Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DIRITTO ROMANO
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      pero, ed anche dopo la compilazione dell'editto perpetuo di Giuliano non è da credere che non fosse fnolto esercitato, poiché l'uso di far nuove leggi per senatoconsulti invalse sotto i Cesari, e le costituzioni imperiali sono indicate come una delle sorgenti riconosciute del diritto al tempo di Antonino (Gajo, i, 5).
      Collo stabilimento della costituzione imperiale comincia una novella epoca del diritto romano. Le leggi di Augusto e quelle del suo predecessore ebbero qualche influenza sul diritto privato, benché non toccassero i principii fondamentali del diritto romano. Una legge Giulia fu posta in esecuzione l'anno 13 av. Cr., la quale è più conosciuta col nome di legge Giulia e Papia Poppea, per motivo di una seconda legge avente lo stesso scopo, benché fosse meno severa, specie di supplemento fatto alla prima nel consolato di M. Papio Mutilo e Q. Poppeo Secondo, l'anno 9 di Cristo. Questa legge aveva per oggetto di promuovere i matrimonii, ma conteneva una gran varietà di prescrizioni, e s'ignora se fosse fatta nei comizii centuriati o nei tributi. Una legge Giulia De adulteriis, che conteneva pure un capitolo sulla dote, ha data incerta, ma fu probabilmente fatta innanzi l'altra legge Giulia. Si fa pure menzione di parecchie leggi Giulie giudiziarie, che si riferivano tanto ai giudizii pubblici quanto ai privati, alcune delle quali appartengono probabilmente al tempo della dittatura di Cesare. Lo sviluppo del diritto romano durante il periodo dell'Impero fu poco promosso da una legislazione diretta. Nuove leggi furono fatte per senatoconsulti e poscia per costituzioni di principi ; ma ciò che dà alla giurisprudenza di quel tempo il suo principale carattere sono gli scritti ed i responsi dei giureconsulti romani.
      Finché il diritto pontificio fu misto col civile, e i soli patrizii n'ebbero cognizione, la giurisprudenza non fu una professione. Ma essendosi in progresso di tempo separati questi due diritti, il che avvenne in parte nei politici cangiamenti, nei quali i plebei furono agguagliati ai patrizii, sorse una classe di persone designate col nome di giurisperiti, giureconsulti, prudenti ed altri nomi consimili. 11 più antico di questi giureconsulti, di cui si abbia memoria, è Tiberio Coruncanio, primo pontefice massimo plebeo e console, l'anno 281 av. Cr., il quale dicesi fosse il primo che professasse di dichiarare la legge a chiunque a lui ricorreva. Non lasciò scritti, ma si conservarono di lui parecchi responsi. Ebbe egli molti successori, i responsi e gli scritti dei quali furono riconosciuti e ricevuti come parte del diritto civile. Le opinioni dei giureconsulti erano accettate come la più sicura regola che un giudice od un arbitro potessero seguire. Quindi il modo di procedere, come viene descritto da Pomponio, era affatto semplice : i giudici nei casi difficili consultavano i giureconsulti, i quali manifestavano la loro opinione a voce o per iscritto. Dicesi che Augusto desse ai responsi dei giureconsulti un carattere diverso. Prima di lui, questi responsi come tali non avevano alcuna vera autorità, e solo indirettamente acquistavano forza di legge, venendo adottati da chi aveva potere di pronunziare una sentenza. Ma Augusto diede ad alcuni giurisperiti il diritto di dare responsi, e dichiarò che dovessero ciarli ex ejus auctorìtate. Al tempo di Gajo (i, 7) i responsidei prudenti erano divenuti una sorgente riconosciuta di diritto ; ma osserva il giureconsulto, che come leggi venivano considerati solo i responsi di coloro che avevano avuto facoltà di far leggi : soggiunge, che se tutti concordavano, la loro opinione consideravasi come legge, altrimente il giudice poteva appigliarsi a quella che più gli piaceva. Egli è manifesto, sì per la natura della cosa come per le parole di Gajo, che l'uffizio di questi giurisperiti non era già di far nuove leggi, ma solamente di eBporre o dichiarar la legge applicandola al caso dato, e che essi dovevano formare un corpo o collegio, poiché altrimente non si sarebbe potuto all'uopo accertare l'opinione della maggioranza.
      Il principio d'una più sistematica sposizione del diritto sotto l'Impero è indicato dal fatto dell'esistenza di due distinte scuole di giureconsulti. Ebbero queste origine sotto Augusto, e ne furono capi due dotti personaggi, Antistio Labeone ed Atejo Capitone. Ma le scuole presero nome da altri. I seguaci della scuola di Capitone, detti Sabiniani, presero il nome da Massurio Sabino, allievo di Capitone, che visse sotto Tiberio e sino al tempo di Nerone; talvolta furono anche detti Cassiani da C. Cassio Longino, altro valente allievo di Capitone. L'altra scuola fu detta dei Proculiani, da Proculo, seguace di Labeone. Secondo Pomponio, la differenza principale tra queste scuole fu che Capitone aderiva a ciò che era stato tramandato, cioè non si scostava dalle regole positive sanzionate dal tempo; e che Labeone, fornito di maggiore e più svariata dottrina, inclinava ad introdurre innovazioni fidando maggiormente nei pro-prii lumi ; egli era insomma giurista più filosofico che storico. I giurisprudenti non erano soltanto espositori autorizzati del diritto, ma furono fecondi scrittori. Massurio Sabino scrisse tre libri del diritto civile, che servirono di modello agli autori che vennero dopo. Numerosi furono eziandio i commentatori dell'editto, tra i quali primeggiano Pomponio, Gajo, Ulpiano e Paolo. Gajo compose un'opera elementare che servi di modello alle Istituzioni di Giustiniano. Furono pure scritti commentarii su varie leggi e sui senatoconsulti dei tempi imperiali ; e finalmente i libri dei primi giureconsulti furono anch'essi commentati dai loro successori. La lunga serie di scrittori in materia di diritto, ai quali fu dato il nome di classici, termina verso i tempi di Alessandro Severo con Modestino, discepolo d'Ulpiano. Ci possiamo fare un'idea del gran numero delle loro opere dai titoli conservati nel Digesto e dall'Indice fiorentino ; ma, eccettuati i frammenti che furono scelti dai compilatori di quell'opera, quasi tutta quest'immensa massa di letteratura legale andò perduta.
      Fra le sorgenti di leggi nel tempo imperiale sono, come si è detto, le costituzioni (V. Costituzioni romane). Sono queste definite da Gajo (i, 5) « ciò che l'imperatore ha costituito per decreto, editto o lettera; nè mai si è dubitato che tale costituzione avesse forza di legge ». Siccome l'imperatore possedette finalmente tutto il potere sovrano, così egli solo divenne fonte di diritto. Sotto Augusto si fecero alcune leggi, come abbiamo notato, e sotto i suoi successori numerosi furono i senatoconsulti. Al tempo degli Antonini v'ebbero senatoconsulti e costituzioni imperiali, e queste, come accenna Gajo,
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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