Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DISCRASI, DISCRASIO 0 DISCRASITE — DISDETTA
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e consiste nel collocamento relativo delle principali idee del discorso, e specialmente di quelle che fanno il soggetto della confermazione: in ciò consiste il disegno. I retori hanno indicato le qualità essenziali al disegno di un discorso. Esse sono: la giustezza, per cui si abbraccia il soggetto in tutta la sua estensione, senza-nulla aggiungervi e nulla tralasciarne ; Vevidenza, che offre alla mente un'immagine compendiata e distinta di tutto il soggetto, separa le parti senza isolarle, e le riunisce senza confonderle; la semplicità, che riduce tutto il soggetto, per complicato che possa essere, ad un pic-ciol numero di pensieri o di proposizioni generali che lo dominano intieramente; la fecondità, che da alcuni pensieri principali fa nascere una folla di altri pensieri, e da poche verità luminose deriva una lunga serie di altre ; Yunità e la proporzione, che consistono nel formare un tutto delle varie parti, fra le quali regni un accordo perfetto e che con una giusta estensione e un giusto sviluppo vadano direttamente e sensibilmente a un fine comune (V. Eloquenza e Oratoria arte). Delle varie specie di discorso si tratta sotto le varie denominazioni di Aringa, Elogio, Orazione, Panegirico, Sermone, ecc. (V. anche Deliberativo, Dimostrativo genere).
DISCRASI, DISCRASIO o DISCRASITE [miner.). — Nome di un antimouiuro d'argento o lega nativa d'argento e di antimonio; è Yargento antimoniale di Haiiy, lo spiesglanz-silber di Werner, Yantimon silber di Leonhard, il prismatiches antimon di Mochs.
Questo minerale, che s'incontra in un piccolo numero di giacimenti, è di un bianco d'argento, o più esattamente di un bianco di stagno ; è tenero e fragile ; cristallizza in prismi esaedri irregolari o rettangolari ; la sua forma primitiva è il romboide ottuso di 109° 28'a 70° 32'; scalfisce la calce carbonata ed è scalfitto dalla calce fluata ; la sua tessitura è lamellosa; il suo peso specifico è di 9,44 ; la sua forinola è Ag9Sb, e si compone di 77 d'argento e di 23 d'antimonio. Esposto all'azione del cannello sopra il carbone, si fonde facilmente, l'antimonio si volatilizza emanando l'odore che gli è pioprio, e se l'azione è sufficientemente prolungata rimane un bottoncino d'argento puro. Trattato coll'acido nitrico (azotico) si discioglie deponendo acido antimonio). Questa sostanza presenta diversa varietà di fórma ; la varietà più comune è l'argento antimoniale prismatico (discrasis prismatica) che trovasi nelle miniere di Alt-Wolfach nel granducato di Baden, ed in quelle di Sainte-Marie-aux-Mines in Francia.
DISCRASIA (patol.). — Parola derivante dal greco Su?, particella che nella composizione delle parole dà un'idea di cattivo o di difficile, e xpaa;?, temperamento, è adoperata da Galeno e dagli altri medici greci per indicale }e lesioni universali della macchina umana. Ai di nostri però, essendosi adoperata la parola crasi per indicare la condizione normale degli umori del nostro corpo, s'indica colla voce discrasia ogni alterazione umorale primitiva, ed anche secondaria. Quantunque i solidisti non vogliano ancora ammettere le malattie degli umori, puri fatti incontrastabili le dimostrano, e continuandosi le ricerche col mezzo della chimica e del-
l'anatomia microscopica, avvi a sperare che potrassi una volta fissare in che cosa esse consistano e come una discrasia dall'altra si distingua. Per ora dobbiamo limitarci a conoscerne e combatterne gli effetti, non essendo ancora abbastanza numerosi i fatti che abbiamo per istabilire una patologia umorale fondata (V. Sangue, Umorismo).
Le principali malattie nelle quali si può credere ad una discrasia primaria o secondaria, sono il Cancro, l'Itterizia, il Tifo, lo Scorbuto, le Scrofole (V.), ed alcune altre, le quali sono dette costituzionali perchè affettano tutta la macchina umana.
DISCRETO (poligr.). — In matematica indica una quantità discontinua. — In medicina si dice delle malattie della pelle o delle mucose, le quali presentano sporgenze o lesioni discoste le une dallé altre; l'opposto si chiama confluente. — In varii ordini monastici davasi il nome di discreti a certi religiosi, scelti a far parte del consiglio direttivo del convento ; e discretorio dicevasi il luogo in cui si radunavano.
DISCREZIONALE (potere) (giurispr.). — Facoltà conferita dalla legge ad un giudice di operare in certi casi ex equo et bono.
DISCRIMINATURA o DISCRIMEN (chir.). — Specie di fasciatura che si fa pel salasso della vena frontale, in cui i giri della fascia, passando lungo la satura sagittale, dividono il capo in due parti uguali.
DISCROMATOSSIA (patol.). — Alterazione del senso della vista, per cui non si discernono certi colori.
— Dicesi Discromatossia dicromatica quella in cui si scorgono solo due colori, mentre tutte le tinte chiare sembrano bianche, e nere tutte le colorite.
— Discromatossia cromatica, quella in cui si distinguono più di due colori, ma non tutte le tinte. (V. Colori. Daltonismo e Vista).
DISCUNEARE (marin.). — Levare i cunei che tengono fermi gli alberi nelle loro losche o lumiere, che sono i fori dei ponti pe' quali passano.
DISCUSSIONE (poligr.). — L'atto di esaminare il prò e il contro di una cosa, a fine di trovare la verità. — In matematica quando si è ottenuta la formola che rappresenta il risultamento cercato, fa duopo esaminare in quali casi la forinola è possibile, in quali assurda, a quali particolarità può dar luogo, secondo le varie supposizioni che si possono fare sulle quantità che contiene. Tale esame è ciò che si chiama discussione delle equazioni e dei problemi.
Nella risoluzione delle equazioni, quando si applicheranno le forinole ad alcun caso particolare, si avrà qualche esempio di discussione (V. Equazione).
DISCUZIENTE (terap.). — Nome dato nei tempi andati a quei rimedii che si applicavano esternamente per risolvere prontamente i tumori e gl'ingorghi (V. Risolvente ripercussivo).
DISDETTA (dir. civ.). — Significa il rifiuto che si fa di eseguire una convenzione, e comprende la pena per tal caso stipulata. In caso di vendita la disdetta consiste comunemente nel perdere le arre ossia caparre o restituirle doppie. La perdita delle arre però non libera la parte che recede dalla convenzione se non allorché si tratta di una vendita meramente progettata; imperciocché ove la vendita fosse stata
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