Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIRITTO PUBBLICOl'obbligo d'investigare i principii ed i fatti generali che le diedero origine per apprezzarne l'utilità. Egli è permesso al legista di dire lex est. Ma dai principii e dai fatti generali che hanno determinato il legislatore e dato origine al diritto positivo emanano, col testo della legge, i suoi principii dirigenti, i principii pratici d'applicazione, che ne sono, per così dire, l'anima e la chiave. Questi principii, queste regole generali di applicazione non sono la stessa cosa che i principii determinanti e i fatti generali ; ma ne sono la conseguenza, la conclusione dorama-tica che il legislatore ne ha estratto, che ha posto come base del diritto positivo, e di cui tutti i particolari di una legislazione ben ordinata non sono altro che corollarii. Così, per ciò che riguarda le disposizioni testamentarie, il legislatore ha posto questa regola fondamentale : « È vietata qualunque disposizione colla quale l'erede istituito od il legatario è gravato di conservare e restituire ad una terza persona ». Questo è il principio dirigente; qualunque nome prenda la disposizione, qualunque forma essa vesta, se riunisce questi due caratteri essa cade sotto la proibizione della legge. Si dirà forse che ciò è evidente, che il principio dirigente si trova letteralmente espresso nella legge. Infatti l'esempio che abbiamo scelto potrebbe lasciar credere che non sia necessario di risalire ai principii ed ai fatti generali, e perciò neppure alle origini storiche ed alle dottrine del diritto pubblico per arrivare a conoscere i principii dirigenti del diritto privato e tutta l'estensione che possono ricevere. Per ispiegar meglio il nostro pensiero noi abbiamo scelto un esempio in cui la distinzione tra i principii motori della legislazione e i principii dirigenti del diritto positivo, come pure i rapporti che li connettono gli uni cogli altri, sono in più alto grado manifesti. Ma questa evidenza non si trova egualmente in tutte le parti della legislazione ; avvene alcune in cui il principio dirigente non si scorge a prima giunta, e trattasi allora di cercarlo, di metterlo in evidenza, di somministrarne la formola rigorosa alla pratica ; e certo colui sarebbe straniero ad ogni sana filosofia del diritto, il quale in questi casi non comprendesse l'importanza e l'utilità pratica delle considerazioni che precedono.
L'organizzazione sociale, il riconoscimento e la guarentigia dei diritti pubblici non costituiscono soli la materia del diritto costituzionale. La società è l'ordine, l'ordine suppone la regola, la regola un potere che la dichiari, un potere che l'applichi, un potere che l'eseguisca, anche, se fa d'uopo, col costri-gnimento e colla forza. Il potere sociale è l'ordine vivente, operante. Dirigere, soccorrere, proteggere, contenere, reprimere, tale è la sua missione, l'obbligo suo, il suo diritto; missione augusta, obbligo sacro, diritto che non può perire ; poiché dove il potere è impossibile, la società crolla e l'uomo si degrada. La società è lo scopo, il potere è il mezzo. La loro legittimità deriva dalla stessa sorgente, cioè dal dovere; dovere che prescrive a tutti di stare nei limiti dell'ordine sociale, senza del quale ogni sviluppo, ogni progresso è impossibile all'uomo. La società è eminentemente legittima quando è regolare e progressiva; il potere è tale quando si adopera a porre la società nelle condizioni della sua legitti-
mità. Considerato nel suo esercizio, il potere sociale racchiude necessariamente una quistione di capacità. Egli è assurdo l'immaginare che possa mai appartenere legittimamente agli ignoranti di dichiarare il diritto e ai malvagi di applicarlo; che la giustizia e la forza sociale possano essere affidate a chi avesse interesse di abusarne. Niuno immaginò mai di affidare il potere alle donne, ai fanciulli, alle persone infamate da una condanna, agl'idioti. Qualunque sia la linea di separazione che si adotti, si riconosce pur sempre la necessità di separare i capaci dagl'incapaci. L'eguaglianza civile e l'eguaglianza politica sono perciò due idee al tutto diverse, e si direbbe quasi opposte. La prima, conforme alle leggi della nostra natura, è lo scopo verso il quale la civiltà deve condurre tutte le società umane. L'uomo non può essere uno stromento al servizio di un altro uomo. L'eguaglianza civile è il godimento degli stessi diritti pubblici e privati senza distinzione di persone. La somma di questi diritti cresce col progresso delle società; essa deve crescere per tutti; in ciò sta l'eguaglianza. I diritti politici non sono proprietà di alcuno; il loro esercizio è una funzione. 11 numero degli uomini capaci di esercitarli per le guarentigie che offrono di capacità e di moralità aumenta col progresso dei lumi e della ricchezza. Ma nulla sembra annunziare la possibilità che sia per esistere una società civile, i cui membri tutti indistintamente sarebbero egualmente degni di essere investiti del potere seriale, ed egualmente atti a prendere parte ai pubblici affari. L'attitudine ai poteri politici non può essere stabilita se non per via d'induzione. L'induzione può essere appoggiata sopra fatti diversi : gli studii, la professione, la ricchezza, l'età, la condizione. Quindi una gran varietà nell'organizzazione dei poteri politici. Cotesta organizzazione costituisce il secondo ramo del diritto costituzionale. I diritti costituzionali propriamente detti sono adunque i diritti pubblici e i diritti politici. L'accrescimento dei primi e la loro guarentigia sempre più assicurata è lo scopo essenziale dell'associazione e l'indizio certo de'suoi progressi. La capacità politica estendesi nel medesimo tempo, e rende impossibile il ritorno del privilegio. Il diritto costituzionale offre adunque al pubblicista tre oggetti principali di ricerche e di studii. Il primo è di sapere se il principio fondamentale, base dell'organizzazione sociale, sia l'eguaglianza civile o il privilegio. Il secondo è di riconoscere quali siano i diritti pubblici guarentiti a tutti i membri dello Stato. Questa ricerca porta necessariamente a riconoscere in pari tempo quali siano i diritti dello Stato e i limiti ch'essi impongono alle libertà individuali. Il terzo oggetto è lo studio dell'organizzazione del potere sociale e dei diritti politici che ne risultano. E adunque incompleta, per dirlo di passaggio, la divisione dei diritti in civili e politici. Se per diritti civili s'intendono solamente i diritti riconosciuti dalla legge civile, dal diritto privato, ove porremo noi la libertà individuale,la libertà di coscienza,ecc.? Fra i diritti politici? Ma che hanno di comune queste libertà, che sono retaggio di tutti, coi diritti politici, che appartengono soltanto a coloro che si presumono capaci di esercitarli? Se poi per diritti civili si volessero intendere tutti quelli che appartengono
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