soprattutto le rivoluzioni, che spesso accompagnano queste alterazioni, possono talvolta inquietare le nazioni vicine, ed esse hanno diritto di provvedere alla loro tranquillità. Quindi il principio di non intervenzione, continuamente invocato, talvolta solennemente proclamato, non potè mai essere assoluto, e la storia ci dimostra che in molte circostanze è impossibile di rispettarlo. Il destino delle nazioni è così strettamente collegato al territorio che occupano, che esse sono legittimamente fondate a guarentirne in ogni modo l'indipendenza. E però quantunque l'ospitalità sia un dovere indicato dalla natura, gli stranieri possono venire esclusi dal territorio di una nazione ogni qual volta ciò sia necessario, o almeno il passaggio e il soggiorno degli stranieri può venire assoggettato a quelle restrizioni che rendano l'uso del territorio compiutamente innocuo. I diritti condizionali delle nazioni sono variabili come i casi che dànno loro origine. Quindi i trattati facendo nascere obbligazioni, producono diritti correlativi. Un'ingiuria ricevuta dà il diritto d'esigerne e di procu-
      rarne 1& riparazione. Quanto ai mezzi che hanno le nazioni di far rispettare i loro diritti, essi sono affatto diversi da quelli che il diritto privato dà ai cittadini. Gli Stati sovrani, non avendo alcun giudice superiore comune, non possono ricorrere ad altri che a se stessi per ottenere giustizia; onde non raggiungeranno il loro intento se non per vie di conciliazione o di rigore. Una nazione che credesi offesadeve primieramente chiedere giustizia a quella di cui si lagna, offrendole a un tempo tutti i mezzi di transazione che le sono permessi dall'onore. Le altre Potenze possono interporre i loro buoni uffizii e la loro mediazione nella contesa. Per supplire al difetto di un tribunale, gli Stati richieggono talvolta una terza Potenza di giudicare le loro differenze come arbitra, e questo mezzo di pacificazione è assai lodevole e da preferirsi ad ogni altro, purché le parti contendenti si sottomettano di buona fede alla decisione, e l'arbitro non abusi della sua posizione per arrogarsi un potere esorbitante. Sarebbe certamente da desiderarsi che per le nazioni che hanno tra loro maggiore conformità di costumi, di lingua, di religione, di relazioni commerciali, si potesse stabilire una specie di tribunale che estendesse la sua giurisdizione su tutte, e la cui salutare influenza impedisse quei mali che sono conseguenza necessaria delle contestazioni tra i popoli. I mezzi di conciliazione non possono essere promossi se non per via di negoziazioni fra le Potenze, oggetto proprio della diplomazia. Se poi i mezzi di pacificazione posti in opera riescono impotènti, diviene indispensabile di ricorrere a quelli di rigore. In tal caso ogni nazione è giudice dei suoi diritti, e cerca nella propria forza il modo di ottenere giustizia. Ma per la stessa ragione che una nazione deve prima di tutto tentare le vie della conciliazione, così, se è ridotta alla necessità d'impiegare quelle del rigore, dovrà procedere con lentezza e, per cosi dire, mal suo grado: dovrà incominciare dalle meno ostili e non appigliarsi alle violente che nei casi estremi. Essa non farà la guerra se non quando sarà divenuta inevitabile, poiché la guerra è sempre un flagello per tutte le parti, e il suo risultamento non va sempre d'accordo con la giustizia. Quando poi le nazioni sono in guerra debbono rammentarsi che anche le ostilità sono soggette a certe e determinate regole, e non obbliare l'assioma di Montesquieu, che il diritto delle genti, in tempo di guerra, è l'arte di recarsi l'un l'altro il minor male possibile.
      II. Storia del diritto delle genti. — Se si volesse farla compiuta essa sarebbe quella del mondo intero, di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Le nazioni ebbero sempre relazioni coi popoli vicini, con essi vissero o in pace o in guerra, e quindi si dovette stabilire un diritto che regolasse siffatte relazioni. Parrebbe anzi che quella parte la quale vien detta diritto delle genti naturale abbia dovuto costantemente reggere le nazioni: ma bene spesso, posti in non cale i principii della giustizia universale, esse vi sostituirono i vantaggi della forza, anzi si vide perfino nelle diverse parti del mondo organizzare con qualche regolarità un diritto del più forte. « Tutte le nazioni, dice Montesquieu, hanno un diritto delle genti ; uno ne hanno gli stessi Irochesi' che mangiano i loro prigionieri. Essi mandano e ri-
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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