Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DIRITTO ROMANOi
      comizii non richiederebbero la conferma del Senato. Le leggi dei comizii tributi erano dette propriamente leges tributa o plebisciti, e in origine non erano altro che proposizioni di leggi che presen-tavansi al Senato ed erano confermate dalle curie. Ma la legge Publilia (anno 336 av. Cr.) e quindi la legge Ortensia (anno 286) diedero ai plebisciti piena forza di leggi senza che fosse necessario il consenso del Senato (Tit. Liv., vili, 12; Gajo, i, 3; Geli., xv, 27), e perciò un plebiscito fu talvolta chiamato legge. Le leggi prendevano generalmente la denominazione dal nome gentilizio del magistrato che le proponeva, o, s'egli era console, dal nome di ambi i consoli, come legge Elia o Elia Senzia, Papia o Papia Poppea. Se il proponente della legge era dittatore, pretore o tribuno, la legge o plebiscito prendeva solamente il nome dal proponente, come legge Ortensia. Talvolta l'oggetto della legge era indicato da un breve titolo, come Lex Cincia de donis et muneribus.
      I senatoconsulti furono pure una sorgente di leggi sotto la repubblica. Che un senatoconsulto ai tempi di Gajo (i, 4) avesse forza di legge si può facilmente ammettere; ma nel detto luogo il giureconsulto sembra parlare non solamente dei senatoconsulti dell'impero, ma dei senatoconsulti in generale come fonti di diritto. Egli pare che il Senato venne gradatamente ad essere considerato come rappresentante delle curie, e che i suoi consulti, in molte materie relative all'amministrazione, alla cura della religione, all'erario, non che al governo delle Provincie, ebbero pieno effetto di leggi. È probabile che si cominciassero a far senatoconsulti dopo la legge Ortensia, quantunque non si pretenda che questa legge od altre dessero al Senato un tale potere. Non si ha memoria di alcun senatoconsulto designato col nome di magistrati insino al tempo di Augusto, il che induce a credere che qualunque autorità avessero acquistata i senatoconsulti sotto la repubblica, non erano allora considerati come leggi propriamente dette o aventi il pieno effetto di leggi. Ma dopo di Augusto essi derivarono spesso il loro nome, come le leggi, o dai consoli, come il S. C. Vellejano, Pegasiano, Trebelliano, ecc., o dagl'imperatori che li proponevano, come il S. C. Claudiano, Neroniano, o si dicevano fatti ex aucto-ritate principia.
      Nuova fonte di leggi furono gli editti di quei magistrati che avevano il jus edicendi, e principalmente dei pretori, urbano e peregrino. I più importanti erano gli editti del pretore urbano. Il corpo eli leggi formato dagli editti è perciò talvolta detto diritto pretorio per limitarlo agli editti dei pretori ad esclusione di quelli degli edili curuli, dei tribuni, dei pontefici e dei censori. 11 nome di diritto onorario, in opposizione al diritto civile, comprende tutto il corpo del diritto edittale, e quest'appellazione derivò probabilmente dall'essere il jus edicendi esercitato solo dai magistrati che avevano gli onori. Il diritto civile nel suo senso più ampio comprendeva tutte le leggi di qualunque nazione; ma il diritto civile dei Romani, in opposizione all'onorario, consisteva in leggi, plebisciti, senatoconsulti, cui, sotto l'Impero, furono agghmti i decreti dei principi e l'autorità dei prudenti. Ildiritto onorario fu introdotto collo scopo di ajutare, di supplire e di correggere i difetti del diritto civile dei Romani preso nel suo senso più ristretto (Dig., i, tit. i, 1. 7). Non è nota l'origine storica del potere edittale, ma al tempo di Cicerone esso era stato esercitato da sì lungo tempo ed era già stato ridotto a sì regolare sistema, che lo studio di esso era divenuto una parte importante dello studio sistematico del diritto romano ed era sottentrato alle XII Tavole come ramo elementare d'istruzione (Cic., Leg., i, 5; n, 4, 23). Servio Sul-picio, celebre giureconsulto ed amico di Cicerone, scrisse due opuscoli sull'editto, che furono seguiti da un'opera di Ofilio sullo stesso soggetto.
      Un editto era una regola promulgata da un magistrato all'entrare in uffizio. Esso era scritto, ed affisso in luogo pubblico. Dichiarava quali regole servirebbero di norma al pretore nell'amministrazione della giustizia durante l'anno del suo reggimento ; quindi l'editto era talvolta detto perpetuo
      0 legge annua. Un editto repentino applicavasi alla sola circostanza particolare per cui si faceva. Tutti gli ufficii essendo annui, le regole di un magistrato non legavano il suo successore, ma questi poteva adottarle nel suo editto ; e l'editto adottato diveniva allora tralatitium. In tal modo numerosi editti furono tolti da quelli dei predecessori, e così si formò gradatamente un corpo di quelle regole che l'esperienza aveva dimostrato essere utili.
      Non molto importanti pajono essere state le mutazioni introdotte nel diritto privato dei Romani per leggi positive. Non era consentaneo colle idee romane l'alterare o cangiare principii fondamentali, e la maggior parte delle leggi emanate al tempo della repubblica si riferiscono a contese fra i pa« trizii ed i plebei e ad altre parti del diritto pubblico. Perciò lasciavasi ai magistrati l'introdurre a grado a grado nel diritto privato i necessarii cangiamenti : ma il modo di far questo era strettamente conforme ai principii dell'antico diritto. Coll'editto non pre-tendevasi di fare una nuova legge, bensì di adottare qual legge ciò che aveva la sanzione della consuetudine, purché non fosse contro il diritto civile ; di dare un'azione quando esisteva un diritto di buona fede, se l'antica legge non ne dava alcuna ; di proteggere un possessore di buona fede senza però dargli la proprietà, che solo poteva dargli la legge in virtù di usucapione, ecc. Sembra però probabile che i pretori seguissero l'analogia delle» azioni della legge e formassero alla maniera di esse le loro formole. Le azioni date dall'editto deuomi-navansi dall'autore, come la Publiciana, ecc. Numerosi furono nel principio dell'Impero i commentatori degli editti. Labeone scrisse almeno quattro libri sull'editto del pretore urbano. Celio Sabino commentò l'editto degli edili curuli. Al tempo di Adriano, Salvio Giuliano, ch'era stato pretore, compilò un'opera sull'editto che si chiamò editto perpetuo. Non si conoscono i particolari di quest'opera, ma egli è probabile che fosse un'esposizione sistematica di tutto il corpo della legge edittale, od avesse perciò non poca influenza sulla condizione susseguente della giurisprudenza. Il tempo in cui
      1 magistrati cessarono di fare editti non è certo. Il potere edittale esistette certamente sotto l'Im-
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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